In che consiste la bontà e la perfezione delle nostre opere

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.

TRATTATO II. DELLA PERFEZIONE DELLE OPERAZIONI ORDINARIE


 CAPO III. In che consiste la bontà e la perfezione delle nostre opere e d’alcuni mezzi per farle bene


1. Farle con buona intenzione.
2. Il meglio che possiamo.
3. Alla presenza di Dio.
4. Gran mezzo questo.
5. E praticato dai Santi.
6. Così sta del continuo in orazione.
 


1. Ma vediamo un poco in che cosa consista il far bene le nostre opere, acciocché possiamo ricorrere ai mezzi che ci aiuteranno a farle bene. Dico brevemente che consiste in due cose. La prima e principale è, che le facciamo puramente per Dio. S. Ambrogio dimanda qual è la ragione, per cui nella creazione del mondo, creando Dio le cose corporali e gli animali, subito le lodò tutte. Crea le piante, e subito dicesi: «E Dio vide che ciò era buono». Crea gli animali, gli uccelli, i pesci, e subito dicesi: «E Dio vide che ciò era buono». Crea i cieli e le stelle, il sole e la luna, e dicesi subito: «E Dio vide che ciò era buono» (Gen. 1, 10 segg). Tutte queste cose loda il Signore subito che ha finito di crearle: ma arrivato che è alla creazione dell’uomo, pare che esso solo se ne resti senza lode; perché qui il sacro testo non soggiunge: «E Dio vide che ciò era buono», come lo soggiungeva dopo la creazione di tutte le altre cose.
   Che mistero è questo, e quale sarà di ciò la cagione? Sai quale? dice il Santo: la cagione si è, che la bellezza e la bontà delle altre cose corporali e degli animali sta in quell’esteriore che apparisce al di fuori, e non vi è maggior perfezione di quella che si vede cogli occhi, e perciò viene subito la lode; ma la bontà e la perfezione dell’uomo non sta in quell’esteriore che apparisce al di fuori, ma nell’Interiore, che sta nascosto colà dentro. «Tutta la gloria della figlia del re è interiore» (Ps. 44, 14); cioè tutta la bellezza dell’uomo, il quale è figliuolo di Dio, sta dentro; e questo è quello che piace agli occhi di Dio. «L’uomo infatti vede le cose che danno negli occhi, ma il Signore mira il cuore» (I Reg. 16, 7) come disse Dio a Samuele. Gli uomini vedono solamente le cose esteriori che appariscono al di fuori, e queste piacciono o dispiacciono loro; ma Dio vede l’intimo del cuore, guarda il fine e l’intenzione con cui ciascuno opera; e per questo non loda l’uomo subito che l’ha creato, come fa delle altre creature: L’intenzione è la radice e il fondamento della bontà e della perfezione di tutte le opere nostre. Le fondamenta non si vedono, ma esse sono quelle che sostengono tutta la fabbrica; e così è dell’intenzione.    2. La seconda cosa che si ricerca per la perfezione delle opere è, che facciamo in esse quanto possiamo e quanto è dal canto nostro per farle bene. Non basta che la tua intenzione sia buona, non basta che. ti dica, che le fai per amor di Dio; ma bisogna che procuri di farle quanto meglio potrai, per piacere più a Dio con esse. Sia dunque questo il primo mezzo per far le opere bene, cioè il farle puramente per Dio; perché questo ce le farà far bene e nel miglior modo a noi possibile, per poter con esse piacere maggiormente a Dio, ancor che non ci vedano i Superiori, e ancor che non siamo veduti dagli uomini: in una parola, farle come chi le fa per amore di Dio. Domandò una volta il nostro S. Padre Ignazio ad un fratello, il quale era alquanto negligente nel suo ufficio: Fratello, per chi fai tu questo? E rispondendo egli, che lo faceva per amor di Dio, gli replicò il santo Padre: Or io t’assicuro, che se per l’avvenire lo farai in questa maniera, ti darò una molto buona penitenza. perché se tu lo facessi per gli uomini, non sarebbe gran mancamento il farlo con codesta negligenza; ma facendolo per un Signore tanto grande, è troppo gran mancamento farlo nella maniera che fai (P. RIBAD. Vita S. Ign. 1. 5, c. 10; BARTOLI, Vita di S. Ign. l. 4, c. 26).


   3. Il secondo mezzo che i Santi propongono come molto efficace per questo, è il camminare alla presenza di Dio. Perfino Seneca diceva che l’uomo desideroso della virtù e di far le cose ben fatte si ha da immaginare d’avere avanti di sé qualche persona di grande venerazione, alla quale portasse gran rispetto; ed ha da fare e dire tutte le cose come le farebbe e direbbe se realmente stesse alla presenza di quella tal persona (SEN. Ep, 25). Or se questo sarebbe un mezzo bastante per far le cose bene; quanto più efficace mezzo sarà il camminare alla presenza di Dio, e l’averlo sempre dinanzi agli occhi, considerando ché egli ci sta mirando. Specialmente non essendo questa una immaginazione, come quella di Seneca, ma cosa la quale veramente e realmente passa così; come tante volte ce lo replica la Scrittura. «Gli occhi del Signore sono più luminosi assai del sole, e mirano attorno tutte le vie degli uomini e l’abisso profondo, e vedono i cuori umani fino nei luoghi più riposti» (Eccli. 23, 28).


   4. Tratteremo appresso distintamente e più a lungo di questo esercizio di camminare alla presenza di Dio, e diremo quanto eccellente ed utile sia e quanto stimato e raccomandato dai Santi: adesso solamente ne caveremo al nostro proposito, di quanta importanza esso sia per far le opere ordinarie ben fatte. È di tanta importanza che, come ivi diremo, il camminare alla presenza di Dio non serve per fermarci in essa, ma perché ci sia mezzo per far bene le opere che facciamo. E se per star noi attenti all’essere Dio presente ci trascurassimo e fossimo negligenti nelle opere che facciamo e commettessimo in esse mancamenti, questa non sarebbe buona divozione, ma illusione. E anche aggiungono alcuni qualche cosa di più, e dicono che quella presenza di Dio colla quale abbiamo da camminare, e quella che dalla sacra Scrittura e dai Santi ci viene tanto raccomandata; è il procurare di far le opere in tal maniera e tanto ben fatte, che possano comparire dinanzi a Dio, e che non sia in esse cosa indegna dei suoi occhi e della sua presenza. In una parola, che siano fatte come da chi le fa dinanzi a Dio, che là sta rimirando.
   E questo pare che ci volesse significare l’Evangelista S. Giovanni nella sua Apocalisse (Apoc. 1, 8) ove, riferendo le proprietà di quei santi animali, che vide stare dinanzi al trono di Dio, pronti ai suoi comandamenti, dice che dentro e fuori e all’intorno erano pieni d’occhi: occhi nei piedi, occhi nelle mani, occhi nelle orecchie, occhi nelle labbra e occhi negli stessi occhi; per significarci che quelli i quali vogliono servire Iddio perfettamente ed esser degni della sua presenza; hanno in ogni cosa a tener gli occhi aperti a mirar bene, per non far cosa indegna della presenza di Dio. Hai da esser pieno d’occhi dentro e fuori, e vedere conie operi, come cammini, come parli, come odi, come vedi, come pensi, come vuoi, come desideri; acciocché in tutte le cose tue non ve ne sia alcuna che possa offendere gli occhi di Dio, nel cui cospetto stai.


   5. Questo è un modo molto buono di camminare alla presenza di Dio. E così l’Ecclesiastico e l’Apostolo San Paolo, a proposito di quello che si dice nel Genesi di Enoch, che «camminò con Dio e disparve, perché il Signore lo rapì» (Gen. 5, 14), dicono: «Enoch fu caro a Dio, e fu trasportato nel paradiso» (Eccli, 44, 16; Hebr. 11, 5); dimostrando ci chiaramente che è una cosa stessa il camminar sempre con Dio, o alla presenza di Dio, ed il piacere a Dio, poiché dichiarano una cosa coll’altra.
   E S. Agostino e Origene (S. AUG. Quaest. in Pentat. l. 2; q. 66) dichiarano in questa stessa maniera quel che dice la sacra Scrittura nell’ Esodo, che quando Jetro andò a vedere il suo genero Mosè, si unirono Aronne e tutte le persone più gravi d’Israele «per mangiare con lui dinanzi a Dio» (Exod, 18, 12). Lo dichiarano, dico, in questa maniera, dicendo: Non vuol dire che si unirono per mangiare dinanzi al Tabernacolo, o dinanzi all’Arca, perché non v’era ancora; ma che si unirono per far festa e mangiare e bere e passarsela lietamente con lui; ma però con tanta pietà e santità, e con sì religiosa compostezza, come chi mangiava dinanzi a Dio; procurando che non vi fosse cosa che potesse offendere i suoi occhi divini. In questo modo camminano i giusti e i perfetti alla presenza di Dio in tutte le cose loro, anche nelle indifferenti e nelle necessarie alla vita umana. «I giusti banchettino e giubilino alla presenza di Dio, e godano nell’allegrezza», dice il Profeta (Ps. 67, 4). Sia ciò di maniera tale, che ogni cosa possa comparire dinanzi agli occhi di Dio, né vi sia cosa indegna della sua presenza.


   6. In questo modo anche dicono molti Santi che si adempie quello che nel Vangelo si legge che disse Cristo nostro Redentore: «Si deve sempre pregare, né mai lasciar di pregare» (Luc. 18, 1); e S. Paolo ai Tessalonicesi: «Pregate senza intermissione» (I Thess. 5, 17). Dicono cioè che sempre prega colui il quale sempre opera bene. Così pure S. Agostino sopra quelle parole del Salmista: «E la mia lingua andrà celebrando la tua giustizia, le tue lodi tutto il giorno» (Ps. 34, 28); vuoi, dice egli, un mezzo molto buono per stare tutto il giorno lodando Dio? «Tutto ciò che farai, fallo bene; e così starai tutto il giorno lodando Dio» (S. AUG. Enarr. in ps. 34, serm. 2. n. 16). Lo stesso dice S. Ilario: «In questo modo avviene che da noi si preghi senza interruzione, quando, per mezzo delle opere che a Dio siano gradite e compiute sempre per la sua gloria, la vita tutta d’un qualsiasi sant’uomo diventa orazione; e per tal modo vivendo di giorno e di notte secondo il prescritto della legge, la stessa vita notturna e diurna si converte in meditazione della legge» (S. HILAR. Tract. in Ps. l, n. 7). E S. Girolamo, sopra quel verso: «Lodatelo voi, sole e luna; lodatelo tutte, o fulgide stelle» (Ps. 148, 3), domanda in che modo lodano Dio il sole e la luna, la luce e le stelle e risponde: Sai come lo lodano perché mai non cessano di far molto bene l’ufficio loro: sempre stanno servendo Dio e facendo quelle cose per le quali furono creati; e questo è star sempre lodando Dio (S. HIERON. Brev. in Ps. 148, 3). Di maniera che colui che fa molto bene le cose quotidiane e ordinarie della religione, sempre sta lodando Dio e sta sempre in orazione. E possiamo confermar questo con quel che dice lo Spirito Santo per mezzo del Savio: «Fa molte oblazioni chi osserva la legge: sacrifizio di salute è il custodire i comandamenti e allontanarsi da ogni iniquità» (Eccli. 35, 1).
   Con questo dunque si vedrà bene di quanta importanza e perfezione sia il far le cose ordinarie che facciamo ben fatte; poiché questo è moltiplicare l’orazione, e questo è uno star sempre in orazione e alla presenza di Dio, e questo è un sacrificio molto salutifero e che piace grandemente a Dio.