Fulgens corona

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Enciclcica

«Fulgens corona»

di Pio XII

Indizione
dell’anno mariano in occasione del centenario della definizione del dogma della Immacolata
Concezione della B.V. Maria

(8-8-1953*)

La fulgida
corona di gloria, con la quale il Signore cinse la fronte purissima della vergine
Madre di Dio, ci sembra maggiormente risplendere mentre rievochiamo il giorno in
cui, cento anni or sono, il Nostro predecessore di f. m. Pio IX, circondato da un’imponente
schiera di cardinali e di vescovi, dichiarò, proclamò e solennemente
definì con autorità infallibile che è stata rivelata da
Dio, ed è quindi da credersi con fede ferma e costante da ogni fedele la dottrina
la quale insegna che la beatissima vergine Maria, nel primo istante del suo concepimento,
per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di
Gesù Cristo salvatore del genere umano, fu preservata immune da ogni macchia
di peccato originale.(2)

Tutta
la cattolicità accolse con esultanza la sentenza del pontefice che essa già
da lungo tempo ardentemente attendeva; e la devozione dei fedeli per la santa Vergine,
che fa rifiorire al più alto grado i costumi dei cristiani, così risvegliata,
trasse nuovo vigore, come pure di nuovo ardore si alimentarono gli studi che posero
con maggior chiarezza nella debita luce la dignità e la santità della
Madre di Dio.

Sembra
che la stessa beata vergine Maria abbia voluto in maniera prodigiosa quasi confermare
tra il plauso di tutta la chiesa la sentenza pronunziata dal vicario del suo divin
Figlio in terra. Infatti non erano ancor trascorsi quattro anni, quando la santa
Vergine, nelle vicinanze di un paese della Francia situato ai piedi dei monti Pirenei,
apparve nella grotta di Massabielle ad una fanciulla semplice e innocente, in aspetto
giovanile e affabile, vestita di candido abito e candido mantello, cinta di una fascia
azzurra; e alla fanciulla che con insistenza chiedeva il nome di colei che si era
degnata di apparirle, elevando gli occhi al cielo e con soave sorriso rispose; Io
sono l’Immacolata Concezione.

L’avvenimento,
come era ovvio, venne rettamente interpretato dai fedeli, i quali, affluendo numerosissimi
da ogni parte del mondo in pio pellegrinaggio alla grotta di Lourdes, ravvivarono
la propria fede, stimolarono la pietà e si sforzarono di conformare la loro
vita ai precetti cristiani; ivi pure non di rado ottennero miracoli tali da suscitare
l’ammirazione di tutti e dimostrare che la sola religione cattolica è stata
data e confermata da Dio.

Ciò
naturalmente ben intesero in particolar modo i pontefici romani, che arricchirono
di privilegi spirituali e con doni della loro munificenza il meraviglioso tempio
eretto dopo pochi anni dalla pietà del clero e del popolo.


I


Invero,
nella citata lettera apostolica, con cui il Nostro predecessore stabilì che
questo punto della dottrina cristiana dovesse ritenersi fermamente e fedelmente da
tutti i credenti, altro non fece se non raccogliere fedelmente e consacrare con la
sua autorità, la voce dei santi padri e di tutta la chiesa, la quale a cominciare
dai primi tempi aveva come spaziato lungo il corso dei secoli.

Anzitutto
il fondamento di tale dottrina si trova già nella sacra Scrittura, dove Dio
creatore di tutte le cose, dopo la lamentevole caduta di Adamo, si rivolge al serpente
tentatore e seduttore con queste parole, che non pochi santi padri e dottori della
chiesa e moltissimi autorevoli interpreti riferiscono alla vergine Madre di Dio:
Porrò inimicizia fra te e la donna, fra il seme tuo e il seme di lei
… (Gn 3,15). Se dunque in qualche momento la beata vergine Maria fosse rimasta
priva della divina grazia, in quanto inquinata nel suo concepimento dalla macchia
ereditaria del peccato, almeno per quell’istante, benché brevissimo, non avrebbe
avuto luogo fra lei e il serpente quella perpetua inimicizia, di cui fino alla solenne
definizione dell’Immacolata Concezione si parla già fin dalla più antica
tradizione; ma invece ci sarebbe stato un certo asservimento.

Inoltre,
poiché la santissima Vergine viene salutata piena di grazia (Lc
1,28), e benedetta fra le donne (Lc 1,42), tali parole, come sempre ha
ritenuto la tradizione cattolica, chiaramente indicano che con questo singolare
e solenne saluto, mai prima d’allora udito; viene designato essere stata la Madre
di Dio sede di tutte le grazie divine, adorna di tutti i carismi dello Spirito divino,
anzi di essi tesoro quasi infinito e abisso inesauribile, di modo che mai fu soggetta
alla maledizione.(3)


Tale
dottrina nei primi tempi della chiesa fu insegnata abbastanza chiaramente e senza
alcun contrasto dai santi padri, i quali affermarono essere stata la beata Vergine
giglio fra le spine, terra del tutto intatta, immacolata, sempre benedetta, libera
da ogni contagio del peccato, legno incorruttibile, fonte sempre limpida, figlia
unica e sola non di morte ma di vita, germe di grazia e non di ira, per ogni verso
illibata, santa e lontanissima da ogni macchia di peccato, più bella della
bellezza, più santa della santità, sola santa, da superare tutti in
santità, all’infuori di Dio, e per natura più bella, più graziosa
e più santa degli stessi cherubini e serafini e di tutte le schiere degli
angeli.(4)


Considerate
diligentemente, come si conviene, queste lodi della beata Vergine Maria, chi oserebbe
dubitare che Colei, la quale fu più pura degli angeli e pura in qualunque
tempo(5) non sia rimasta monda in qualsiasi anche minimo istante, da ogni macchia
di peccato? Ben a ragione dunque sant’Efrem si rivolge al divin Figlio di lei con
queste parole: Tu e la tua Madre, voi soli in verità siete per ogni
verso e integralmente belli. Non vi è in te, o Signore, e neppure nella Madre
tua macchia alcuna.(6) Da queste parole si rileva con evidenza che fra tutti
i santi e le sante, di una solamente può dirsi, allorché si tratta
di qualsivoglia macchia di peccato, non potersi neppure porre il quesito; e parimenti
che questo singolarissimo privilegio, a nessuno mai concesso, ella per questo motivo
lo ottenne dal Signore perché venne innalzata alla dignità di Madre
di Dio. Tale eccelso officio, che fu solennemente riconosciuto e sancito nel concilio
di Efeso contro l’eresia nestoriana(7) e di cui non sembra potervi essere altro maggiore,
postula la pienezza della grazia divina e l’anima immune da qualsiasi peccato, perché
esige la più alta dignità e santità dopo quella di Cristo. Anzi
da questo sublime officio di Madre di Dio, come da arcana fonte limpidissima, sembrano
derivare tutti quei privilegi e tutte quelle grazie che adornarono in modo e misura
straordinaria la sua anima e la sua vita. Come ben dice l’Aquinate: Poiché
la beata Vergine è Madre di Dio, dal bene infinito che è Dio trae una
certa dignità infinita.(8) E un illustre scrittore sviluppa e spiega
lo stesso pensiero con le seguenti parole: La beata Vergine … è Madre
di Dio; perciò è così pura e così santa da non potersi
concepire purità maggiore dopo quella di Dio.(9)


Del resto,
se noi approfondiamo l’argomento, e soprattutto se consideriamo l’infiammato e soave
amore con cui Dio certamente amò e ama la Madre del suo unigenito Figlio,
come potremmo soltanto sospettare che ella sia stata anche per un brevissimo istante
soggetta al peccato e priva della divina grazia? Poteva senza dubbio Dio, in previsione
dei meriti del Redentore, adornarla di questo singolarissimo privilegio; che non
l’abbia fatto, non è neppur possibile pensarlo. Conveniva infatti che tale
fosse la Madre del Redentore, da essere il più possibile degna di lui. D’altronde
non sarebbe stata degna, se macchiata della colpa originale, anche solo nel primo
istante della sua concezione fosse stata soggetta al triste dominio di satana.



si può dire che per questo venga diminuita la redenzione di Cristo, quasi
che essa non si estenda all’intera progenie di Adamo, e che perciò venga detratto
qualcosa dall’officio e dalla dignità del divin Redentore. Se infatti consideriamo
a fondo e diligentemente la cosa, è facile vedere come Cristo Signore abbia
in verità redento la divina sua Madre in un modo più perfetto essendo
ella stata da Dio preservata immune da qualsiasi macchia ereditaria di peccato, in
previsione dei meriti di lui. Perciò l’infinita dignità di Gesù
Cristo e l’universalità della sua redenzione non vengono attenuate o diminuite
da questo punto di dottrina, ma anzi accresciute in sommo grado.


Sono
pertanto ingiusti la critica e il rimprovero che anche per questo motivo non pochi
acattolici e protestanti fanno alla nostra devozione per la santa Vergine, come se
togliessimo qualche cosa al culto dovuto a Dio solo e a Gesù Cristo. È
vero invece che l’amore e la venerazione che noi dedichiamo alla nostra Madre celeste
ridonda tutto senza dubbio in gloria del suo divin Figlio, non soltanto perché
tutte le grazie e tutti i doni, anche eccelsi, da lui derivano come da prima fonte,
ma anche perché i genitori sono la gloria dei figli (Pro 17,6).


Fin dai
più remoti tempi della chiesa, questo punto di dottrina venne sempre più
in luce e sempre più si affermò, sia presso i sacri pastori, sia nella
convinzione e nell’animo dei fedeli. Lo attestano, come dicemmo, gli scritti dei
santi padri, i concili e gli atti dei romani pontefici; lo testimoniano infine le
antichissime liturgie, nei cui libri, anche i più antichi, tale festa si considera
come tramandata dai padri.


Inoltre,
perfino presso tutte le comunità dei cristiani orientali, che già da
lungo tempo si separarono dall’unità della chiesa cattolica, non sono mancati
e non mancano coloro che, pur essendo animati da pregiudizi e da contrastanti opinioni,
hanno accolto questa dottrina e ogni anno celebrano la festa della Vergine immacolata.
Ciò non accadrebbe certo, se essi non avessero ricevuto tale verità
fin dai tempi antichi, prima cioè che i medesimi si fossero staccati dall’unico
ovile.


Ci piace
dunque, al compiersi di un secolo da quando il pontefice Pio IX d’immortale memoria
definì solennemente questo singolare privilegio della vergine Madre di Dio,
riassumere e concludere il nostro assunto con queste parole, con cui lo stesso pontefice
afferma tale dottrina essere stata per giudizio dei padri, affidata alla sacra
Scrittura, tramandata da tante e così gravi testimonianze dei medesimi, espressa
e celebrata da tanti illustri monumenti della veneranda antichità, proposta
infine e confermata dal più alto e autorevole giudizio della chiesa,(10) di
modo che nulla è più caro e più dolce ai sacri pastori e a tutti
i fedeli che onorare, venerare, invocare e predicare con fervore e affetto
la vergine Madre di Dio concepita senza macchia originale.(11)


Ci sembra
poi che tale preziosissima gemma, onde si arricchì cento anni fa il sacro
diadema della beata vergine Maria, oggi splenda di luce più fulgente essendo
toccata a Noi, nell’anno giubilare 1950, per disposizione della divina Provvidenza,
la felice sorte di definire – ed è ancor vivo nel Nostro cuore il gradito
ricordo – che l’alma Genitrice di Dio è stata assunta in cielo in anima e
corpo; e potemmo così corrispondere ai voti del popolo cristiano, che furono
formulati in maniera particolare già quando fu solennemente sancito l’immacolato
concepimento della Vergine. Allora, infatti, come scrivemmo nella lettera apostolica
Munificentissimus Deus, i cuori dei fedeli furono mossi da una più
vivida speranza che anche il dogma dell’assunzione corporea della Vergine in cielo
venisse al più presto definito dal supremo magistero ecclesiastico.(12)

Così
Ci sembra che in maniera più profonda ed efficace tutti i fedeli possano volgere
la mente e il cuore al mistero stesso dell’immacolata concezione della Vergine. Infatti
per lo strettissimo rapporto che lega questi due misteri, dopo esser stata solennemente
promulgata e posta nella debita luce l’assunzione della Vergine in cielo – che costituisce
quasi la corona e il complemento dell’altro privilegio mariano – ne è venuto
che con maggior pienezza e splendore si è manifestata la sapientissima armonia
di quel piano divino con il quale Dio ha voluto che la vergine Maria fosse monda
da ogni macchia originale.

A motivo
di questi insigni privilegi concessi alla Vergine, tanto l’alba del suo pellegrinaggio
terreno, quanto il tramonto s’illuminarono di fulgidissima luce; alla perfetta innocenza
dell’anima di lei, immune da qualsiasi macchia, corrisponde in maniera consona e
meravigliosa la più ampia glorificazione del suo corpo virgineo; ed ella,
come fu congiunta al suo Figlio unigenito nella lotta contro il serpente infernale,
così insieme con lui partecipò al glorioso trionfo sul peccato e sulle
sue tristi conseguenze.

II

Occorre
tuttavia che questa celebrazione centenaria non solo riaccenda negli animi di tutti
la fede cattolica e la devozione ardente verso la santa Vergine, ma sia altresì
di stimolo per conformare, il più possibile, i costumi dei cristiani sull’esempio
della vergine Maria. Come tutte le madri provano soavissimi sentimenti quando scorgono
che il volto dei propri figli riproduce per qualche particolare somiglianza le loro
fattezze, così Maria, Madre nostra dolcissima, non può avere maggiore
desiderio né più grande gioia nel veder riprodotti nei pensieri nelle
parole e nelle azioni di coloro che ella accolse come figli sotto la croce del suo
Unigenito, i lineamenti e le virtù della sua anima.

Ma perché
la pietà non rimanga vuota parola, né diventi immagine fallace della
religione, né sentimento debole e caduco di un istante, ma sia sincera, vera,
efficace, essa deve indubbiamente sospingere noi tutti, secondo la condizione di
ciascuno, al raggiungimento della virtù. È necessario anzitutto che
essa sproni noi tutti a quell’innocenza e integrità di costumi, che rifugge
e aborre anche dalla più piccola macchia di peccato: poiché commemoriamo
il mistero della santissima Vergine, la cui concezione fu immacolata e immune da
qualsiasi colpa originale.

La beatissima
vergine Maria, la quale nell’intero corso della sua vita – sia nel gaudio da cui
fu soavemente inondata, sia nella tribolazione e negli atroci dolori, per cui primeggia
Regina dei martiri – mai si allontanò, neppure minimamente, dai precetti e
dagli esempi del suo divin Figliuolo, Ci sembra che ripeta a tutti e a ciascuno di
noi quelle parole che pronunciò durante le nozze di Cana, quasi additando
Gesù Cristo ai servi del convito: Fate tutto quello che egli vi dirà
(Gv 2,5). Sembra che a noi tutti oggi ella ripeta quella stessa esortazione, in un
senso ancora più vasto, poiché è di assoluta evidenza che la
radice di tutti i mali da cui sono con tanta veemenza e asprezza tribolati gli uomini,
angustiati i popoli e le nazioni, hanno principalmente origine dal fatto che molti
abbandonate le sorgenti di acqua viva, si sono scavate cisterne sconnesse,
che non possono contenere le acque (Ger 2,13) e hanno disertato da Colui che
solo è via, verità e vita (Gv 14,6). Se dunque si è
errato, bisogna ritornare sulla diritta via; se le tenebre dell’errore hanno avvolto
le menti, senza indugio devono essere dissipate dalla luce della verità; se
quella morte, che è la vera morte, si è impadronita degli animi, bisognerà
con vivo efficace desiderio accostarsi alla vita: a quella celeste vita, che non
conosce tramonto perché ha origine da Cristo Gesù; se con animo fiducioso
e fedele lo seguiremo in questa terra di esilio, certamente, insieme con lui godremo
nei cieli la beatitudine eterna.


Questo
ci insegna e a queste cose ci esorta la beata vergine Maria, madre nostra dolcissima,
la quale ci ama di autentico amore, certamente più di tutte le madri terrene.
Come ben sapete, venerabili fratelli, di queste esortazioni e inviti a un ritorno
a Cristo e a una diligente ed efficace conformità ai suoi insegnamenti hanno
gran bisogno gli uomini d’oggi, in un momento in cui tanti si sforzano di svellere
radicalmente dagli animi la fede di Cristo, o con mascherate e astute insidie, o
anche con una propaganda e un’esaltazione aperta e ostinata dei loro errori da essi
propalati così impudentemente, come se fossero gloria del progresso e dello
splendore di questo secolo. Ma rigettata la nostra santa religione, negati i divini
voleri che sanciscono il bene e il male, appare evidente che quasi a nulla giovano
le leggi e quasi a nulla è ridotta la pubblica autorità; si ha di conseguenza
che gli uomini, perduta con queste dottrine fallaci la speranza e l’attesa dei beni
immortali, è naturale che cerchino smodatamente i beni terreni, avidamente
desiderino quelli altrui e talora, quando l’occasione e la possibilità si
offrono loro, se ne impadroniscano anche con la violenza. Di qui prorompono gli odi,
le invidie, le rivalità e le discordie tra cittadini; di qui nasce la perturbazione
della vita pubblica e privata, e gradatamente si scalzano quelle fondamenta dello
stato che mal potrebbero essere sostenute e rafforzate dall’autorità delle
leggi civili e dei governanti; di qui infine la diffusa decadenza dei costumi a motivo
dei licenziosi spettacoli, dei libri, dei giornali e di tanti delitti.


Non neghiamo
che in questo campo l’autorità dello stato possa far molto; tuttavia il risanamento
di tante sciagure è da ricercarsi in rimedi più profondi. È
necessario chiamare in aiuto una forza maggiore di quella umana, che penetri negli
animi e li rinnovi con la divina grazia rendendoli col suo ausilio migliori.


Solamente
allora sarà lecito sperare che torni a fiorire ovunque la vita cristiana;
che i veri principi sui quali si fonda la società si consolidino il più
possibile; che intervenga in mezzo alle varie classi sociali una mutua, retta e sincera
esumazione delle cose, unita con la giustizia e la carità, e che una buona
volta tacciano gli odi, le cui faville danno esca a nuove miserie e molto spesso
spingono gli animi esacerbati al versamento di sangue; che, infine, attenuati e placati
i contrasti che si agitano tra le classi alte e basse della società, con imparzialità
si compongano e armonicamente coesistano i giusti diritti di ambo le parti, con il
vicendevole consenso e il dovuto rispetto, per il comune vantaggio.


Ciò
senza dubbio soltanto è reso possibile a fondo e con saldezza dagli insegnamenti
della morale cristiana – purché realmente messi in pratica – alla cui attiva
e fruttuosa osservanza ci sprona tutti la Vergine Madre. Tenendo nella dovuta considerazione
queste cose, venerabili fratelli, invitiamo voi tutti e singoli con la presente lettera
enciclica a fare in modo che secondo il vostro ufficio rivolgiate al clero e al popolo
a voi affidato un’esortazione per la celebrazione dell’anno mariano che indiciamo
ovunque, dal prossimo mese di dicembre sino allo stesso mese dell’anno seguente,
nel compiersi cioè del primo centenario da quando la Vergine Madre di Dio
rifulse di una nuova gemma, tra il plauso del popolo cristiano, allorché,
come dicemmo, il Nostro predecessore di i. m. Pio IX decretò e sancì
solennemente la sua immacolata concezione. Confidiamo pienamente che questa celebrazione
mariana possa dare quei frutti desideratissimi e salutari che tutti vivamente aspettiamo.


Per raggiungere
più facilmente e più efficacemente lo scopo, desideriamo che in ciascuna
diocesi siano tenuti al riguardo opportuni discorsi e conferenze, per maggiormente
chiarire alle menti questo punto della dottrina cristiana: di modo che la fede del
popolo si accresca, arda ogni giorno più la devozione verso la santa Vergine
e tutti seguano con operoso volere le vestigia della nostra madre celeste.


E poiché
in tutte le città, paesi e villaggi, ovunque fiorisce il cristianesimo, vi
è sempre una qualche cappella, o altare almeno, dove rifulge l’immagine della
beata vergine Maria esposta alla venerazione del popolo cristiano, Noi desideriamo,
venerabili fratelli, che i fedeli vi si rechino con la maggior frequenza possibile
e innalzino, con un sol cuore e una sola voce, pubbliche preghiere alla soavissima
madre nostra.


Dove
poi vi è un tempio in cui la Vergine è maggiormente venerata – il che
avviene in quasi tutte le diocesi – in determinati giorni dell’anno vi concorrano
pie moltitudini di pellegrini con solenni manifestazioni pubbliche della comune fede
e del comune amore verso la Vergine santissima. Ciò senza dubbio si farà
soprattutto alla grotta di Lourdes, dove la Vergine immacolata è venerata
con tanta fervida pietà.


Ma preceda
tutti con l’esempio quest’alma città, la quale fin dai primi tempi del cristianesimo
ha avuto un particolare culto alla Madre celeste e propria patrona. Vi sono qui non
poche chiese, come è noto, in cui ella è proposta alla pietà
dei romani; ma fra tutte, senza dubbio, eccelle la Basilica Liberiana, ove ancora
rifulge il mosaico del Nostro predecessore di v. m. Sisto III, monumento insigne
della divina maternità di Maria vergine, e dove benignamente arride l’immagine
della Salvezza del popolo romano. Là dunque specialmente accorrano
i cittadini a pregare, e davanti a quella sacra immagine tutti elevino i loro voti,
chiedendo soprattutto che l’Urbe, centro dell’orbe cattolico, sia altresì
a tutti maestra di fede, di devozione, di santità. Infatti – Ci rivolgiamo
a voi figli di Roma con le stesse parole del Nostro predecessore di s. m. Leone Magno
benché tutte le chiese diffuse sulla terra debbano fiorire per ogni genere
di virtù, a voi tuttavia si addice sopra tutti gli altri popoli primeggiare
nel merito della pietà, a voi che, fondati sulla stessa base della rocca apostolica,
foste con tutti gli altri redenti da nostro Signor Gesù Cristo e, a preferenza
di tutti gli altri, istruiti dal beato apostolo Pietro.(
13)


Molte
grazie tutti debbono implorare nelle presenti circostanze dall’aiuto della beata
Vergine, dal suo patrocinio, dalla sua potenza mediatrice. Chiedano innanzi tutto
– come abbiamo già detto – che i propri costumi, con il soccorso della divina
grazia, sempre più si uniformino agli insegnamenti cristiani, perché
la fede senza le opere è morta (cf. Gc 2,20.26), e perché nessuno può
fare convenientemente casa alcuna per il pubblico bene, se prima egli stesso non
rifulga come esempio di virtù agli altri.


Chiedano
con insistenza che la generosa e balda gioventù cresca sana e pura, né
lasci contaminare dall’aria corrotta del secolo e infiacchire nei vizi il bel fiore
della propria età; che sappia governare con retta guida le inclinazioni sregolate
e l’impulsività ardente e, rifuggendo da ogni insidia, non si rivolga alle
cose cattive e dannose, ma elevi il cuore a tutto ciò che è bello,
santo, amabile, eccelso.


Chiedano,
pregando in comune, che l’età virile e matura si distingua su tutte per onestà
e cristiana fortezza; che la società domestica rifulga di un’inviolata fedeltà,
sia fiorente per la sana e religiosa educazione dei figli e si rafforzi nella concordia
e nel vicendevole aiuto.


Implorino
finalmente che i vegliardi si rallegrino dei frutti di una vita spesa nel bene, così
che avvicinandosi il termine della vita non abbiano nulla da temere, non siano afflitti
da rimorsi o da angosce di coscienza, né abbiano motivo alcuno di arrossire,
ma fermamente confidino di ricevere presto il premio della loro lunga fatica.


Chiedano,
inoltre, nella preghiera alla divina Madre, il pane per gli affamati, la giustizia
per gli oppressi, la patria per i profughi e gli esuli, una casa ospitale per i senza
tetto, la debita libertà per coloro che ingiustamente furono gettati in carcere
o nei campi di concentramento; il desideratissimo ritorno in patria per coloro che
sono ancora prigionieri nonostante che da tanti anni sia terminata la guerra e internamente
sospirano e gemono; per coloro che sono ciechi nel corpo o nell’anima la letizia
della fulgida luce; e per tutti quelli che sono divisi fra loro dall’odio, dall’invidia,
dalla discordia, che ottengano pregando la carità fraterna, l’unione degli
animi e quell’operosa tranquillità che è fondata sulla verità,
sulla giustizia, sulle relazioni amichevoli.


Desideriamo
in modo speciale, o venerabili fratelli, che con le ardenti preghiere che saranno
elevate a Dio nella prossima celebrazione dell’anno mariano, si chieda supplichevolmente
che, sotto l’auspicio della Madre del divin Redentore e Madre nostra dolcissima,
la chiesa cattolica possa finalmente ovunque godere della libertà che le compete
e che essa, come insegna la storia, adoperò sempre a vantaggio dei popoli
e mai a loro rovina, sempre per raggiungere la concordia dei cittadini, delle nazioni,
delle genti, e mai per dividere gli animi.


Tutti
sanno in quali tribolazioni viva, in alcuni luoghi, la chiesa e da quali menzogne,
calunnie, spoliazioni sia travagliata; tutti sanno come in alcune regioni i vescovi
siano miseramente dispersi, incarcerati senza motivo, o talmente ostacolati da non
potere esercitare liberamente, come si conviene, il loro pastorale ministero; tutti
sanno infine che in quei luoghi non si possono avere scuole proprie, né pubblicamente
per mezzo della stampa si può insegnare, difendere, propagare la dottrina
cristiana e educare convenientemente la gioventù secondo i suoi insegnamenti.
Quelle esortazioni, pertanto, che a tale riguardo spesso, quando si è presentata
l’occasione, vi abbiamo indirizzato, insistentemente ve le ripetiamo per mezzo della
presente lettera enciclica, nella piena fiducia che in questo anno mariano dovunque
siano innalzate supplichevoli preghiere alla potentissima vergine Madre di Dio e
soave Madre nostra, affinché quei sacri diritti che competono alla chiesa
e che sono richiesti dallo stesso rispetto della libertà e della civiltà,
siano riconosciuti apertamente e sinceramente da tutti, con sommo vantaggio di ognuno
e incremento della comune concordia.


Questa
nostra parola, che Ci è dettata da un fervido senso di carità, desideriamo
giunga anzitutto a coloro che, costretti al silenzio e circondati da ogni genere
di insidie, vedono con animo addolorato la loro comunità cristiana afflitta,
turbata e priva di ogni umano aiuto. Anche questi dilettissimi fratelli e figli Nostri,
in strettissima congiunzione con Noi e con gli altri fedeli, interpongano presso
il Padre delle misericordie e Dio di ogni consolazione (cf. 2Cor 1,3), il potentissimo
patrocinio della vergine Madre di Dio e Madre nostra, e chiedano a lei celeste aiuto
e divine consolazioni. Mentre perseverano con indomabile animo nella fede dei padri,
facciano proprie in questi gravi frangenti le seguenti parole del Dottore Mellifluo,
quasi distintivo di cristiana fortezza: Staremo in piedi e combatteremo sino
alla morte, se sarà necessario, per nostra madre (la chiesa), con le armi
che ci saranno consentite: non con gli scudi e le spade, ma con la preghiera e le
lacrime a Dio.(14)


Anche
coloro che sono separati da Noi per l’antico scisma e che del resto Noi amiamo con
animo paterno, li invitiamo a unirsi a queste comuni preghiere e a queste suppliche,
poiché ben sappiamo che essi hanno in somma venerazione la grande Madre di
Gesù Cristo e ne celebrano la concezione immacolata. La medesima beata vergine
Maria riguardi tutti quei cristiani, congiunti almeno dai vincoli della carità,
che rivolgono a lei supplichevoli gli occhi, gli animi, le preghiere, impetrando
quella luce che illumina le menti di uno splendore soprannaturale, e chiedendo quella
unità per la quale finalmente si faccia un solo ovile sotto un solo pastore
(cf. Gv 10,16).


A queste
preghiere comuni siano associate pie opere di penitenza; l’amore alla preghiera,
infatti, fa sì che l’animo sia sostenuto, si prepari alle cose ardue,
si innalzi alle cose divine; la penitenza ci fa ottenere il dominio su noi stessi,
specialmente sul corpo, il quale per il peccato originale è fortemente ribelle
alla ragione e alla legge evangelica. È evidente che queste virtù sono
strettamente congiunte tra loro, e vicendevolmente si sostengono e mirano insieme
all’identico scopo di distaccare l’uomo, nato per il cielo, dalle cose caduche, e
di sollevarlo quasi a un celeste commercio con Dio.(15)


Siccome
però ancora non ha brillato sui popoli e nelle anime una pace solida, sincera,
tranquilla, si sforzino tutti i fedeli piamente pregando di raggiungerla e consolidarla
felicemente e pienamente; in modo che, come la beata Vergine ci donò il Principe
della pace (cf. Is 9,6), ella stessa con il suo patrocinio e con la sua tutela congiunga
gli uomini tra loro in amichevole concordia. Solo allora essi potranno godere quel
tanto di serena prosperità che è possibile ottenere nel breve corso
della vita, quando tra loro non saranno separati da invidie, lacerati miseramente
da discordie, né sospinti violentemente a lottare tra loro con minacce e fraudolenti
consigli; ma, fraternamente uniti, si scambieranno tra loro il bacio di quella pace
che è tranquilla libertà(16) e che, sotto la guida della
giustizia e l’aiuto della carità, fa delle diverse classi dei cittadini e
delle diverse genti e nazioni una sola famiglia unita, come si conviene, e concorde.


Il divin
Redentore, auspice e mediatrice l’amorevolissima Madre sua, voglia nella maniera
più larga e consolante portare a compimento questi Nostri ardentissimi voti,
ai quali, come pienamente confidiamo, corrisponderanno i voti non solo di tutti i
Nostri figli ma anche di tutti coloro ai quali stanno a cuore gli interessi della
civiltà cristiana, e il progresso civile.


Intanto
sia propiziatrice dei divini favori, e testimonianza del Nostro affetto paterno,
la benedizione apostolica che a voi tutti e singoli, venerabili fratelli, insieme
al clero e ai fedeli a voi affidati, impartiamo con effusione di cuore.

Roma,
presso San Pietro, l’8 settembre, festa della natività di Maria ss.ma, nell’anno
1953, XV del Nostro pontificato.


NOTE


(*) PIUS
PP. XII, Litt. enc. Fulgens corona quibus Annus Marianus ubique gentium celebrandus
indicitur, primo exeunte saeculo a definito dogmate immaculatae conceptionis B. Mariae
Virginis, [Ad venerabiles Fratres Patriarchas, Primates, Archiepiscopos, Episcopos,
aliosque locorum Ordinarios, pacem et communionem cum Apostolica Sede habentes],
8 septembris 1953: AAS 45 (1953), pp. 577-592.

Ricordata la ricorrenza centenaria della definizione dogmatica dell’Immacolata e
la conferma di Lourdes, la lettera richiama gli argomenti teologici della stessa
verità definita da Pio IX, ne rimuove le difficoltà, ne rileva la relazione
con la definizione dogmatica dell’Assunta e gli influssi di pietà e di santificazione
nei fedeli più che mai auspicabili e necessari. A questo scopo indice l’Anno
mariano universale, di cui precipua manifestazione saranno i pellegrinaggi ai santuari
mariani locali e diocesani per chiedere a Maria le grazie più necessarie ai
singoli e alla chiesa: specialmente quella di una vera pace.


(2) Bulla dogm. Ineffabilis Deus (8 dec. 1854): EE 2/app.

(3) Bulla dogm. Ineffabilis Deus: EE 2/app.

(4) Bulla dogm. Ineffabilis Deus, passim: EE 2/app.

(5) Cf. Bulla dogm. Ineffabilis Deus: EE 2/app.

(6) Carmina Nisibena, ed. Bickell, 123.

(7) Cf. PIUS XI, Enc. Lux veritatis: AAS 23(1931), p. 493ss; EE
5/820ss.

(8) Cf. Summa theol., I, q. 25, a. 6 ad 4.

(9) CORNELIUS A LAPIDE, In Matth., I, 16.

(10) Bulla Ineffabilis Deus: EE 2/app.

(11) Bulla Ineffabilis Deus: EE 2/app.

(12) AAS 42(1950), p. 754s; EE 6/1936.

(13) Serm. III, 14: PL 54, 147-148.

(14) S. BERNARDUS, Epist. 221, 3: PL 182, 36.387.

(15) LEO XIII, Enc. Octobri mense (22 sept. 1891): Acta Leonis XIII,
XI, p. 312; EE 3.

(16) CIC., Phil., II, 44.