DELL’ESSENZA DELLA S. MESSA

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LA
SANTA MESSA

di P. Martino de Cochem O.M.C


















Capitolo
I

DELL’ESSENZA DELLA S. MESSA


In latino
la santa Messa è chiamata Sacrificium. Questa parola significa contemporaneamente
immolazione ed offerta. Il Sacrificio è un tributo offerto a Dio solo, da
uno dei suoi servi appositamente consacrati, per riconoscere e confermare la sovranità
dell’Onnipotente sulle creature.

Che il Sacrificio così interpretato non convenga che a Dio solo, sant’Agostino
lo prova con l’usanza universale e costante di tutti i popoli. “Chi ha mai pensato
dice – che si possano offrire dei sacrifici ad altri che a Colui che riconosciamo
come Dio o che viene qualificato per tale?” (De Civitate Dei, lib. X, cap. IV).
Lo stesso Padre dice ancora altrove: “Se il demonio non sapesse che il Sacrificio
appartiene a Dio solamente non chiederebbe sacrifici ai suoi adoratori. Molti tiranni
si sono attribuiti prerogative proprie della divinità, pochissimi hanno ordinato
che si offrissero loro dei sacrifici e quelli che l’hanno osato, si sono studiati
di farsi credere altrettanti dei” (Contra advers. leg., I, cap. XVIII). Secondo
la dottrina di san Tommaso, sacrificare a Dio è una legge così naturale
che l’uomo vi è portato spontaneamente (2.2., q. 85, art. 1). Per far questo
Abele, Noè, Abramo, Giacobbe e gli altri patriarchi non ebbero bisogno, per
quanto sappiamo, di un ordine o di un’ispirazione dall’Alto.

E non solamente hanno sacrificato a Dio i veri credenti, ma i pagani stessi hanno
fatto altrettanto per onorare i loro idoli. Nella legge che dette agli israeliti,
il Signore comandò loro di offrirgli ogni giorno un sacrificio che, nelle
grandi feste, era compiuto con una straordinaria solennità.

Non dovevano contentarsi d’immolare agnelli, pecore, vitelli e buoi, ma dovevano
anche offrirli con cerimonie speciali, compiute dal sacerdoti. Durante il canto dei
salmi e al suono della tromba, gli stessi sacerdoti sgozzavano gli animali, li scorticavano,
ne spargevano il sangue e ne bruciavano le carni sull’altare. Tali erano i sacrifici
giudaici, mediante i quali, il popolo eletto rendeva all’Altissimo gli onori che
gli sono dovuti e confessava che Dio è il vero padrone di tutte le creature.

Tutti i popoli hanno messo il sacrificio nel numero delle pratiche riservate esclusivamente
al culto della divinità, dimostrando, in tal modo, come esso sia in perfetta
armonia con le tendenze della natura umana. Era dunque necessario che il Salvatore
istituisse similmente un Sacrificio per la sua Chiesa, perché il più
semplice buon senso dimostra che Egli non poteva privare i veri credenti di questa
suprema forza dell’adorazione, senza che la Chiesa rimanesse al disotto del giudaismo,
i sacrifici del quale erano così magnifici che i gentili accorrevano da paesi
lontani per contemplare lo spettacolo e perfino alcuni re pagani, come dice la Sacra
Scrittura, provvedevano alle ingenti spese che erano necessarie.



Istituzione del divino sacrificio



Quanto al Sacrificio, tal quale lo ha istituito nostro Signore nella sua Chiesa,
ecco che cosa ci insegna il Concilio di Trento: “Nell’Antico Testamento, secondo
la testimonianza di Paolo, il sacerdozio levitico era impotente a condurre alla perfezione;
bisognava, perché così voleva il Padre delle misericordie, che si istituisse
un altro sacerdote, secondo l’ordine di Melchisedech, il quale potesse rendere compìti
e perfetti quelli che dovevano essere santificati. Questo sacerdote, che è
Gesù Cristo nostro Dio e nostro Signore, volendo lasciare alla Chiesa, sua
cara sposa, un Sacrificio visibile che rappresentasse il Sacrificio cruento che Egli
doveva offrire una sola volta sulla Croce, ne perpetuò il ricordo fino alla
fine dei secoli e ne applicò la virtù salutare alla remissione delle
nostre colpe quotidiane dichiarandosi, nell’ultima Cena, Sacerdote costituito secondo
l’ordine di Melchisedech. Nella notte stessa in cui fu dato in mano ai suoi nemici
offrì a Dio suo Padre, sotto le specie del pane e del vino, il suo Corpo e
il suo Sangue; li fece ricevere, sotto i simboli degli stessi alimenti, agli apostoli
che Egli costituiva allora sacerdoti del Nuovo Testamento e ordinò loro ed
ai loro successori nel sacerdozio di rinnovare questa oblazione dicendo: “Fate
questo in memoria di me”, secondo quanto la Chiesa cattolica ha inteso ed ha
sempre insegnato” (Trid., sess. XXII, c. 1). La Chiesa ci comanda dunque di
credere che nostro Signore, nell’ultima Cena, non solamente ha transustanziato il
pane e il vino nel suo Corpo e nel suo Sangue, ma che li ha offerti a Dio Padre istituendo
così il Sacrificio del Nuovo Testamento nella sua propria persona, esercitando
in tal modo il suo ministero di sacerdote secondo l’ordine di Melchisedech. La Sacra
Scrittura dice: “Melchisedech, re di Salem, offrì il pane e il vino,
perché era sacerdote dell’Onnipotente e benedisse Abramo” (Gen., XIV,
18-19).

Il testo non dice espressamente che Melchisedech abbia sacrificato a Dio; ma la Chiesa
fin dal principio l’ha inteso così e i santi Padri lo hanno interpretato in
questa maniera. David l’aveva detto: “Il Signore l’ha giurato e non verrà
meno: Tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedech” (Sal., CIX,
4) Con san Paolo possiamo affermare che Melchisedech e nostro Signore hanno veramente
sacrificato: “Ogni pontefice è istituito per offrire doni e vittime”
(Ebr., VIII, 3). Lo stesso apostolo si esprime ancor più chiaramente: “Ogni
pontefice, assunto in mezzo agli uomini, è istituito per gli uomini allo scopo
di offrire a Dio doni e sacrifici per i peccati”. Egli aggiunge: “Nessuno
si attribuisca questa dignità, ma solamente colui che, come Aronne, è
chiamato da Dio. Infatti il Cristo non si è glorificato da se stesso, per
divenire pontefice, ma ha ricevuto quest’onore dal Padre suo che gli disse: “Tu
sei mio Figlio, oggi ti ho generato: Tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine
di Melchisedech” (Ebr., V, 1-6). È dunque chiaro che Gesù Cristo
e Melchisedech sono stati pontefici e che, tutti e due, con questo titolo, hanno
offerto a Dio dei doni e dei sacrifici. Melchisedech non ha immolato a Dio alcun
animale, come facevano Abramo ed i credenti di allora, ma per ispirazione dello Spirito
Santo e contrariamente all’uso dei tempi, egli ha offerto il pane ed il vino con
cerimonie e preghiere speciali, li ha alzati verso il cielo e li ha offerti all’Onnipotente
in gradito olocausto. Così egli merita di essere la figura di Cristo e il
suo sacrificio l’immagine del Sacrificio della legge nuova. Se dunque Gesù
Cristo è stato consacrato Sacerdote da Dio Padre, non secondo l’ordine di
Aronne che immolava gli animali, ma secondo l’ordine di Melchisedech che offriva
il pane ed il vino, è facile concludere che Egli, durante la sua vita mortale,
ha esercitato il suo ministero sacerdotale offrendo un Sacrificio di pane e di vino.

Ma, quando nostro Signore ha compiuto il ministero di sacerdote secondo l’ordine
di Melchisedech? Nel Vangelo, nell’ultima Cena, è accennato ciò che
si riferisce ad un’offerta di questa natura.

«Mentre erano a cena, Gesù prese del pane, lo benedisse, lo spezzò
e lo diede ai suoi discepoli dicendo: “Prendete e mangiate, questo è
il mio corpo”. Poi, preso il calice, rese grazie e lo dette loro dicendo: “Bevetene
tutti, perché questo è il mio sangue, il sangue della nuova Alleanza
che sarà versato, per la remissione dei peccati di molti”» (Mat.,
XXVI, 26-28). In queste parole non è detto che Gesù Cristo abbia offerto
il pane ed il vino, ma il contesto è così chiaro che non c’era bisogno
di farne una menzione formale. Del resto, se Gesù Cristo non ha offerto allora
il pane ed il vino, Egli non l’ha mai fatto. In questo caso non sarebbe stato sacerdote
secondo l’ordine di Melchisedech e mi domando che cosa significherebbe il linguaggio
di san Paolo: «Gli altri sacerdoti sono stati costituti senza giuramento, ma
questi col giuramento, perché Dio gli ha detto: “Il Signore ha giurato
e non verrà meno: Tu sei sacerdote in eterno…”. Questi, perché
dura in eterno, ha un sacerdozio che non passa» (Ebr., VII, 20-24).



Profezia di Malachia sul S. Sacrificio della Messa



Nel Concilio di Trento, la Chiesa ha dato, dunque, la vera interpretazione e il Sacrificio
nuovo è il vero Sacrificio puro, senza macchia che non può essere contaminato
da alcuna indegnità, da alcuna malizia del sacrificatore. Sacrificio che il
Signore annunciò, per bocca del profeta Malachia, doversi offrire dovunque
in suo nome. Malachia fa parlare così il Dio degli eserciti: “Ho cessato
di compiacermi in voi (sacerdoti dell’antica Alleanza) e, in avvenire, non riceverò
nessun dono dalle vostre mani, perché dall’oriente all’occidente, il mio nome
è grande in mezzo alle nazioni e in tutti i luoghi si offre un sacrificio
puro al mio nome” (Mal., 1, 10-11). Questo testo è stato considerato
da tutti i santi Padri come una profezia del santo Sacrificio della Messa. Questa
predizione, infatti, non è stata compiuta nell’Antico, ma solamente nel Nuovo
Testamento, come nel Nuovo fu realizzata la promessa fatta da Dio Padre a nostro
Signore: “Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato. Domandamele ed io ti darò
in eredità le nazioni” (Sal., II, 7-8). Sappiamo tutti che questo oracolo
si compì quando si convertirono i gentili.

La profezia di Malachia non si può precisamente applicare al Sacrificio che
nostro Signore consumò sulla Croce, come a torto pretendono di fare gli eretici,
perché questo Sacrificio non è stato offerto in tutti i luoghi, come
asserisce il profeta, ma in uno solo: sul monte Calvario. E non si può applicare
nemmeno alle nostre preghiere, né alle nostre buone opere, perché tanto
le une che le altre non sono un sacrificio assolutamente puro, ma anzi un’offerta
impura, come riconoscono gli eretici stessi e come dice Isaia: “Siamo tutti
impuri e le opere della nostra giustizia sono come un panno lordo” (Is., LXIV,
6). La profezia, dunque, deve esclusivamente riferirsi alla santa Messa, che è
l’unico Sacrificio del Nuovo Testamento, Sacrificio interamente puro, che Gesù
Cristo offre a Dio suo Padre, in tutti i tempi ed in tutti i luoghi per le mani dei
sacerdoti. Nostro Signore è il solo pontefice perfetto e sovrano e i sacerdoti
non sono che i suoi ministri; essi gli prestano le mani e la bocca. Infatti, essendo
Gesù Cristo invisibile ed il Sacrificio dovendo essere visibile, bisognava,
per farvi partecipare gli uomini, ricorrere necessariamente al ministero dei sacerdoti.
E per di più questo Sacrificio durerà fino alla fine del mondo e non
cesserà che alla venuta dell’Anticristo. Gli eretici fanno l’obiezione che
nella Sacra Scrittura non si trova la parola Messa. Va bene, ma non si trova nemmeno
la parola Trinità, ma non per questo siamo dispensati dal credere a questo
augusto mistero. La Scrittura non prescrive neanche il riposo domenicale e nemmeno
il battesimo dei bambini, eppure questi sono per noi strettissimi obblighi. La parola
Messa non figura nella Bibbia, la leggiamo nelle opere dei papi come san Clemente,
terzo successore di san Pietro, sant’Evaristo e sant’Alessandro che sono vissuti
nel primo secolo. Sant’Agostino, sant’Ambrogio, san Giovanni Crisostomo e molti altri
adoperano la parola Messa quando parlano del Sacrificio del Nuovo Testamento. Sant’Ambrogio,
in una delle sue lettere scrive: “Restai al mio posto, cominciai la santa Messa
e… durante il Sacrificio pregai Dio affinché si degnasse venire in nostro
soccorso” (Ep., XX, 4, 5.). Sant’Agostino se ne serve incidentalmente: “Nelle
Lezioni che leggiamo nella Messa – dice – riconosceremo…” (Serm. 91, de Temp.).

Notate bene che il modo col quale questi due santi Padri si sono serviti della parola
Messa, prova che l’uso ne era allora generale.

La tradizione ci insegna che gli apostoli stessi hanno offerto il Sacrificio della
Messa. San Matteo fu ucciso all’altare, mentre celebrava i divini misteri. Secondo
la leggenda sant’Andrea diceva al giudice Egea: “Ogni giorno io sacrifico a
Dio onnipotente non la carne dei tori o il sangue dei montoni, ma l’Agnello immacolato”.
Abbiamo ancora le liturgie della Messa di san Giacomo e di san Marco, cioè
preghiere e cerimonie relative al santo Sacrificio, che troviamo nel primo volume
della Biblioteca dei Padri: l’una fu in uso a Gerusalemme e l’altra ad Alessandria
d’Egitto.

La parte della Messa chiamata Canone che va dal Sanctus alla Comunione ci viene da
san Pietro; soltanto più tardi furono aggiunte, da alcuni santi papi, alcune
frasi al testo primitivo. È evidente che la Messa fu in uso nella Chiesa
fin dai primi tempi e che è stata sempre riconosciuta, sotto questo nome,
come il vero Sacrificio del Nuovo Testamento.



La S. Messa attaccata dagli eretici



Vediamo ora come la Messa è stata attaccata dagli eretici. Le tempeste furiose
che il demonio suscitò in differenti epoche contro questo adorabile Sacrificio,
ne dimostrano la grande importanza.

Si spiega facilmente come, nei primi dieci secoli della Chiesa, la Messa non fu attaccata
nella sua essenza. I giudei e i pagani erano abituati a considerare il sacrificio
come il centro di ogni religione e perciò anche le più detestabili
eresie al principio erano costrette a rispettare il Sacrificio dei cristiani, altrimenti
tutti si sarebbero allontanati da loro con orrore. Prima di tentare un’impresa così
audace il nemico doveva fare una laboriosa preparazione. E primo strumento della
sua opera infernale fu l’orgoglioso e spergiuro Berengario di Tours, che visse dal
10 15 al 1088.

È vero che questo infelice ritornò alla vera fede otto anni prima della
sua morte e si estinse, sinceramente pentito, nel seno della Chiesa cattolica. Ma
quello che aveva seminato germogliò segretamente e, qualche anno più
tardi, se ne videro gli effetti nell’eresia degli albigesi. Questa setta immorale
ed empia inveiva violentemente contro la Messa, ma specialmente contro la Messa piana
e quelli che la celebravano furono vittime di innumerevoli delitti. Il beato Cesario
di Heisterbach, contemporaneo della persecuzione (poiché morì nel 1240)
ci racconta che gli albigesi punivano molto severamente i sacerdoti che dicevano
la Messa piana. Un pio ecclesiastico che ardeva di zelo per l’onore del santo Sacrificio,
non si lasciò distogliere dal compimento del suo ministero, né dalle
proibizioni, né dalle minacce e, scoperto dagli eretici, fu accusato e condotto
davanti al tribunale, dove subì l’interrogatorio del magistrato che gli disse:
“Mi viene assicurato che, nonostante la nostra esplicita proibizione, tu hai
celebrato una Messa piana. È vero?”. Il sacerdote rispose senza timore:
“Ti risponderò come i santi apostoli ai giudei che domandavano loro se
avevano predicato Gesù Cristo nonostante la loro proibizione: bisogna obbedire
a Dio piuttosto che agli uomini. Ed ecco perché, a dispetto delle vostre ingiuste
leggi, ho detto la Messa in onore di Dio e della sua santa Madre”. I giudici
furono talmente irritati da questa franca confessione che ricoprirono di ingiurie
lo zelante sacerdote, lo maltrattarono e alla fine, davanti a tutto il popolo, gli
fecero strappare la lingua dal carnefice.

Il martire sopportò, con ammirabile pazienza, questo orribile supplizio e,
con la bocca piena di sangue, andò in chiesa, si inginocchiò davanti
all’altare sul quale aveva celebrato, espose umilmente le sue sofferenze alla santa
Vergine e, non potendo parlare, si raccomandò col cuore alla protezione di
questa Madre di misericordia (Lib. VII, 24).

Tralasceremo di dire come fu soccorso. Ci basta mostrare con quale rabbia infernale
gli eretici perseguitavano i sacerdoti nei quali lo zelo era più forte del
timore dei tormenti. Le parole che il beato Cesario ha posto al principio del suo
libro di esempi, varranno a convincerci della verità di questo racconto. Egli
dice: “Prendo Dio a testimone, che non ho riferito qui se non ciò che
ho veduto con i miei propri occhi o sentito dalla bocca di uomini che sarebbero morti
piuttosto che mentire”. Per dare pertanto una nuova sanzione alla santa Messa,
Dio ha operato molti miracoli simili a questo. Il beato Cesario ne narra una cinquantina.
Leggete la sua opera che, fortificando la vostra fede, aumenterà la vostra
devozione per il santo Sacrificio.

La dottrina che combatteva l’olocausto della nuova Alleanza, minacciava l’ordine
civile e politico ad un tempo e, con le armi in pugno, voleva propagare i suoi empi
errori.

Ma, secondo le parole del Maestro: “Chiunque colpirà con la spada, di
spada perirà”, essa fu quasi interamente distrutta in una guerra scatenata
dagli eretici contro i sacerdoti nei quali lo zelo era più forte del timore
dei carnefici della terra. Ma quando il demonio ha cominciato una battaglia non abbandona
tanto presto il campo e, mentre un’eresia soccombe, ne suscita un’altra. Se, per
la ragione addotta sopra, i primi eresiarchi non osarono attaccare il santo Sacrificio,
in seguito non vi fu errore che non lo colpisse.

L’infelice Martin Lutero fin dal 1517 si era separato dalla Chiesa, in seno alla
quale aveva trascorso, fino allora, una vita tranquilla, ma non rinnegò questo
divino mistero che molti anni più tardi, per insinuazione del demonio.

Dio ha voluto che il miserabile facesse la confessione della sua ignominia, affinché
nessuno la mettesse in dubbio, scrivendo, di proprio pugno, la lunga disputa che
ebbe con il diavolo su questo argomento.

Qui non riferirò che poche cose di quelle che egli scrive nel suo libro Della
Messa bassa e della consacrazione sacerdotale
: “Una volta mi accadde di
svegliarmi tutto ad un tratto verso mezzanotte, e il diavolo cominciò a contrastare
così con me: “Sai tu, sapiente dottor Lutero, che per quindici anni hai
detto quasi ogni giorno una Messa piana?… E se una tal Messa non fosse che una
spaventosa idolatria?… E se tu non avessi adorato che del pane e del vino?”.
Gli risposi: “Sono stato costituito sacerdote, consacrato, unto e ordinato dal
vescovo ed ho agito per obbedienza verso i miei superiori. Perché non avrei
consacrato, se ho pronunziato seriamente le parole di Gesù Cristo e celebrato
la Messa?”. Il demonio replicò: “Sta bene tutto questo, ma anche
i turchi e i pagani nei loro templi compiono i riti per obbedienza. Ma se la tua
consacrazione e la tua ordinazione fossero false, come è falso il culto degli
infedeli? Tu sai bene che una volta, quando professavi il papismo tu non avevi né
conoscenza di Gesù Cristo, né vera fede… perché come tutti
i sacerdoti e i vescovi consideravi Gesù come un giudice severo e per giungere
a Lui ricorrevi a Maria ed ai santi che erano intermediari fra Lui e te ed in tal
modo gli sottraevi l’onore che gli è dovuto; né il papa, né
tu potete negarlo. E perciò ti dico che essendo ordinati ed unti come i pagani,
non potete aver consacrato”. In questa angosciosa lotta volevo difendermi –
continua Lutero- e dissi (come ero abituato a fare quando ero papista): “Anche
quando io non avessi avuto la vera fede, la Chiesa supplisce alla mia insufficienza”.
Ma il demonio replicò: “Dov’è scritto che la fede della Chiesa
sia sufficiente? Tu non puoi provarlo con la parola di Dio ed io posso asserire che
tutto l’insegnamento della Chiesa cattolica è un tessuto di errori”.
Il demonio menzognero disse questa e molte altre cose che abbrevio, per non dilungarmi
troppo. Vinto dalla sua parola finii per confessare che avevo peccato celebrando
la Messa e che, come Giuda, ero incorso nella pena della dannazione”.

Ecco l’uomo accecato che riconosce di aver ricevuto lezioni dal diavolo. Eppure,
sapeva bene che esso non insegna che il male e odia tutto ciò che è
bene. Se Lutero, invece di avere l’intenzione della Chiesa, avesse ritenuto la Messa
una pratica superstiziosa, il demonio non lo avrebbe certo tentato in tal modo. Lungi
dal distoglierlo dall’altare lo avrebbe invece incoraggiato a salirvi, perché
moltiplicasse gli atti di idolatria e oltraggiasse maggiormente Iddio.

Non soltanto i luterani ripudiarono la santa Messa, ma a loro si unirono i calvinisti,
gli zwingliani e tutte le altre sette che pullularono dopo Lutero. Arrivarono perfino
a proclamare che essi ritenevano questo sublime mistero come un’abominevole idolatria.
Così parlano i calvinisti nel loro catechismo di Heidelberg. Non mi prolungherò
a confutare questa bestemmia, ma non posso nemmeno tacerla. Se fosse vero quello
che sostengono gli eretici, bisognerebbe concludere che dalla venuta di nostro Signore
non si è salvato nessuno. Infatti gli stessi apostoli e tutti i sacerdoti
dopo di loro hanno detto la Messa; i martiri ed i confessori l’hanno ascoltata con
devozione e l’hanno stimata come la più grande opera della pietà cristiana.
È evidente, pertanto, che se essa fosse un’idolatria ed una negazione del
Sacrificio unico di Gesù Cristo, gli apostoli e tutti i cristiani, partecipandovi,
avrebbero offeso Dio gravemente e meritato l’eterna dannazione. Nessun uomo dabbene
può osare tenere questo linguaggio, né prestare fede alla dottrina
calvinista. San Fulgenzio dice: “Credete fermamente e senza alcun dubbio che
il Figlio unico di Dio fatto uomo si è offerto per noi in Sacrificio all’Onnipotente,
come vittima di gradito odore. A Lui, uno col Padre e con lo Spirito Santo, i patriarchi,
i profeti ed i sacerdoti dell’Antico Testamento offrivano sacrifici di animali; e
a Lui sotto la legge nuova, la santa Chiesa cattolica non cessa di offrire, in tutto
l’universo, nella fede e nella carità, il Sacrificio del pane e del vino”
(De fide ad Petrum, c. 19). Giudicate ora se si deve credere a san Fulgenzio, uno
dei più illustri discepoli di sant’Agostino o a Lutero e Calvino, che sono
due apostati. Pietro di Cluny disse a questi due eresiarchi: “Se il mondo volesse
accettare le vostre nuove lezioni succederebbe, sotto l’era di grazia quello che
non è mai accaduto nei tempi dell’ira. I cristiani dovrebbero cessare di offrire
il Sacrificio e il culto di Dio, che è sempre esistito, sparirebbe completamente
dalla superficie del globo. Sì, o nemici di Dio, la Chiesa asserisce che senza
Sacrificio non può sussistere e in ogni occasione insegna ai suoi figli che
non ne ha altri, all’infuori del Corpo e del Sangue del suo Salvatore e che ad ogni
Messa rinnova quello che Egli stesso ha fatto una sola ed unica volta sul Calvario”(Ep.
2). Vigiliamo affinché non ci avvenga quello che è accaduto agli eretici.
Per loro maggior disgrazia, il nemico del genere umano li ha privati della santa
Messa e non potendo rapirla interamente a noi, si sforza di accecarci e di intorpidirci
nell’ignoranza della sua efficacia. Tuttavia dobbiamo confessare che, se la malizia
del demonio non è estranea alla negligenza che hanno gli uomini di istruirsi
su questo punto, dobbiamo dare una gran parte di responsabilità anche alle
rare predicazioni ed istruzioni ed alla mancanza di scritti su questo augusto mistero.
Esso non è spiegato abbastanza ai fedeli e molti lo ignorano o vi assistono
senza devozione.



Maggiore conoscenza del S. Sacrificio



Per rimediare a questo male la Chiesa ha ordinato ai pastori delle anime, per mezzo
del Concilio di Trento, di predicare spesso sul santo Sacrificio e “di spiegare
essi stessi o di fare spiegare da altri, durante la celebrazione, qualche punto delle
preghiere che vi sono dette o di commentare qualcuno dei misteri che racchiude, specialmente
nelle domeniche e nei giorni di festa” (Sess. XXII, 8).

Questo decreto di un Concilio ecumenico obbliga tutti i sacerdoti che hanno cura
di anime, ma sono pochi quelli che se ne danno pensiero con grave danno della Chiesa.
Il popolo che ignora tutta l’efficacia della Messa non l’ama e non la stima. La trascura
nei giorni feriali, la domenica e le feste l’ascolta con negligenza e distrazione,
arrivando addirittura, senza scrupolo e senza una giusta ragione, a non assistervi.

La causa principale di questo male è il silenzio dei parroci. Ne risponderanno
davanti a Dio, perché, se si conformassero agli ordini della Chiesa e, almeno
qualche volta all’anno, parlassero di una questione così importante, sarebbe
impossibile che il popolo non apprezzasse altamente questo prezioso tesoro e non
vi fosse devotissimo.

Niente più utile della santa Messa, se ne persuadano i cristiani e non abbandonino
facilmente l’abitudine di assistervi, nemmeno nei giorni in cui non c’è l’obbligo
di ascoltarla.






Testo tratto
da: P. Martino de Cochem, La Santa Messa, Milano 1937/3, pp 13-25.