Condizioni poste ai valdesi che ritornavano al cattolicesimo

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Innocenzo
III

Lettera Eius exemplo

(18-12-1208)








Questa professione
di fede fa parte di una lettera di Innocenzo III all’arcivescovo di Tarragona, ed
è in sostanza quella che Valdo aveva firmato in un concilio a Lione (1179-1181).
Vi si ripropone la formula tradizionale già usata da Cipriano, ma applicata
esplicitamente alla Chiesa romana. Tra le condizioni che Innocenzo III pose ai valdesi
che ritornavano al cattolicesimo c’era l’esplicita professione di fede nella presenza
reale. Nel comunicare la formula all’arcivescovo di Tarragona, perché fosse
sottoscritta da Durando di Huesca e dai suoi compagni, il papa però non mette
in dubbio la loro fede su questo punto, riconoscendo che in ciò sono ortodossi.
Notare con quanta energia inculca che l’Eucaristia può essere celebrata soltanto
dai presbiteri.

TESTO: PL 215,
1511.




























Corde credimus
et ore confitemur unam Ecclesiam non haereticorum, sed sanctam Romanam catholicam,
apostolicam, extra quam neminem salvari credimus.
Crediamo con il cuore
e professiamo con le labbra una sola Chiesa, non quella degli eretici, ma quella
romana, santa, cattolica ed apostolica, fuori della quale non crediamo che nessuno
possa salvarsi.
Sacramenta quoque,
quae in ea celebrantur, inaestimabili atque invisibili virtute Spiritus Sancti cooperante,
licet peccatore sacerdote ministrentur, dum Ecclesia eum recipit, in nullo reprobamus,
nec ecclesiasticis officiis vel benedictionibus ab eo celebratis detrahimus, sed
benevolo animo tamquam a iustissimo amplectimur, quia non nocet malitia episcopi
vel presbyteri neque ad baptismum infantis neque ad Eucharistiam consecrandam nec
ad cetera ecclesiastica officia subditis celebrata.
Non riproviamo in
nulla i sacramenti che in essa si celebrano con la cooperazione dell’inestimabile
e invisibile potenza dello Spirito santo, anche se araministrati da un sacerdote
peccatore, purché riconosciuto dalla Chiesa, né disprezziamo le ufficiature
ecclesiastiche e le benedizioni da lui celebrate, ma le accettiamo con animo benevolo
come se venissero dal più giusto, perché la malizia di un vescovo o
di un sacerdote non pregiudica né il battesimo del bambino, né la consacrazione
dell’eucaristia, né gli altri uffici ecclesiastici celebrati per i fedeli.
Approbamus ergo
baptismum infantium, qui si defuncti fuerint post baptismum, antequam peccata committant,
fatemur eos salvari et credimus; et in baptismate omnia peccata, tam illud originale
peccatum contractum quam illa, quae voluntarie commissa sunt, dimitti credimus.
Approviamo poi il
battesimo dei bambini, e confessiamo e crediamo che se muoiono dopo il battesimo
ma prima di commettere peccati si salvano, e crediamo che nel battesimo sono rimessi
tutti

i peccati, tanto il peccato originale ereditato quanto quelli commessi volontariamente
Confirmationem
ab episcopo factam, id est impositionem manuum, sanctam et venerande esse accipiendam
censemus.
Riteniamo che sia
da considerare santa e veneranda la confermazione conferita dal vescovo, cioè
l’imposizione delle mani.
Sacrificium, id
est panem et vinum, post consecrationem esse verum corpus et verum sanguinem Domini
nostri Iesu Christi, firmiter et indubitanter corde puro credimus et simpliciter
verbis fidelibus affirmamus, in quo nihil a bono maius nec a malo minus perfici credimus
sacerdote; quia non in merito consecrantis, sed in verbo efficitur Creatoris et in
virtute Spiritus Sancti.
Crediamo con cuore
sincero e senza esitazioni e affermiamo a chiare parole che il sacrificio, cioè
il pane e il vino [al: che nel sacrificio dell’Eucaristia ciò che prima
era pane e vino] dopo la consacrazione sono il vero corpo e il vero sangue di nostro
Signore Gesù Cristo, e crediamo che né il sacerdote degno fa di più,
né l’indegno di meno, perché non è effetto dei meriti del consacrante,
ma della parola del Creatore e della potenza dello Spirito Santo.
Unde firmiter
credimus et confitemur, quod quantumcumque quilibet honestus, religiosus, sanctus
et prudens sit, non potest nec debet Eucharistiam consecrare nec altaris Sacrificium
conficere, nisi sit presbyter, a visibili et tangibili episcopo regulariter ordinatus.
Ad quod officium tria sunt, ut credimus, necessaria: scilicet certa persona, id est
presbyter ab episcopo, ut praediximus, ad illud proprie officium constitutus, et
illa sollemnia verba, quae a sanctis Patribus in canone sunt expressa, et fidelis
intentio proferentis; ideoque firmiter credimus et fatemur, quod quicumque sine praecedenti
ordinatione episcopali, ut praediximus, credit et contendit, se posse sacrificium
Eucharistiae facere, haereticus est et perditionis Core et suorum complicum est particeps
atque consors [Nm 16,1], et ab omni sancta Romana Ecclesia segregandus.
Crediamo quindi fermamente
e confessiamo che, per quanto sia onesto, refigioso, santo e prudente, non può
chiunque né deve consacrare l’eucaristia né celebrare il sacrificio
dell’altare se non è presbitero, regolarmente ordinato da un vescovo visibile
e tangibile. Secondo la nostra fede, tre cose sono necessarie per quest’ufficio,
e cioè: una persona particolare, vale a dire un presbitero abilitato specificamente
a questo servizio da un vescovo, come detto sopra; le solenni parole stabilite per
il canone [della messa] dai santi padri; l’intenzione fedele di chi le pronunzia.

Perciò fermamente crediamo e confessiamo che chiunque crede e presume di poter
celebrate il sacrificio dell’Eucaristia senza la previa ordinazione episcopale, come
abbiamo detto sopra, è eretico e partecipe e accomunato alla perdizione di
Core e dei suoi complìci (cf Nm 16,1 ss), e dev’essere separato da
tutta la santa romana Chiesa.






testo tratto
da: J. COLLANTES a c. di, La fede della Chiesa cattolica. Le idee e gi uomini
nei documenti del Magistero
, Città del Vaticano 1993, pp. 743, 415-16.