Come la Sacra Scrittura ci dichiara due tipi d’orazione

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.

 

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TRATTATO V. DELL'ORAZIONE

 

 

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CAPO V. Come la Sacra Scrittura ci dichiara queste due sorta d'orazione.

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1. Natura dell'orazione mentale ordinaria.
2. Natura della straordinaria.
3. Per conto nostro contentarci dell'ordinaria.

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1. Queste due sorta d'orazione, delle quali abbiamo parlato, ci vengono meravigliosamente dichiarate dallo Spirito Santo nell'Ecclesiastico. Dice ivi dell'uomo savio, il quale dalla Chiesa è interpretato per l'uomo giusto: «Egli di buon mattino svegliandosi rivolgerà il cuor suo al Signore, che lo creò, e al cospetto dell'Altissimo farà la sua orazione» (Eccli, 39, 6). Mette prima l'orazione ordinaria, dicendo che il giusto si leverà la mattina di buon'ora, che è il tempo comodo per l'orazione, e per questa molto rammemorato nella Scrittura. Così in più luoghi dei Salmi leggiamo che diceva David: «Al mattino mi porrò innanzi a te… Prevenni il mattino ed alzai le mie grida… Prima del mattino a te si volsero gli occhi miei per meditare la tua legge… A te aspiro al primo apparire della luce» (Ps. 5, 4; 118, 147-48; 62, 1). Dice poi, svegliandosi, perché intendiamo che conviene stare all'erta e non addormentarsi, né farsi, a modo di dire, un cuscinetto dell'orazione. Di più dice che «darà il suo cuore» in potere dell'orazione, per significarci che non sta ivi solamente col corpo, tenendo poi il cuore in altri affari; ché questo non è fare orazione, anzi è questa chiamata dai Santi «una sonnolenza di cuore» ed effetto di cuore sonnacchioso e rilassato. Che è di grande impedimento per l'orazione, perché impedisce la riverenza che dobbiamo avere per trattare con Dio. E qual è quella cosa che cagiona questa riverenza nell'uomo giusto? Eccola. Il considerare che sta alla presenza di Dio e, che va a parlare a quella sì grande Maestà, questo lo fa stare con riverenza e con attenzione. Questa è la preparazione e disposizione colla quale abbiamo da andare all'orazione.

Ma vediamo che orazione è quella che fa il giusto. Aprirà la sua bocca nell'orazione e comincerà col chiedere a Dio perdono dei suoi peccati e col confondersi e pentirsi di essi (Eccli. 19, 7). Questa è l'orazione che noi altri abbiamo da fare dalla parte nostra, piangere le nostre colpe e peccati, e chiedere a Dio misericordia e perdono di essi. Non ci dobbiamo contentare di dire: già feci una confessione generale nel principio della mia conversione, e allora mi trattenni alcuni giorni in piangere e in pentirmi dei miei peccati. Non conviene che, confessati i peccati, ci dimentichiamo di essi, ma che procuriamo di tenerli sempre dinanzi agli occhi, come confessa di sé che faceva il Santo David: «Il mio peccato mi sta sempre davanti» (Ps. 50, 5).

Dice molto bene S. Bernardo sopra quelle parole: «il talamo nostro è fiorito» (S. BERN. in Cant. serm. 46, n. 6). Il tuo letto, cioè il tuo cuore, se ne sta tuttavia puzzolente; non è finito ancora di levarsi via da esso il cattivo odore dei vizi e delle male inclinazioni che portasti dal secolo; e hai ardire d'invitare lo Sposo, che venga ad esso; e già vuoi trattare d'altri esercizi alti ed elevati d'amore e d'unione con Dio, come se tu fossi perfetto? Tratta prima di mondare e di lavar molto bene il tuo letto con lagrime, dicendo con David: «Laverò di pianto tutte le notti il mio letto; il luogo del mio riposo irrigherò colle mie lagrime» (Ps. 6, 6). Tratta prima di adornarlo coi fiori della virtù, e poi inviterai lo Sposo che venga ad esso, come faceva la Sposa. Tratta del bacio dei piedi, umiliandoti e dolendoti grandemente dei tuoi peccati; e del bacio delle mani, cioè d'offrir a Dio opere buone, e di procurar di ricevere dalle sue mani le vere e sode virtù; e cotesto altro terzo bacio della bocca lascialo per quando Dio si compiacerà d'innalzarti ad esso.

Si dice d'un Padre molto antico e molto spirituale, che se ne stette vent'anni in questi esercizi della via purgativa; e noi altri subito ci stanchiamo e vogliamo salire al bacio della bocca e ad esercizi d'amore di Dio. Vi bisogna buon fondamento per tirar su una fabbrica tanto alta. E v'è in questo esercizio, oltre molti altri beni e utilità, di cui appresso parleremo, questo particolar bene, che è un rimedio molto grande e una medicina molto preservativa per non cader in peccato. Perché uno che continuamente sta odiando il peccato e confondendosi e dolendosi d'aver offeso Dio; sta molto lontano dal commetterlo di nuovo. E per contrario avvertono i Santi, che la cagione d'esser caduti alcuni, che parevano molto spirituali e uomini di orazione, e forse erano tali, è stato il mancamento di questo esercizio; perché si diedero di tal maniera ad altri esercizi e ad altre considerazioni soavi e gustose, che si dimenticarono dell'esercizio della cognizione di se stessi e della considerazione dei loro peccati. Onde vennero a fidarsi troppo di se medesimi e a non camminare con tanto timore e circospezione quanto dovevano; e con ciò incorsero in quello in cui non dovevano incorrere. Perché presto si dimenticarono della loro bassezza, presto anche caddero dall'altezza nella quale pareva loro di essere. Per questo dunque conviene grandemente che la nostra orazione per lungo tempo sia il piangere i nostri peccati, come dice il Savio, sin a tanto che il Signore ci porga la mano e ci dica: «Amico, vieni più in su» (Luc. 14, 10).

 

2. Vediamo ora qual è l'orazione alta e specialissima, che il Signore dà quando a lui piace. Soggiunge subito il Savio: «Se il Signore vorrà, lo riempirà di spirito d'intelligenza» (Eccli. 39, 8). Dice: «se il Signore vorrà», perché questo non è un patrimonio, o un censo ereditario che sia dovuto ad alcuno; ma è una 'grazia molto liberale e molto gratuita dell'Altissimo. Starai nell'orazione: e in tal tempo accade talvolta che venga un lume dal cielo, un lampo, il quale ti scopre nuove verità nella cosa, alla quale prima stavi pensando; e queste con tale chiarezza, che tosto incominci a molto apprezzare e stimare quello che prima non intendevi né capivi. Questo è il dono d'orazione. Quante volte t'eri trovato a meditare lo stesso punto, o mistero, e neppure una minima riflessione avevi fatta su quella verità che ora penetri sì vivamente e con tanto tuo gusto?

Chiama poi questo il Savio spirito d'intelligenza; perché non pare altro che una semplice apprensione, o vista della cosa che si rappresenta, tanto si trova l'uomo quieto e tranquillo con quel lume! Avviene di qua non di rado che la persona s'imbatte in una immagine del tutto finita e molto perfetta, e la sta rimirando per un gran pezzo fissamente, senza svagarsi altrove e senza né pure muovere le palpebre degli occhi, con un gusto e con una sospensione e ammirazione grande, che non si sazia di guardarla. Ora così a proporzione possiamo dire che è di questa orazione e contemplazione alta ed elevata; oppure, per dir meglio, possiamo dire che è in un certo modo a guisa della contemplazione con cui i Beati nel cielo stanno vedendo Dio. Consiste la beatitudine in cielo nella visione e contemplazione di Dio. Staremo noi colà assorti tutti ed immersi in vedere ed amar Dio eternamente, con una semplice vista di quella Divina Maestà, godendo della sua presenza e della sua gloria, senza svagarci né stancarci giammai di starlo rimirando; anzi sempre ci parrà nuovo quel cantico e quella divina manna, e ne staremo del continuo godendo con una ammirazione che sempre sarà come nuova. Ora in questa maniera passa qui in terra quest'alta e perfetta orazione, e quella che chiamano contemplazione, quando il Signore si compiace di farne dono, che uno mai non si sazia di stare rimirando e contemplando Dio, senza svagarsi né stancarsi, ma con una semplice vista sta in lui tutto attuato.

Dice poi: «Io riempirà», perché è tanto abbondante e tanto copiosa questa grazia, che ridonda e non cape in così stretto vaso. E soggiunge subito quello che da ciò segue: «Ed egli spanderà come pioggia gli insegnamenti di sua sapienza ed al Signore darà lode nell'orazione» (Eccli. 39, 9), mentre di qua poi provengono gli affetti e i colloqui. Questo è il tempo proprio per parlare con Dio, quando l'anima si trova mossa, ammaestrata ed elevata con quel lume e quella sapienza celeste. E così il nostro S. Padre dice, che in questo tempo si hanno da fare i colloqui. «Quando ci sentiamo spiritualmente mossi, veniamo ai colloqui» (Lib. Exercit). Si noti bene quella parola; dopo che noi ci siamo serviti del discorso delle nostre potenze, meditando e considerando, quando la meditazione ha già infiammato il cuore e ci sentiamo mossi a ciò, allora è il tempo dei colloqui e del trattare famigliarmente con Dio, e del domandare ed ottenere le grazie. perché l'orazione che esce dal cuore già tocco da Dio è quella che egli esaudisce e che trova favorevole spedizione presso la Maestà Sua; e, come dice S. Agostino (S. AUG. Serm. 61, c. 4 et 5; serm. 105, c. 1), quando Dio muove l'uomo a chiedere, è segno che gli vuol dare quello che chiederà. Questa è l'orazione specialissima, che Dio dà a chi piace a lui. «Perochè se il grande Padrone vorrà, lo riempirà di spirito d'intelligenza» (Eccli. 39, 8). Se il Signore, il quale è grande e potente, vorrà, facilmente potremo fare questa orazione alta e sublime.

3. Ma se il Signore non si compiacerà di elevarci a questa così alta orazione, dice S. Bernardo che non dobbiamo perciò affliggerci né perderci d'animo, ma abbiamo da contentarci dell'esercizio delle virtù, e d'esser conservati dal Signore nell'amicizia e grazia sua, e di non essere da lui lasciati cadere in peccato. Piaccia pure a Dio, dice, di darmi pace, bontà, gaudio nello Spirito Santo, misericordia, semplicità e carità coi prossimi; che di questo mi contenterò. Codeste altre contemplazioni alte siano pur nella buon'ora per gli Apostoli e per i Santi (S. BERN. In Cant.. serm. 46, n. 9). Codesti monti alti di contemplazione (Ps. 103, 18) siano per coloro i quali con agilità di cervi e di damme corrono alla perfezione; io che sono un riccio pieno di spine, di difetti e di peccati mi ricovererò nei buchi di quella pietra che è Cristo, per nascondermi nelle sue piaghe e per lavare le mie colpe e i miei peccati col sangue che esce da esse; e quivi sarà la mia orazione.

Se dunque il glorioso S. Bernardo si contenta dell'esercizio della virtù e del dolore e contrizione dei peccati e lascia codesta orazione specialissima per gli uomini apostolici e per i Santi grandi, a cui piacerà al Signore di comunicarla; sarà bene di ragione che noi altri ancora ci contentiamo del medesimo; e che questo sia il nostro esercizio dell'orazione, il dolerci e confonderei dei nostri peccati, l'attendere a mortificare le nostre passioni e sradicare i vizi e le male inclinazioni; a vincere tutte le ripugnanze e difficoltà che ci possono occorrere nella via della virtù. E quest'altra orazione specialissima e sublime lasciamola per quando il Signore si compiacerà di chiamarci ed elevarci ad essa. Ed anche allora, quando ci paresse d'esservi chiamati, bisognerà che siamo molto circospetti e che stiamo molto avvertiti, perché sogliono esser in questo molti inganni. Alle volte l'uomo si pensa che Dio lo chiami a questa orazione per non so che di dolcezza e di soavità, o facilità che sente nell'esercizio dell'amor di Dio; e non lo chiama veramente, ma egli da sé s'innalza e s'intromette; perché il demonio l'inganna e l'acceca, affinché lasci quel che gli fa di bisogno, non faccia niente e non profitti nell'una e nemmeno nell'altra orazione.

Dice molto bene un gran maestro di cose di spirito (LUDOV. BLOSIUS, Spec. spirito c. 11, § 2): Siccome sarebbe poca prudenza che si mettesse a sedere alla tavola del re, senza suo ordine e licenza, quegli a cui lo stesso re aveva data commissione d'assistere ad essa e di servir in quel ministero; così fa molto male procede con malissima creanza colui che si vuol dare totalmente al dolce ozio della contemplazione, ma non essendo a ciò evidentemente chiamato dallo stesso Dio. E S. Bonaventura (S. BONAV. De extern. etc. l. 3, c. 67, n. 4) dà in questo un buonissimo consiglio, dicendo che l'uomo si eserciti in quella cosa che è sicura ed utile; cioè in estirpare da sé i vizi e le male inclinazioni e in acquistare le vere virtù; perché questa è una strada molto piana e molto sicura, nella quale non può esser inganno alcuno; ma quanto più uno attenderà alla mortificazione, all'umiliazione e alla rassegnazione, tanto più piacerà a Dio e tanto più meriterà dinanzi a lui. E in codesti altri modi squisiti e straordinari, dice S. Bonaventura, vi sogliono essere molti inganni e illusioni del demonio; perciocché molte volte uno si pensa che sia da Dio quello che non è da Dio, e che sia una gran cosa quello che è niente. E così questo ci ha da servire di regola per giudicare di quello, e non quello per giudicare di questo; ché tale è la dottrina comune dei Santi, siccome or ora vedremo.