Atti di volontà per l’esercizio della presenza di Dio

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.

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TRATTATO VI. DELLA PRESENZA DI DIO

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CAPO III. Degli atti della volontà nei quali principalmente consiste quest'esercizio; e come abbiamo da esercitarci in essi.

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1. Utilità delle giaculatorie.
2. Di una in particolare.
3. Prender occasione da tutto per ricordarsi di Dio. Giaculatorie secondo le tre vie della perfezione.
4. Ma sono buone per tutti.

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1. S. Bonaventura, nella sua Mistica Teologia (S. BONAV. Myst. Theol. c. 3 et Epist. 25, n. 22) dice che gli atti della volontà, coi quali in questo santo esercizio abbiamo da alzare il cuore a Dio, sono certi accesi desideri del cuore, coi quali l'anima desidera unirsi con Dio con perfetto amore; certi affetti infiammati, certi sospiri vivi, coi quali ella chiama Dio; certi moti pii e amorosi della volontà, coi quali, come con ali spirituali, si stende ed alza in alto e si va accostando e unendo più a Dio. Questi desideri e affetti del cuore veementi ed accesi sono dai Santi chiamati aspirazioni; perché con essi il cuore si alza a Dio, che è lo stesso che aspirare a Dio: ed anche, come dice S. Bonaventura, perché, siccome respirando ricaviamo e tramandiamo senza alcun altro atto deliberato il fiato, dalla parte più intima del nostro corpo, così con gran prestezza e alle volte senza deliberazione, o quasi senza essa, caviamo questi accesi desideri dall'intimo del nostro cuore. Queste aspirazioni e questi desideri vengono dall'uomo espressi con certe brevi e frequenti orazioni che chiamano giaculatorie; perché sono come certi dardi e saette infocate che escono dal cuore e in un punto si lanciano e drizzano a Dio (S. AUG. Epist. 130 ad probam, c. 10).

Usavano assai queste orazioni quei monaci dell'Egitto come dice Cassiano, «brevi sì, ma frequentissime» (CASSIAN. De coenob. inst. l. 2, c. 10); e le stimavano e ne facevano gran conto; sì perché, brevi come sono, non stancano il capo; sì anche perché si fanno con fervore e con spirito elevato, e in un punto si trovano nel cospetto di Dio; e così non danno tempo al demonio di frastornare colui che le fa, né di mettergli nel cuore impedimento alcuno. Dice S. Agostino certe parole degne di considerazione per tutti quelli che fanno professione d'orazione; le quali mostrano l'utilità di queste giaculatorie, che servono acciocché quella vigilante e viva attenzione, che è necessaria per orare colla dovuta riverenza e rispetto, non si vada rimettendo e perdendo, come suole avvenire nell'orazione lunga (S. AUG. Loc. cit.). Ora con queste orazioni giaculatorie procuravano quei santi monaci di star sempre in questo esercizio, alzando molto spesso il cuore a Dio e trattando e conversando con lui.

2. Questo modo di stare alla presenza di Dio è comunemente più a proposito per noi altri, più facile e più utile. Ma bisognerà dichiarar meglio la pratica di questo a esercizio. Cassiano (CASSIAN. Coll. 10, c. 10) la mette in quel versetto, che la Chiesa replica nel principio di ciascuna ora canonica. Se cominci qualche affare pericoloso chiedi a Dio che t'aiuti per uscirne bene. «Signore, rivolgiti in aiuto mio: di Signore, non tardare ad aiutarmi». Per ogni cosa abbiamo necessità del favore del Signore, e così sempre gliel'abbiamo da andare chiedendo. E dice Cassiano che questo versetto è meraviglioso e molto a proposito per esprimere tutti i nostri affetti in qualsiasi stato e in qualsivoglia occasione ci vediamo; perché con esso invochiamo l'aiuto di Dio; con esso ci umiliamo e riconosciamo la nostra necessità e miseria; con esso ci alziamo su e confidiamo di esser uditi e favoriti da Dio; con esso ci accendiamo nell'amor del Signore, che è il nostro rifugio e il protettore nostro. Per quante battaglie e tentazioni ti si possano presentare, dice Cassiano, hai qui in pronto un fortissimo scudo, una corazza impenetrabile e un muro inespugnabile: e così l'hai da portar sempre nella bocca e nel cuore; e questa ha da essere la tua continua e perpetua orazione e il tuo camminare e star sempre alla presenza di Dio.

3. S. Basilio mette la pratica di questo esercizio nel prendere occasione da tutte le cose di ricordarci di Dio. Se mangi, ringrazia Dio: se ti vesti, ringrazia Dio: se esci in campagna, o vai. all'orto, o al giardino, benedici. Dio che l'ha creato: se guardi il cielo, se guardi il sole e tutto il resto, loda il Creatore di ogni cosa: quando dormi, ogni volta che ti svegli, alza il cuore a Dio (S. BASIL. Hom. in martyr. Iulitam, n. 3).

Altri, perché nella vita spirituale vi sono tre vie: una purgativa, che appartiene ai principianti; una illuminativa, che appartiene ai proficienti; e una unitiva, che appartiene ai perfetti; mettono tre sorte d'aspirazioni e d'orazioni giaculatorie. Alcune sono indirizzate a conseguire i] perdono dei peccati e a purgare l'anima dai vizi e dagli affetti terreni; e queste appartengono alla via purgativa. Alcune altre sono indirizzate all'acquisto della virtù, al vincer le tentazioni e ad incontrare di buon grado difficoltà e travagli per la virtù; e queste appartengono alla via illuminativa. Alcune altre poi sono indirizzate ad acquistar l'unione dell'anima con Dio mediante un legame di perfetto amore; e queste appartengono alla via unitiva; acciocché ciascuno s'applichi a questo esercizio proporzionatamente al suo stato e alla disposizione in cui si troverà.

 

4. Ma quanto a questo, sia pur uno quanto si voglia perfetto, si può esercitare nel dolore dei peccati e in chieder a Dio il perdono di essi e grazia per non offenderlo mai, e sarà esercizio molto buono e molto grato a Dio. E questo tale, e quegli altresì che attende a purgar l'anima sua dai vizi e dalle passioni disordinate e ad acquistare le virtù, si potrà anche esercitare in atti di amor di Dio, per far questo stesso con maggiore facilità e soavità. E così tutti, in qualunque stato si trovino, possono indifferentemente per questo esercizio frequentare questi atti, dicendo: O Signore, non vi avessi mai offeso! Non permettete, Signore, che io vi offenda mai più. Morir sì, ma non peccare. Piaccia alla Divina Maestà Vostra che più tosto io muoia ben mille volte, che mai cada in peccato mortale. Alcune altre volte può uno alzare il suo cuore a Dio, ringraziandolo dei benefici ricevuti, così generali come particolari, o chiedendo qualche virtù; quando profonda umiltà; quando perfetta ubbidienza; quando carità; quando sapienza. Alcune altre volte può uno alzare il suo cuore a Dio con atti d'amore e di conformità alla volontà sua santissima, come dicendo: «A me il diletto mio ed io a lui». «Facciasi, non la mia volontà, ma la tua». «Che vi è per me in cielo? e che volli io da te sopra la terra?» (Cant. 2, 16; Luc. 22, 42; Ps. 72, 24).

Queste ed altre simili sono tutte buone aspirazioni ed orazioni giaculatorie, per stare sempre in questo esercizio della presenza di Dio: e le migliori e più efficaci sogliono esser quelle che il cuore, mosso da Dio, concepisce da se stesso, benché non sia con parole tanto eleganti e tanto ben composte come quelle che abbiamo dette. Né meno è necessario che siano molte e diverse queste orazioni; a perché una sola reiterata spesso e con grande affetto può bastare ad uno per far quest'esercizio molti giorni e anche tutta la vita. Se ti trovi bene coll'andar dicendo sempre quelle parole dell'Apostolo S. Paolo (Act. 9, 6): «Signore, che cosa volete ch'io faccia?» o quelle della Sposa: «Il mio Diletto per me, ed io per lui»; o quelle del profeta David: «Che cosa ho io da volere, Signore, né in cielo, né in terra, se non voi?» non hai bisogno d'altro: trattieniti in questo, e sia questo il tuo continuo esercizio e il tuo camminare e stare alla presenza di Dio.