Non cambiare facilmente la materia dell’esame particolare

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.

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TRATTATO VII. DELL’ESAME DELLA COSCIENZA

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CAPO VI. Che non si deve mutare facilmente la materia dell’esame particolare; e quanto tempo sarà bene il farlo sopra una stessa cosa.

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1. Mutare spesso l’esame particolare è dannoso.
2. Insistere fino a conseguir il fine.
3. Senza desistere.
4. Quando sarà conseguito?
5. Per mutar la materia consigliarsi col Padre Spirituale.

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1. Bisogna qui avvertire che non abbiamo da mutare facilmente la materia dell’esame, prendendo ora una cosa ed ora un’altra; perché questo è un andare, come si suole dire, l’aggirandosi, e non far viaggio; ma abbiamo da procurare di proseguire una cosa sino al fine, e poi mettersi dietro ad un’altra. Una delle cagioni per cui alcuni cavano poco frutto dall’esame particolare suole essere questa; perché non fanno altro, per così dire, che dare certi furiosi assalti, facendo l’esame sopra una cosa per otto o quindici giorni, o per un mese, e subito si stancano e se ne passano ad un’altra, senza aver conseguito quello che intendevano nella prima: e così danno un impetuoso assalto, e poi un altro. Come uno che pigliasse per impresa il tirar su per le coste d’un monte fino alla cima di esso una pietra grossa; e dopo averla tirata su un pezzo si stancasse e libera la lasciasse rotolare fino al basso, e di poi tornasse una e più altre volte a fare lo stesso; giammai, per molto che si affaticasse, finirebbe di collocare la pietra nel luogo preteso; così avviene a coloro i quali cominciano a far l’esame d’una cosa, e prima di condurla al fine e di conseguire il primo intento, la lasciano e ne pigliano un’altra e poi un’altra. Questo è stancarsi e non finir mai; «un imparar sempre, come dice l’Apostolo, senza giungere mai alla cognizione del vero» (II Tim. 3, 7). Questo negozio della perfezione non si acquista per via di certi impeti furiosi, che presto finiscono; ma bisogna con molta perseveranza insistere e pigliare a petto prima una cosa e poi l’altra, facendo sforzo sino a riuscire con essa, ancorché ci costi assai.

2. S. Giovanni Crisostomo (S. IO. CHRYS. Hom. 5 in Gen. n. 1) dice: Come quelli che scavano cercando qualche tesoro, o qualche miniera d’oro o d’argento, non lasciano di scavare, di buttare fuori la terra e di levar via tutti gli impedimenti che trovano, e di affondare sino a trovare il tesoro che cercano; così noi altri, che cerchiamo le vere ricchezze spirituali e il vero tesoro della virtù e perfezione, non abbiamo da riposarci sino ad averlo trovato, vincendo tutte le difficoltà, senza che da cosa alcuna ci lasciamo impedire. «Terrò dietro ai miei nemici, dice il Profeta, e li raggiungerò, e non tornerò indietro finché non siano annientati» (Ps. 17, 37). Questa santa e forte perseveranza è quella che vince il vizio e acquista la virtù, e non già il dare quegl’impetuosi assalti e poi ritirarsi.

3. Facciamo ora i nostri conti. Di quante cose hai tu fatto l’esame particolare, da che ti sei dato a quest’esercizio? Se sei riuscito in tutte, sarai già perfetto; ma se non riuscisti neppure in una di esse, perché la lasciasti? Mi dirai che in quel particolare la cosa non ti riusciva bene; ma per questo non ti riesce bene, perché vai mutando materia e non hai perseveranza nel condurre una cosa a fine. Se facendo esame di quella cosa e standovi su con parti colar attenzione e vigilanza, dici che non ti riusciva; peggio andrà il negozio non facendo più esame sopra di essa. «Perché, come dice il pio Tommaso da Kempis, se colui che propone, manca molte volte; che farà colui che tardi, o non mai propone?» (De Imit. Christi, l. 1, c. 19, n. 4). Quel proporre la mattina, al mezzo giorno e la sera ti servirà pure di qualche freno per non cadere tante volte. E benché ti paia di non finire mai d’emendarti, né di fare cosa alcuna, non ti perder d’animo per questo, né lasciare l’impresa, ma umiliati e confonditi nell’esame, e torna a proporre e a cominciare di nuovo: che perciò permette Dio le cadute e che resti qualche Gebuseo nella terra dell’anima tua, acciocché finisca di conoscere che non puoi niente colle tue forze, ma che ogni cosa ti ha da venire dalla mano di Dio, e così abbi ricorso a lui e stii sempre dipendente da lui. Molte volte con questo ha uno più fervore e usa più diligenza nel suo profitto, che se subito il Signore gli desse quello che desidera.

4. Ma mi dirà qualcuno: quanto tempo sarà bene far l’esame particolare sopra una cosa? S. Bernardo e Ugo di S. Vittore nei luoghi già citati trattano questa questione; quanto tempo sarà bene combattere contro un vizio? E dicono, sino a tanto che il vizio stia tanto in declinazione, che subito che ricomincia a farsi vedere, tu lo possa facilmente reprimere e soggiogare colla ragione. Di maniera che non bisogna aspettare che tu non senta più la tale o tal altra passione, la tale o tal altra ripugnanza; che questo sarebbe un non finire mai: ed Ugo di S. Vittore dice, che questa è più cosa da angeli che da uomini. Basta che quel vizio o passione non ti sia più molesto, né ti dia molto che fare; ma che subito che si muove tu la getti per terra e la scacci da te facilmente: allora potrai passare oltre a combattere e a far l’esame sopra qualche altra cosa. Per fino Seneca (SENECA, ad Lucil.) disse che non è necessario che giungiamo a non sentire più il vizio in modo alcuno; basta che sia vicino ad essere vinto; sicché non ci sia d’impedimento né di disturbo per quello che ci conviene.

5. Per riuscire meglio in questo particolare, il mezzo più espediente è comunicarlo ciascuno col suo Padre spirituale; essendo questa una delle cose principali nelle quali fa bisogno di consiglio. Perché vi sono alcune cose sopra delle quali basta fare l’esame poco tempo, come abbiamo detto di sopra; ed altre ve ne sono nelle quali è bene impiegato l’esame di un anno ed anche di molti. «Se ogni anno, dice il pio Tommaso da Kempis, estirpassimo un difetto, presto diventeremmo uomini perfetti» (De Imit. Christ., l. 1, c. 11, n. 5). E vi sono altre cose rispetto alle quali tutta la vita sarà molto bene impiegata in una di esse; quando questa è tale, che sola potrebbe bastare ad uno per acquistare la perfezione. E così abbiamo conosciuto alcuni i quali si presero a petto una cosa, e sopra di quella fecero esame particolare quasi tutta la vita loro, e con ciò diventarono insigni in essa; chi nella virtù della pazienza; chi in una profondissima umiltà; chi in una grande conformità alla volontà di Dio; chi in far tutte le cose puramente per Dio. Ora in questa maniera ancora abbiamo da procurare noi altri di farci eminenti in qualche virtù, insistendo e perseverando in quella sino a darcela perfettamente conseguita. Né questo toglie l’interrompere alcune volte questo esame; anzi conviene far così, tornando a far esame per otto o quindici giorni sopra il silenzio, sopra il far bene gli esercizi spirituali, sopra il dire bene di tutti, sopra il non dire parola che possa offendere alcuno in nessuna maniera, e sopra altre cose simili, che sogliono tornare a germogliare e a rinverdirsi in noi altri; e poi ritornarcene subito all’esercizio di prima, e proseguire il nostro intento principale, sino a riuscire con quello che intendiamo.