Si dichiara come il non camminare avanti è un tornare indietro

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
TRATTATO PRIMO. Della stima, e desiderio, e affezione, che dobbiamo avere a quel, che concerne il nostro profitto spirituale, e d’alcune cose, che a quest’effetto ci aiuteranno.

CAPO VI. Si dichiara come il non camminare avanti è un tornare indietro. 
1. Non andare avanti è tornare indietro.
2. Lo prova la ragione e l’autorità.
3. Similitudine della corrente.
4. Si manca al proprio dovere.
5. E un gran male. Similitudini.
 
  
1. È sentenza comune di tutti i Santi: «Nella via del Signore il non camminare avanti è tornare indietro». Questa cosa dichiareremo qui, e ci servirà d’un mezzo molto buono per animarci a far progresso nella perfezione. Poiché, chi è colui che voglia tornare indietro da quel che ha cominciato specialmente vedendo che ha contro di sé la sentenza del Salvatore nel Vangelo: «Nessuno che, dopo aver messo mano all’aratro, volga indietro lo sguardo, è buono pel regno di Dio» (Luc. 9, 62). Colui che ha posto mano all’aratro e ha cominciato a camminare per la via della perfezione, se riguarda indietro, non è atto pel regno dei cieli. Sono parole queste che ci dovrebbero far tremare. S. Agostino dice: «Tanto non torniamo addietro, quanto ci sforziamo di camminare avanti, e subito che cominciamo a fermarci, torniamo indietro» (Epist. Pelagii ad Demetr. c. 27). Sicché se vogliamo non tornar indietro, è necessario che sempre camminiamo e procuriamo d’andar innanzi.

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Che è gran segno di essere in grazia di Dio il vivere con desiderio d’andar cres

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
TRATTATO PRIMO. Della stima, e desiderio, e affezione, che dobbiamo avere a quel, che concerne il nostro profitto spirituale, e d’alcune cose, che a quest’effetto ci aiuteranno.

CAPO V. Che è gran segno di essere in grazia di Dio il vivere con desiderio d’andar crescendo e facendo progresso nella perfezione.
1. Desiderio della perfezione segno d’essere in grazia di Dio.
2. Timore del contrario, mitigato da questo desiderio.
3. I fervorosi avanzano, i tiepidi indietreggiano.
 
1. Per animarci maggiormente ad aver grande desiderio del nostro profitto e fame e sete di far progresso nella virtù e di piacer ogni giorno più al Signore, e per usar in ciò maggior diligenza e sollecitudine, ci aiuterà una cosa molto principale e di grande consolazione; ed è, che uno dei maggiori e più certi contrassegni che si hanno di abitar Dio in un’anima e di star ella bene con Dio è questo, l’avere un tal desiderio e una tale fame e sete. Così dice S. Bernardo: «Non v’è maggior contrassegno né più certa testimonianza della presenza di Dio in un’anima, che l’aver ella un gran desiderio di maggior virtù, di maggior grazia e di maggior perfezione» (Ser. de S. Andrea, n. 4). E il Santo lo prova; perché lo stesso Dio lo dice per mezzo del Savio: «Coloro che mi mangiano hanno sempre fame; e coloro che mi bevono hanno sempre sete» (Eccli. 24, 29). Se hai fame e sete delle cose spirituali e di Dio, rallegrati; ché questo è contrassegno e testimonianza molto grande che Iddio abita nell’anima tua: egli è quegli che ti cagiona questa fame e questa sete; hai trovata la vena di questo divino tesoro, e questo stesso n’è il segno, poiché così bene la seguiti. Come il cane da caccia va lento e pigro quando non ha ancora trovata la traccia della fiera; ma dopo che l’ha sentita, si accende e con grande velocità corre cercando in questa parte e in quella quel che ha fiutato, né si ferma fino a tanto che non l’abbia trovato; così anche colui che davvero ha odorata quella divina soavità, corre all’odore di questo prezioso unguento: «Traimi tu dietro a te: correremo noi all’odore dei tuoi profumi» (Cant. 1 3). Dio, che sta dentro di te, ti tira dietro a sé. E se non senti in te questa fame e sete, temi che ciò non avvenga forse perché non dimori Dio nel tuo cuore: ché questa proprietà hanno le cose spirituali e di Dio, come già abbiamo sentito da S. Gregorio, che quando non le abbiamo, allora non le amiamo, né le desideriamo, né ci curiamo punto di esse.

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Quanto più uno si dà alle cose spirituali, tanto maggior fame e desiderio ha di

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
TRATTATO PRIMO. Della stima, e desiderio, e affezione, che dobbiamo avere a quel, che concerne il nostro profitto spirituale, e d’alcune cose, che a quest’effetto ci aiuteranno.

 

CAPO IV. Che quanto più uno si dà alle cose spirituali, tanto maggior fame e desiderio ha di esse.
 1. Come ci contentano i beni spirituali.
2. Diversità coi beni temporali.
3. Come tolgono e accrescono fame e sete.

1. «Coloro che mi mangiano hanno sempre fame; e coloro che mi bevono hanno sempre sete» (Eccli, 24, 29) dice lo Spirito Santo, parlando della Sapienza divina. S. Gregorio (S. GREG. Homilia 36 sup. Evang. n. 1) dice, che fra i beni e diletti del corpo e quelli dello spirito v’è questa differenza: che quelli, quando non li abbiamo, cagionano grande appetito e desiderio di sé; ma conseguiti che li abbiamo, non istimiamo niente ciò che si è acquistato. Desidera uno colà nel mondo un uffizio, una cattedra; e subito che l’ha avuta, non istima niente quella cosa e volge l’occhio ad un’altra maggiore, come ad aver un canonicato, o un ufficio di uditore: e conseguito questo, subito se ne infastidisce e comincia a desiderare un’altra cosa più eminente, come un posto nel consiglio reale, e poi un vescovato: e né anche quivi sta contento, ma subito mette l’occhio in qualche altra cosa maggiore, non istimando né tenendosi contento di quel che ha avuto. Ma nelle cose spirituali è tutto al rovescio; ché quando non le abbiamo, allora ci cagionano fastidio e abbiamo renitenza ad esse: e quando le abbiamo e possediamo, allora le stimiamo più ed abbiamo di esse maggior desiderio; e tanto più, quanto più le gustiamo. Ne rende S. Gregorio la ragione di questa differenza; perché quando conseguiamo ed abbiamo i beni e diletti temporali, allora conosciamo meglio l’insufficienza ed imperfezione loro; e vedendo che non ci saziano, né ci soddisfano, né danno la contentezza che pensavamo, stimiamo poco quel che abbiamo conseguito e restiamo con sete e desiderio d’altra cosa maggiore, pensando di trovar in essa il contento che desideravamo. Ma c’inganniamo, perché lo stesso sarà dopo conseguita questa e quell’altra cosa; e nessuna cosa di questo mondo ci potrà mai saziare: ché questo è quello che disse Cristo nostro Redentore alla Samaritana: «Tutti quelli che bevono di quest’acqua, torneranno ad aver sete» (IO. 4, 18). Bevi quanto tu vuoi di quest’acqua di qua, che da lì a poco tornerai subito ad aver sete. L’acqua dei gusti e diletti che dà il mondo, non può saziare né soddisfare la nostra sete; ma i beni e diletti spirituali, quando si posseggono, allora sì che si amano e si desiderano maggiormente; perché allora si conosce meglio il prezzo e la valuta loro: e quanto più perfettamente li possederemo, tanto maggior fame e sete ne avremo. Quando uno non ha provate le cose spirituali, né ha cominciato a gustarle, non è gran cosa, dice S. Gregorio, che non le desideri. «Chi infatti, dice egli, può amare e desiderare quello che non conosce», né ha provato che sapore abbia? Perciò dice l’Apostolo S. Pietro: «Se pure avete gustato come è dolce il Signore» (I Pet. 2, 3); e il Salmista: «Gustate e fate esperienza come soave sia il Signore» (Ps. 33, 8); perché subito che comincerete a gustar di Dio e delle cose spirituali, troverete in quelle tanta dolcezza e soavità, da rimanerne sempre più presi. Or questo è quello che, per bocca del Savio, dice la divina Sapienza con queste parole: Chi di me mangerà e beverà, quanto più ne mangerà, tanto ne avrà più fame, e quanto più ne beverà, tanto più ne avrà sete. Quanto più vi darete alle cose spirituali e di Dio, tanto maggior fame e sete avrete di esse.


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Che l’aver gran desiderio del nostro profitto è un mezzo molto principale ed una

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.

TRATTATO PRIMO. Della stima, e desiderio, e affezione, che dobbiamo avere a quel, che concerne il nostro profitto spirituale, e d’alcune cose, che a quest’effetto ci aiuteranno.

CAPO III. Che l’aver gran desiderio del nostro profitto è un mezzo molto principale ed una disposizione assai grande per ricever grazie dal Signore.
 
1. Desiderio della perfezione, fonte di grazie.
2. Prove della Scrittura.
3. Velleità della perfezione, cosa inutile.
4. Dannosa.
 
 1. Grandemente ancora c’importa l’aver questo desiderio e questa fame e sete del nostro profitto; perché questa è una delle migliori disposizioni ed uno dei principali mezzi che possiamo mettere dal canto nostro per ricevere dal Signore la virtù e perfezione che desideriamo. Così dice S. Ambrogio: «Quando uno ha gran desiderio del suo profitto e di crescere nella virtù e nella perfezione, Dio gusta tanto di questo, che lo arricchisce e lo riempie di bene e di grazie» (S. AMBROS. Serm. 3 sup. Ps. 118). E apporta a questo proposito quel che disse la sacratissima Vergine nel suo Cantico: «Dio ha ricolmati di bene i famelici» (Luc. 1, 53). E il medesimo aveva detto prima il Salmista: «Perché Egli ha saziata l’anima sitibonda, e ha ricolmo di beni l’anima famelica» (Ps. 106, 9). Quelli che hanno tanto desiderio della virtù e della perfezione, che di essa hanno fame e sete, sono arricchiti e riempiti dal Signore di doni spirituali, perché Egli si compiace grandemente del buon desiderio del nostro cuore. Apparve a Daniele l’angelo Gabriele e gli disse, che le sue orazioni erano state esaudite sin dal principio, perché era «uomo di desideri» (Dan. 9, 23). E al re David Iddio confermò il regno per i suoi discendenti in grazia della volontà e del desiderio che ebbe di fabbricar casa e tempio al Signore. E sebbene non volle che glielo fabbricasse egli stesso, ma Salomone, suo figliuolo; gli piacque nondimeno grandemente quel desiderio, e gliene diede il premio, come se lo avesse posto in esecuzione (II Reg. 7, 12, 13, 16). Di Zaccheo poi dice il sacro Vangelo, che desiderò vedere Gesù, e dal medesimo Gesù fu veduto egli il primo, invitato si da sé il Signore e spontaneamente entratogli in casa (Luc. 19, 5).

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Del desiderio ed affezione che dobbiamo avere alla virtù e alla perfezione

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.

TRATTATO PRIMO. Della stima, e desiderio, e affezione, che dobbiamo avere a quel, che concerne il nostro profitto spirituale, e d’alcune cose, che a quest’effetto ci aiuteranno.


CAPO II.  Del desiderio ed affezione che dobbiamo avere alla virtù e alla perfezione.

 

1. Dobbiamo aver fame e sete della virtù. 

2. Ciò è misura del nostro profitto.

3. Sostegno del nostro fervore.

4. Facilita la vita religiosa.

5. Supplisce la vigilanza dei Superiori.

6. Rende facile ogni cosa.

 

   1. «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia; perché saranno satollati»: dice Gesù nel Santo Vangelo (Matth. 5, 6). Giustizia, sebbene è nome particolare d’una delle quattro virtù cardinali, distinta dalle altre, è nondimeno anche nome comune d’ogni virtù e santità. La buona e virtuosa vita chiamiamo giustizia, e l’uomo santo e virtuoso diciamo che è giusto. «La giustizia degli uomini dabbene li salverà», dice il Savio (Prov 11, 6); cioè la loro santa vita li libererà. E in questo senso si piglia in molti luoghi della Scrittura. «Se la vostra giustizia non sarà più abbondante di quella degli Scribi e Farisei, non entrerete nel regno dei cieli» (Matth. 5, 20) dice Cristo   nostro Redentore, che è quanto dire la vostra virtù, la vostra religione, la vostra santità. E nello stesso modo s’intende quel che disse il medesimo Cristo a S. Giovanni Battista, quando ricusava di battezzarlo: «Così conviene a noi d’adempire ogni giustizia» (Ibid. 3, 15); ossia, così ci conviene per dare esempio di ubbidienza, di umiltà e di ogni perfezione. In questo modo si prende ancora il nome di giustizia nelle parole presenti, colle quali intende Cristo nostro Redentore di dirci: Beati quelli.che sono tanto desiderosi ed affezionati alla virtù e alla perfezione, che hanno fame e sete di essa; perché essi rimarranno sazi, essi l’acquisteranno. E questa è una delle otto beatitudini che c’insegnò e predicò egli stesso in quel suo sublime sermone del monte. S. Girolamo sopra queste parole dice: «Non basta qualsivoglia desiderio della virtù e della perfezione; ma è necessario che di essa abbiamo fame e sete» (S. HIERON. in S. Matth. l. c); sicché possiamo dire col Profeta: «Come il cervo desidera le fontane di acqua, così te desidera, o Dio, l’anima mia» (Ps. 41, 1).

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Della stima, e del prezzo, in che abbiamo da tenere le cose spirituali

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù

composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.

TRATTATO PRIMO. Della stima, e desiderio, e affezione, che dobbiamo avere a quel, che concerne il nostro profitto spirituale, e d’alcune cose, che a quest’effetto ci aiuteranno.

CAPO I. Della stima, e del prezzo, in che abbiamo da tenere le cose spirituali.


  1. Nel capo settimo della Sapienza dice il Savio: «Io desiderai l’intelligenza e mi fu con ceduta; invocai lo spirito di sapienza, e venne in me; e questa io preferii ai regni ed ai troni, e i tesori stimai un nulla a paragone di lei: né con essa paragonai le pietre preziose, perché tutto l’oro rispetto a lei è come un poco di arena, e l’argento sarà stimato come fango dinanzi a lei (Sap. 7, 7 segg.). La vera sapienza, nella quale abbiamo da metter l’occhio, è la perfezione; e questa consiste in unirci con Dio per amore, secondo il detto di S. Paolo: «E sopra tutte queste cose abbiate la carità, la quale è il vincolo della perfezione» (Col 3, 14), che ci congiunge con Dio. Ora la stima che dice qui Salomone che egli fece della sapienza, dobbiamo noi farla della perfezione e di tutto quello che serve per essa. In confronto di questa, ogni cosa ci ha da parere un po’ d’arena, un po’ di fango, un po’ di spazzatura; come diceva il medesimo Apostolo: «Tutte le cose io le stimo come spazzatura, per fare acquisto di Cristo» (Philipp, 3, 8).

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Alfonso Rodriguez, Esercizio di perfezione

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez, della Compagnia di Gesù


FLAMINIO CORNARO A CHI LEGGE

L’esercizio di Perfezione, e di Cristiane Virtù composto dal P. ALFONSO RODRIGUEZ fu con tal nome chiamato dal pio Autore per dinotare la propria idea di perfezionare l’opere tutte Cristiane, che devono eseguirsi da chi brama con sincerità di spirito rendere le azioni sue graziose, e perfette nel cospetto del Signore.

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