S. Gaspare e il Preziosissimo Sangue

LO
SVILUPPO DELLA DEVOZIONE AL PREZ.MO SANGUE

NELLA SPIRITUALITÀ DI S. GASPARE


di P. Beniamino Conti, CPPS













Nella
solenne allocuzione che il B. Giovanni XXIII tenne nella Basilica di S. Pietro il
31 gennaio 1960 a chiusura del Sinodo Romano, nel raccomandare il culto al Sangue
Divino specie ai sacerdoti e ai fedeli della diocesi di Roma, definì giustamente
S. Gaspare «il vero e più grande apostolo della devozione al Preziosissimo
Sangue nel mondo».
E’ evidente che questa qualifica riguarda la personalità
matura del Santo. Ma quale cammino spirituale ha dovuto percorrere S. Gaspare per
raggiungere questo primato di Apostolo del Sangue di Cristo nel mondo?

E’ quello che ci proponiamo di indagare in questa conferenza, nella quale, dopo un
breve excursus sulla spiritualità giovanile di Gaspare in relazione al Sangue
di Cristo (primo punto), tratteremo più diffusamente della formazione esplicita
di Gaspare alla spiritualità del Sangue di Cristo (secondo punto).



I – Il Sangue di Cristo nella spiritualità giovanile

di Gaspare




Si sarebbe quasi tentati di credere che S. Gaspare sia nato con questa devozione
o, almeno, che l’abbia praticata fin da piccolo, alla scuola soprattutto della sua
santa mamma Annunziata Quartieroni (1761-1811). La lettura delle testimonianze dei
processi canonici di Gaspare lascerebbe molto delusi coloro che fossero in questa
prevenzione. In esse si afferma ripetutamente che il Santo, fin da ragazzo, fu amantissimo
di Gesù e della sua passione; era assai devoto dell’eucaristia, della Madonna,
in modo particolare di S. Francesco Saverio e di S. Luigi Gonzaga, ma non si parla
mai di vera devozione al Preziosissimo Sangue. Anzi, negli anni giovanili di S. Gaspare
possiamo parlare di un suo primo contatto esplicito con la devozione al Prezioso
Sangue solo nel 1808, allorché l’8 dicembre di quest’anno fu chiamato dai
canonici della basilica di S. Nicola in Carcere a tenere dei fervorini in occasione
dell’istituzione della Confraternita del Preziosissimo Sangue nella stessa chiesa,
dove dal 1708 si conservava una reliquia del Preziosissimo Sangue. Prima di questa
data non possiamo parlare propriamente di devozione al Divin Sangue in S.
Gaspare. Troviamo piena conferma a questa nostra supposizione, se esaminiamo le testimonianze
dei processi per l’eroicità delle virtù di Gaspare e gli scritti spirituali
che ci restano della sua giovinezza.

Nei processi canonici, infatti, per quel che ci consta, solo una sua compagna d’infanzia,
Maria Tamini, testimonia la presenza del «Prezioso Sangue» nella spiritualità
del piccolo Gaspare in due luoghi: quando afferma che egli ne «formava oggetto
di meditazione fin da ragazzo», specie nell’agonia del Getsemani, e quando
consolava la madre, angustiata per gli affari domestici, dicendole: «Mamma
mia…, sperate in Dio e confidate nei meriti del Sangue Preziosissimo di Gesù
Cristo». Invano abbiamo cercato altri riferimenti espliciti al Sangue di Cristo
nell’infanzia di Gaspare.

Anche per ciò che concerne gli scritti giovanili arriviamo alla medesima conclusione.
Mentre abbiamo qualche discorso, per esempio, su S. Francesco Saverio, su S. Luigi,
dei quali Gaspare era molto devoto, sul Preziosissimo Sangue troviamo solo qualche
accenno nelle trascrizioni delle prediche udite da Mons. Giovanni Baccolo.

Perciò, prima del 1808, cioè prima del contatto con la Confraternita
del Preziosissimo Sangue di S. Nicola in Carcere a Roma, come diremo in seguito,
il tema del Sangue di Cristo è praticamente assente dagli scritti di S. Gaspare,
mentre verrà sempre più alla ribalta dopo tale data.

Benché sappiamo che l’argomento dal silenzio è spesso claudicante,
tuttavia ci sembra impossibile ammettere che S. Gaspare da giovane abbia avuto vera
devozione al Sangue Divino e che egli non ne abbia parlato e scritto o che essa sia
sfuggita all’osservazione dei suoi testimoni, i quali ci tramandano anche i sentimenti
più intimi del suo spirito.

Dobbiamo concludere, dunque, che Gaspare da giovane non ha nutrito vera e propria
devozione al Preziosissimo Sangue, ma non possiamo negare che nella sua spiritualità
giovanile si riscontrano alcuni aspetti caratteristici, quali la devozione al mistero
eucaristico, l’assidua meditazione della passione di Gesù e la pratica della
penitenza riparatrice, che costituiscono un ottimo fondamento, sul quale si svilupperà
un domani in S. Gaspare la rigogliosa spiritualità del Sangue di Cristo.



II – La formazione esplicita di Gaspare alla spiritualità

del Preziosissimo Sangue



Dalla prima parte della conferenza risulta che, secondo i documenti a nostra disposizione,
la spiritualità giovanile di Gaspare non si caratterizza per la devozione
al Sangue di Cristo. In questa seconda parte vogliamo ripercorrere l’itinerario che
ha portato S. Gaspare alla maturazione nella spiritualità del Sangue di Cristo.


In questo itinerario possiamo fissare cinque tappe principali negli anni: 1808, 1810,
1811-1814, 1815 e 1817. Esse costituiscono un crescendo meraviglioso della sinfonia
al Sangue di Cristo, modulata divinamente dallo Spirito Santo nel cuore di Gaspare.



Prima tappa: dicembre 1808 – Fondazione della Confraternita del Preziosissimo
Sangue nella basilica di S. Nicola in Carcere




Il primo incontro esplicito di Gaspare con la devozione al Preziosissimo Sangue,
come si è accennato precedentemente, avvenne il giorno 8 dicembre 1808, quando
egli fu invitato dai canonici del capitolo della Basilica di S. Nicola in Carcere
a tenere i fervorini eucaristici e il discorso ufficiale per l’inaugurazione della
Pia Adunanza del Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo, del Rosario della
Beata Vergine Maria e delle Anime Sante del Purgatorio
nella stessa basilica.

In questa antichissima basilica fin dal 1708 si conservava una reliquia del Divin
Sangue, dono del principe Giulio Savelli, collocata in una cassetta d’argento, accuratamente
sigillata, sulla quale erano scolpite le parole: «De aqua et Sanguine D.N.J.C.
quae effluxerunt ex ejus sacratissimo latere dum pendebat in Cruce»
. Infatti,
secondo la tradizione della nobile famiglia romana dei Savelli, un legionario di
questa famiglia, trovandosi presente a Gerusalemme alla morte del Salvatore, ebbe
la veste spruzzata da alcune gocce del Sangue di Gesù. Fattosi cristiano,
l’ex legionario staccò dal suo abito la parte ancor rossa di Sangue e, tornato
a Roma, la mise in un prezioso reliquiario, che fu conservato e tramandato con devozione
per molti secoli nella famiglia Savelli.

Il capitolo della basilica, per concessione speciale, celebrava la festa del Prezioso
Sangue nella prima domenica di luglio con ufficio e messa, esponeva e portava in
processione la detta reliquia già prima del 1808.

Si venerava nella medesima chiesa anche una devota immagine del Crocifisso, che,
secondo la tradizione, aveva parlato a Santa Brigida. Il Crocifisso e la reliquia
furono collocati nello stesso altare della cappella, detta del Crocifisso.

Ma più che questi sacri oggetti – del resto poco venerati, se i buoni canonici
si preoccupavano dell’apatia religiosa dei fedeli dei vicini rioni popolari – c’era
nel capitolo di quella basilica il dotto e santo canonico D. Francesco Albertini,
apprezzatissimo direttore di anime. Questi dirigeva la Serva di Dio Suor Maria Agnese
del Verbo Incarnato, del Monastero delle Paolotte in Roma, la quale, «dopo
la comunione, usciva fuori dei sensi in certi ratti, parlando di cose assai sublimi.
Una mattina, essendosi comunicata…, le accadde la solita estasi, per cui le monache
ne avvertirono il Canonico (Albertini), il quale si pose in attenzione nell’udire
ciò che diceva. Intese che parlava della devozione del Preziosissimo Sangue,
come questa devozione si sarebbe propagata, e altre cose analoghe alla detta devozione».

L’Albertini da quel momento s’industriò col massimo impegno per la diffusione
di questa devozione. Né gli fu difficile farlo proprio nella sua chiesa, sia
perché, come abbiamo detto, i canonici volevano ravvivare la fede cristiana
nei fedeli viciniori, sia perché lì si veneravano la reliquia del Prezioso
Sangue e il Crocifisso, mezzi indispensabili, specie per la gente semplice, intorno
a cui fomentare tale devozione, sia perché già nella stessa basilica
vi si celebrava la festa del Preziosissimo Sangue con messa e ufficio.

L’Albertini seppe perorare talmente bene questa santa causa che il capitolo della
basilica di S. Nicola in Carcere incaricò i canonici Mons. Francesco Maria
Pitorri, D. Gregorio Muccioli e lo stesso Albertini, a prestare la loro opera per
la fondazione di una Pia Adunanza del Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo,
del Rosario della Beata Vergine Maria e delle Anime Sante del Purgatorio. L’inaugurazione
ufficiale avvenne l’8 dicembre 1808.

Per tale ricorrenza fu chiamato a predicare, come risulta da una Memoria scritta
dall’Albertini, il giovane D. Gaspare, ordinato sacerdote con la dispensa per l’età
il 31 luglio dello stesso anno.

Questa associazione o Pia Adunanza con le sue Costituzioni fu approvata ed
eretta canonicamente il 27 febbraio 1809 con decreto del Vicario di Roma, Card. Antonio
Despuig y Dameto.

Dopo tale approvazione l’Albertini, nominato Presidente della Pia Adunanza, compose
la Coroncina del Preziosissimo Sangue, che fu approvata dalla Congregazione dei Riti
il 31 maggio 1809 e fu stampata.

Inoltre, l’Albertini chiamò a predicare S. Gaspare alla Pia Adunanza anche
nel 1809 e nel 1810, come troviamo registrato nella predetta Memoria. Questa
la pura descrizione dei fatti che portarono il nostro Santo al primo esplicito contatto
con la devozione al Sangue Divino.

A noi interessa principalmente conoscere per quale motivo i tre canonici incaricati
dal capitolo di S. Nicola in Carcere chiamarono il ventitreenne D. Gaspare, prete
da soli pochi mesi, a tenere l’8 dicembre 1808 una predicazione così importante,
qual è quella richiesta per la fondazione di una Confraternita, e quali ripercussioni
ebbe nell’animo del giovane sacerdote questo primo incontro.

Non sembra che i tre canonici lo chiamarono, perché avessero notato in Gaspare
uno zelo particolare verso la devozione al Divin Sangue. Né sembra che essi
esigessero ciò dal predicatore, dal momento che la Pia Adunanza riguardava
non solo il Preziosissimo Sangue, ma anche il S. Rosario e le Anime del Purgatorio.
Del resto, secondo quanto abbiamo detto nella prima parte della conferenza, questa
devozione al Sangue Preziosissimo non era ancora affiorata esplicitamente nella spiritualità
giovanile di Gaspare. Anche se l’8 dicembre 1808 S. Gaspare «terminò
il discorso con una fervorosa preghiera al Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo
ed alla Beatissima Vergine Maria», come leggiamo nella suddetta Memoria,
ciò non significa che in lui spiccasse particolarmente la devozione al Preziosissimo
Sangue, come avverrà in seguito; la preghiera riguardante l’oggetto della
sermone era il suo modo abituale di concludere le prediche, come si può constatare
nelle altre prediche dello stesso anno 1808.

La ragione del suo invito a tenere tale importante predicazione è solo di
carattere più generale; è la stessa per cui Gaspare, proprio l’indomani
della sua ordinazione sacerdotale, nel pomeriggio del 1° agosto 1808, fu chiamato
a tenere il discorso ufficiale sulla divina Provvidenza nella Basilica di S. Pietro
in Vaticano per l’esposizione della coltre dei Santi Martiri, cioè la fama
di predicatore bravo e di apostolo zelante. Non deve essere sfuggito ai tre canonici
di S. Nicola in Carcere l’intenso ministero pastorale che quel giovane sacerdote
svolgeva proprio sotto i loro occhi, facendo spola fra l’Ospizio di Santa Galla e
l’Oratorio notturno di Santa Maria in Vincis, che era stato inaugurato proprio il
23 ottobre del 1808; avranno sentito le voci che correvano per tutto il popolare
rione del Campo Vaccino sul conto del giovane Gaspare, canonico della vicina Basilica
di S. Marco in Piazza Venezia: un sacerdote veramente zelante che innamorava di Dio
al solo trattar con lui…

In questa duplice fama di sacerdote santo e di oratore esimio, dunque, va ricercata
la ragione dell’invito che i tre canonici gli rivolsero per la predicazione dell’8
dicembre 1808 in S. Nicola in Carcere.

Qual influsso suscitò questo primo incontro di Gaspare con la devozione al
Preziosissimo Sangue e con l’Albertini?

Non fu certamente per S. Gaspare un incontro di grande importanza con la devozione
al Preziosissimo Sangue, perché, non essendo ancora ben conosciuta nelle sue
verità dottrinali, al primo contatto con essa difficilmente la si distingue
dalla devozione al Crocifisso, alla Passione o all’Eucaristia. Gaspare, infatti,
più tardi, quando conoscerà la sua vocazione di propagatore della devozione
al Preziosissimo Sangue, si applicherà allo studio di essa, come afferma S.
Vincenzo Pallotti nella sua deposizione. Anche D. Giovanni Merlini afferma che, «a
meglio riuscire in questo impegno (di predicare sulle glorie del Divin Sangue, Gaspare),
si applicò di proposito, come un giorno mi disse, allo studio della Scrittura
e dei Padri, onde raccoglierne quanto vedeva più indicato».

Non fu importante per Gaspare l’incontro con l’Albertini, se non per quei pochi contatti
intercorsi – direttamente con l’Albertini o con altre persone a suo nome? – per concordare
gl’impegni di ministero che egli svolse a S. Nicola in Carcere, specialmente quando
l’Albertini fu nominato dal capitolo di S. Nicola in Carcere Presidente della Pia
Adunanza del Preziosissimo Sangue, cioè unico suo responsabile. D’altronde
S. Gaspare era sempre impegnato in vari ministeri pastorali che gli assorbivano tutto
il tempo. Inoltre, aveva già il suo direttore spirituale, il dotto Mons. Giovanni
Marchetti, rettore della chiesa del Gesù a Roma, per la qual cosa è
destituita di ogni fondamento la notizia secondo la quale l’Albertini abbia cominciato
a dirigere spiritualmente S. Gaspare già prima della deportazione. Infatti,
D. Giovanni Merlini, testimone bene informato, nella sua deposizione al Processo
Ordinario di Albano afferma con sicurezza: «E sarà bene avvertire che
il Servo di Dio, come egli stesso mi diceva, benché in Roma conoscesse di
vista il celebrato Albertini, pur non aveva mai seco lui trattato da vicino, ma solo
salutato e, se mal non ricordo, qualche volta parlato; e che in occasione della deportazione,
avendolo conosciuto per ottimo direttore di anime, si pose sotto la sua direzione,
da cui so che non si è allontanato giammai».



Seconda tappa: settembre 1810 – Gaspare è vaticinato araldo del Sangue
Divino




Roma, con le sue infinite esigenze apostoliche che assorbivano tutta l’attività
di Gaspare per la generosa risonanza che esse avevano nel suo cuore zelante, non
sarebbe stato il luogo adatto per la realizzazione del piano divino, secondo il quale
egli doveva essere l’apostolo del Divin Sangue. Ed ecco Dio portarlo fuori dalla
sua terra, dalle sue care e impegnative opere apostoliche, dalla sua famiglia; lo
chiama in una terra di martirio, dove gli comincerà a svelare la sua vocazione
nella Chiesa.

Questo pellegrinare per Gaspare comincia con un biglietto della Polizia Francese,
che giunge in casa Del Bufalo al Palazzo Altieri il 12 giugno 1810: l’indomani Gaspare
si doveva presentare al Palazzo Borromeo, presso la chiesa di S. Ignazio, per prestare
il giuramento di fedeltà a Napoleone Bonaparte.

Questi, infatti, nell’intento di piegare il papa Pio VII alle sue mire di predominio
sull’Europa, il 2 febbraio 1808 aveva fatto occupare dalle sue truppe Roma e il 17
maggio 1809 aboliva il potere temporale dei papi, dopo aver annesso le due ultime
regioni dello Stato Pontificio – Lazio e Umbria – all’Impero Francese. Il 10 giugno
1809 Pio VII fece affiggere la bolla di scomunica per tutti i responsabili della
soppressione del patrimonio di S. Pietro. Nella notte tra il 5 e il 6 luglio 1809
il vecchio e inerme Pio VII fu arrestato al Quirinale dai gendarmi francesi e portato
in esilio prima a Grenoble, poi a Savona e infine a Fontainebleau.

La notizia di questo misfatto impietrì la popolazione di Roma. A tale sopruso
si aggiunse l’imposizione del giuramento di fedeltà all’autorità costituita,
cioè all’Imperatore, con la conseguente approvazione, quindi, dei fatti compiuti.
Vi erano obbligati i cardinali, i vescovi, i prelati e gli ecclesiastici che godevano
benefici, come i parroci e i canonici. O fedeltà all’Imperatore o deportazione.
Pio VII, con due istruzioni del 22 maggio e del 30 agosto 1808, dichiarò illecito
tale giuramento, nonostante che voci contrarie di teologi e di giuristi, debitamente
manovrati, lo ritenessero lecito. Gaspare trascrisse accuratamente, di proprio pugno,
le due Istruzioni pontificie, le cui copie si conservano tra i suoi scritti.

In quel 12 giugno 1810, dunque, arrivò in casa Del Bufalo l’ingiunzione del
giuramento anche per Gaspare, canonico di S. Marco. Il giorno seguente, accompagnato
dal padre Antonio, D. Gaspare si recò al Palazzo Borromeo dal Commissario
Prefettizio, dinanzi al quale, invece della formula prescritta per il giuramento,
pronunciò il suo deciso: «Non posso, non debbo, non voglio», come
aveva dichiarato Pio VII dinanzi al Generale Radet, quando, nella notte tra il 5
e il 6 luglio 1809, questi l’invitava a rinunciare alla sovranità temporale.
Deportazione immediata a Piacenza.

Ai primi di luglio è in viaggio verso questa città insieme con l’Albertini
e con altri due canonici della Basilica di S. Marco: Francesco Gambini e Bernardino
Filippo Marchetti.

Le fila dell’ordito divino cominciano a riunirsi. Per dura necessità Gaspare
deve trattare col pioniere della devozione al Preziosissimo Sangue e irresistibilmente
inizierà a subirne l’influsso.

Infatti, passando per Firenze, l’Albertini approfitta per promuovere la sua cara
devozione, infervorando l’abate Consalvo Petrai a far ristampare e diffondere la
Coroncina del Preziosissimo Sangue. Monsignor Emidio Gentilucci, in una sua breve
biografia del nostro Santo, ci assicura che anche Gaspare l’aiutò in quest’opera.

Anche a Piacenza Gaspare s’impegnerà a diffondere la devozione al Preziosissimo
Sangue e la relativa Coroncina con l’Albertini, che la fece tradurre in cinque lingue.

Ma non era ancora scoccato per Gaspare il momento della rivelazione della volontà
di Dio; gli sopraggiungerà sul letto dell’infermità mortale nel settembre
del 1810. Infatti, l’aria malsana di Piacenza o Dispiacenza, come scherzosamente
egli la chiama in una lettera, l’aveva ridotto in fin di vita. Anche i medici non
nascosero la gravità del caso, tanto che l’Albertini gli amministrò
l’unzione degli infermi. Nell’assisterlo, fissava col cuore gonfio di dolore le fattezze
di quel volto giovanile, trasformato dalle rughe di una precoce vecchiaia. Il 28
agosto Gaspare aveva scritto a Don Gaetano Bonanni, chiedendogli preghiere a S. Francesco
Saverio per la sua salute; anche ora – siamo ai primi di settembre del 1810 – sul
pagliericcio della sua agonia Gaspare invoca l’aiuto del suo caro Santo, di cui fin
da piccolo era devotissimo.

L’Albertini non si lascia sfuggire nessun sospiro del morente; osserva tutto. A un
tratto, non tanto per consolarlo, quanto perché spinto da una forza interiore,
gli assicura con certezza la guarigione. Perché questo improvviso cambiamento?
L’Albertini aveva sempre fisse nella mente alcune parole profetiche che gli aveva
riferito la già ricordata Serva di Dio Suor Maria Agnese del Verbo Incarnato:



«Conoscerete nelle angustie della Chiesa un giovane sacerdote, zelante della
gloria di Dio, e con esso lui, nell’oppressione dei nemici e nelle pene, stringerete
spirituale amicizia e ne sarete il Direttore. Il distintivo carattere del medesimo
sarà la devozione a S. Francesco Saverio. Egli verrà destinato Missionario
Apostolico ed una nuova Congregazione di Sacerdoti Missionari sotto l’invocazione
del Divin Sangue sarà da esso fondata per la riforma dei costumi e per la
salvezza delle anime, per promuovere il decoro del Clero secolare, per destare i
popoli dall’indifferentismo, dalla incredulità, richiamando tutti all’amore
del Crocefisso.

Sarà fondatore di un Istituto di Suore, che egli però non dirigerà.
Egli finalmente sarà la tromba del Divin Sangue, onde scuotere i peccatori
ed i settari nei difficili tempi della Cristianità».



Tutte queste comunicazioni, conservate nel cuore gelosamente, l’Albertini le affidò
anche a Gaspare, per spiegargli la sua categorica asserzione di guarigione, che realmente
seguì.

Il vaticinio, che Sr. Maria Agnese aveva ricevuto da Dio con probabilità nelle
sue abituali estasi dopo la comunione e aveva trasmesso all’Albertini, era esplicito:
quel giovane sacerdote veniva preconizzato Missionario Apostolico e Tromba del Divin
Sangue, Fondatore di due Congregazioni intitolate al Sangue Prezioso, per richiamare
«tutti all’amore del Crocifisso».

Quale peso ebbe questa predizione sull’animo dell’Albertini e su quello di Gaspare?

L’Albertini dovette essere intimamente convinto della verità di questa predizione,
anzitutto per la santità della persona dalla quale la conobbe. Questa pia
religiosa Paolotta, nata il 24 giugno 1757, «nell’umile condizione di conversa
che volontariamente si elesse, risplendé per la luce delle più sode
virtù. Fu favorita da Dio dei doni più illustri di miracoli, di profezia,
di consiglio, di scrutazione dei cuori… Altissimi personaggi, così ecclesiastici
che laici, si recavano a consultarla. Godé stima e venerazione» dai
Santi Vincenzo Strambi, vescovo passionista, Giuseppe Maria Pignatelli, gesuita,
e dalla Venerabile Clotilde di Savoia. «Dopo lunghissima infermità,
morì nel giorno da lei predetto, che fu il l5 marzo del 1810», qualche
mese prima che i nostri partissero per l’esilio.

L’efficacia di questa santa religiosa sull’animo dell’Albertini non dovette essere
di piccola portata se, come già sappiamo, egli s’indusse a propagare la devozione
al Preziosissimo Sangue proprio perché sentì la Serva di Dio, in un’estasi,
parlare di essa.

Inoltre, dopo digiuni e preghiere, ispirato a scrivere la Coroncina del Preziosissimo
Sangue e terminato il lavoro, «pensa di portarlo a Suor Maria Agnese…, con
l’intenzione di farvi in seguito qualche ritocco. Non appena la pia conversa vede
il suo confessore che né le ha parlato dello scritto, né glielo ha
mostrato, lieta come di un ineffabile dono, gli dice: “Voi tenete la Coroncina
del Preziosissimo Sangue! Non la modificate punto. Lasciatela come l’ha ispirata
il Signore!”». E l’Albertini seguì perfettamente il suo consiglio.

Per questi e altri motivi, noti solo al santo Canonico per il suo particolare ufficio
verso Suor Maria Agnese, bisogna concludere che quella predizione, anche prima della
sua realizzazione, fu ritenuta dall’Albertini come vero messaggio divino. Ecco perché,
già durante la prigionia, lo vedremo subito all’opera con la Contessa Caterina
Bentivoglio Orsi (1765-1826) per la realizzazione dell’Istituto delle «Figlie
del Preziosissimo Sangue»; ecco perché, allorquando Gaspare, tornato
a Roma dalla prigionia, desidera entrare nella ristabilita Compagnia di Gesù,
l’Albertini non gl’impedisce di fare i suoi tentativi, ma gli assicura che non vi
riuscirà, come di fatto avvenne.

Quale influsso, invece, esercitò su Gaspare quella predizione nel settembre
del 1810?

Diciamo subito che il vaticinio conteneva un messaggio bello, ma troppo arduo per
essere accolto con entusiasmo da Gaspare. Anche ciò fa parte del carattere
del nostro Santo: tremare di fronte alle grandi responsabilità che sta per
abbracciare, fin quando non giunge qualche segno preciso che gli manifesti la volontà
di Dio. Fu così per l’ordinazione sacerdotale: ci volle il consiglio di S.
Vincenzo Strambi; sarà così anche per la scelta della sua vocazione
nella Chiesa: ci vorrà la chiamata di Pio VII.

Quella predizione, perciò, non ebbe certamente in Gaspare un’accoglienza entusiastica.
Infatti, se è vero che la lettera confidenziale è lo specchio dell’anima
di chi la scrive, non troviamo nelle lettere che Gaspare scrive alle persone amiche
in questo periodo alcuna esortazione a nutrire devozione al Sangue Preziosissimo
di Gesù, ma neppure alcun riferimento esplicito al Sangue di Gesù.




Terza tappa: 1811/1814 – Anni di rigogliosa crescita



Trasferito a Bologna il 12 dicembre 1810, Gaspare vive accanto all’Albertini,
prima nella casa dei Padri Filippini, attigua alla chiesa di S. Maria di Galliera,
e poi, dal febbraio del 1811, nell’abitazione delle Contesse Marianna Spada Bentivoglio
e Caterina Bentivoglio Orsi, sua figlia. Fu proprio l’Albertini, dopo essere stato
scelto da Caterina come suo direttore spirituale, a chiedere alloggio presso di loro
anche per S. Gaspare. Però, non essendovi posto in casa, dove erano stati
accolti già diversi sacerdoti esiliati, lo fecero alloggiare nella casa del
loro cameriere Giuseppe Sarti, in Via Cartoleria Nuova 618, l’attuale Via Domenico
Guerrazzi.

L’anno di permanenza dell’Albertini a Bologna – fu trasferito in Corsica il 28 decembre
1811 – fu un tempo di grande influsso spirituale nell’animo di S. Gaspare, soprattutto
per l’apostolato intenso che l’Albertini poté esercitare anche in questa città
verso la devozione del Preziosissimo Sangue.

Infatti, se già negli altri mesi dell’esilio, finora vissuti accanto all’Albertini,
non era sfuggito a S. Gaspare il suo zelo verso la devozione del Preziosissimo Sangue,
il 1811 fu l’anno che incise maggiormente nel nostro Santo l’azione zelante dell’Albertini
verso il Preziosissimo Sangue; azione corrisposta con entusiasmo anche nell’ambiente
bolognose, soprattutto attraverso la Contessa Caterina Bentivoglio Orsi, che nella
direzione spirituale era stata infervorata dall’Albertini verso tale devozione, tanto
che – come lei stessa scrive in una lettera autobiografica – nel settembre del 1811
l’Albertini «eresse [a Bologna] un’unione di sette individui, che onorassero
li sette spargimenti di Sangue del divin nostro Redentore, e mi comise di farne io
da capo. Fu eretta precisamente il giorno della Natività di nostra Signora
e si stabilì ogni ultima domenica del Mese», gettando così le
basi della futura Confraternita del Preziosissimo Sangue nella chiesa di S. Domenico,
che risulta la prima Confraternita aggregata il 9 giugno 1816 all’Arciconfraternita
del Preziosissimo Sangue di S. Nicola in Carcere a Roma. E come a Piacenza nel settembre
del 1810 l’Albertini individuò in S. Gaspare il futuro apostolo del Sangue
di Cristo, così a Bologna nel 1811 individuò nella Contessa Caterina
Bentivoglio Orsi la fondatrice dell’Istituto delle Suore del Preziosissimo Sangue,
tanto che fin d’allora la cominciò a preparare, insieme ad alcune compagne,
alla fondazione di questo Istituto, che, secondo il primo progetto ivi maturato,
si sarebbe dovuto dedicare all’assistenza degli ammalati negli ospedali e in casa.


Quale influsso, dunque, esercitò l’Albertini sull’animo di Gaspare durante
il tempo che visse insieme con lui a Bologna prima del suo trasferimento in Corsica
il 28 dicembre 1811?

Nelle prime lettere che S. Gaspare scrisse durante il suo esilio non appare alcun
attestato esplicito che denoti la presenza della devozione al Preziosissimo Sangue
nel suo animo. Per la prima volta a Bologna comincia a far capolino nelle sue lettere
il richiamo esplicito alla devozione del Preziosissimo Sangue, che d’ora in poi prenderà
sempre più consistenza nelle sue lettere. Riscontriamo questa prima testimonianza
in una lettera scritta il 18 giugno 1811 alla Contessa Virginia Malaspina Caracciolo
di Piacenza. Tra le altre notizie le dice in prossimità della festa del Sacratissimo
Cuore di Gesù:



«Oh me beato se avessi sempre amato Gesù come dovevo! L’ami almeno Lei
per me, e sforziamoci d’esser tutti suoi in questa vita per poi esserlo nell’Eternità.
Che dolci pensieri mi vengono su questo punto circa il nostro Redentore la festa
del di cui Sacratissimo Cuore già noi siamo per celebrare imminentemente.
Due verità c’insegna questo Cuore Sacratissimo particolarmente, e sono l’umiltà
con quel discite ecc., ed il santo amore figurato in quelle fiamme che dipingonsi
d’attorno al Sagro Divin Cuore. Ignem veni mittere in terram ecc. Ah dunque
presentiamoci pure d’innanzi a Lui e preghiamolo a volerci santificare il cuor nostro,
chiedendogli tutto ciò di cui abbisogniamo.

Si ricordi della divozione al Sangue preziosissimo di Gesù, e dica spesso
il Te ergo quaesumus; come anche La prego a fare per me a suo commodo una
Novena a S. Saverio».



In un’altra lettera alla stessa Contessa Caracciolo, mentre da una parte S. Gaspare
la loda per lo zelo che ella dispiega per la diffusione della devozione al Preziosissimo
Sangue nella sua città, le descrive la rapida diffusione della devozione al
Sangue di Gesù a Bologna e in tutta la Romagna attraverso la Coroncina del
Preziosissimo Sangue, di cui la Contessa Caterina Bentivoglio Orsi aveva fatto ristampare
migliaia di copie. Così le scrive il 19 settembre 1811:



«Resto quanto mai edificato della sua persona per il zelo specialmente e carità
cristiana, con la quale s’interessa per la propagazione di ciò che ridonda
alla maggior gloria di Dio. Io parlo in specie presentemente della nota Coroncina,
quale con molta saviezza principia Ella a propagare alle Monache ed alle persone
pie [in Piacenza]. Sia benedetta, e Iddio sia quello che benedica le
sue sante industrie e feliciti i nostri desideri.

Qui in Bologna alcune Signore del suo spirito, ed altre persone si sono talmente
interessate di tale divozione che già si è propagata nella Romagna,
in tutta la Diocesi di Bologna... In molte chiese di campagna si fa già
pubblicamente tale funzione, e il medesimo si eseguisce per ora in una sol chiesa
di questa città, propagandosi sempre più in altri luoghi. Tutto ciò
per sua consolazione.

Di libretti una pia persona ne ha fatti stampare migliaia e migliaia, si principiarono
questi a far passare nelle mani dei secolari e delle persone private, e a poco a
poco si è introdotta in chiesa.

Se dunque si posson trovare delle devote persone in Piacenza che si unischino per
ora alla ristampa di un migliaio di detti libretti, dispensandoli poi privatamente,
vedrà che il resto si effettuerà dal nostro buon Gesù».



Non è un’esagerazione la notizia della diffusione della devozione al Preziosissimo
Sangue a Bologna e nella diocesi, nella Romagna e nella campagna, perché l’Albertini
e S. Gaspare avevano stretto amicizia con i sacerdoti dell’Opera del B. Bartolomeo
Dal Monte, che si dedicavano alla predicazione delle missioni al popolo, i quali
si erano impegnati a diffondere la devozione al Preziosissimo Sangue tramite la recita
della relativa Coroncina. E’ significativo che proprio a questi missionari si proporrà
di scrivere S. Gaspare per chiedere la loro regola per avere «lumi»,
allorché nel luglio del 1815 sarà in procinto di andare a S. Felice
di Giano per fondare la sua Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue.


Fu, dunque, un anno di grande fermento spirituale verso il Sangue di Cristo il 1811,
ma anche il resto della prigionia, che terminò nel febbraio del 1814, fu per
Gaspare un tirocinio di intensa formazione pastorale e spirituale al compito di apostolo
del Sangue di Cristo. Infatti, anche quando S. Gaspare il 28 dicembre 1811 sarà
costretto a separarsi dal suo carissimo Albertini, che fu mandato in Corsica, e quando
sarà trasferito nelle carceri di Imola (14 gennaio 1813) e di Lugo (15 maggio
– 7 dicembre 1813), da dove fu mandato a Firenze (20 dicembre 1813) in attesa di
essere trasferito a Livorno, da dove sarebbe stato imbarcato anche lui per la Corsica
– ma questo trasferimento fortunatamente non si verificò per il decreto di
libertà concesso da Gioacchino Murat il 26 gennaio 1814 ai sacerdoti non giurati
– anche in questo periodo, S. Gaspare, benché fosse solo, nei limiti del possibile
s’impegnò a emulare l’Albertini nella propagazione della devozione al Preziosissimo
Sangue.

Infatti, avendo stretto amicizia a Imola con la famiglia dei Conti Ginnasi – in specie
con la Contessa Lucrezia Ginnasi – e con il sacerdote D. Francesco Pollini, direttore
spirituale dei carcerati, S. Gaspare s’impegnò a procurare per essi dalla
Contessa Caterina Bentivoglio i libretti della Coroncina del Preziosissimo Sangue.
Così scrive l’11 febbraio 1813 a Mons. Annibale Ginnasi: «Ho pensato
anche di scriver due righe alla Signora Contessa [Bentivoglio], con le quali la prego
di un piccolo affare, che dovrà disbrigarmi a Bologna (a seconda di una lettera
di Roma che me ne dà commissione) ed in tale occasione le parlo anche dei
libretti». Nella lettera del 22 febbraio 1813 a Lucrezia Ginnasi, cognata di
Mons. Annibale, S. Gaspare ci assicura che erano arrivati da Bologna i libretti richiesti
ed era disponibile a chiederne altri, qualora si potesse introdurre anche a Faenza
e in altri luoghi la recita pubblica della Coroncina: «Qualora la Coroncina
del Sangue di Gesù Cristo si potesse publicamente introdurre anche in Faenza
o in altro luogo farò in allora venir da Bologna altri libri e, per quanto
è da me, adesso e sempre non cesserò d’interessarmi per il bene delle
Anime». Difatti, alcune lettere di S. Gaspare di questo periodo ci testimoniano
il suo interesse per la devozione al Preziosissimo Sangue, procurando ai suoi amici
i libretti della Coroncina. Particolarmente significativa è la lettera alla
Contessa Lucrezia Ginnasi del 10 maggio 1813 per avvisarla dell’arrivo di un buon
quantitativo di libretti di Coroncine. Le scrive: «Alla fine di questo mese
avremo i libretti della Coroncina, ed in oggi ho scritto alla Signora Contessa Bentivoglio
che ne mandi 500: 300 cioè per Don Pollini, che me ne ha incaricato, 100 per
Lei, e 100 per me. Spero che il Signore benedirà le nostre pie intenzioni,
ed intanto non cessiamo d’offerire il prezzo della nostra Redenzione per la Santa
Chiesa e per l’eterna salute delle nostre Anime».

Anche quando S. Gaspare si fermerà a Firenze alla fine di dicembre del 1813
e nel gennaio del 1814, in attesa di essere trasferito in Corsica per raggiungere
l’Albertini, che da due anni penava nelle orribili «tombe» di Bastìa,
s’impegnerà a diffondere la devozione al Preziosissimo Sangue nel monastero
delle Suore Montalve.

Ma perché S. Gaspare, anche senza l’appoggio e la guida dell’Albertini, s’impegnava
in prima persona a diffondere la devozione del Preziosissimo Sangue? Perché
soprattutto in questi anni di speciale partecipazione alla croce di Cristo per amore
della Chiesa, con la guida e la radiosa testimonianza dell’Albertini egli s’impegnò
personalmente alla sua maturazione interiore nella spiritualità del Sangue
di Cristo.

In primo luogo attraverso la preghiera. Don Pietro Del Frate, che fu per circa otto
mesi in carcere con S. Gaspare, ci dice che questi «aveva tutte le ore destinate
parte all’orazione, parte alle lezioni scritturali e alla recita della Coroncina
del Preziosissimo Sangue…». Così il 22 febbraio 1813 scrive S. Gaspare
alla Contessa Lucrezia Ginnasi, suggerendole una preghiera di S. Francesco Saverio,
che era diventata certamente anche preghiera sua:



«L’orazione che solea recitare S. Francesco Saverio in onore delle cinque Piaghe
di Gesù Cristo è la seguente: Domine Jesu Christe, per quinque tua
vulnera, quae tibi nostri amor in Cruce inflixit, tuis famulis subveni, quos pretioso
Sanguine redemisti.
O Gesù, Dio del mio cuore, vi supplico per le cinque
Piaghe, che il vostro amore verso di noi vi ha fatte sopra la Croce, . Francesco
Saverio;soccorrete i vostri servi, che avete redenti col prezzo del vostro Sangue».




Questo contatto affettuoso con il Sangue Divino, nell’intimità orante, era
rinvigorito dalla luce che la sua mente riceveva, di giorno in giorno, con lo studio
di tale mistero. Già il Del Frate ci ha detto che durante la giornata si applicava
«alle lezioni scritturali». S. Vincenzo Pallotti, che fu in seguito amico
e confidente di S. Gaspare, ci assicura che questo studio riguardava proprio il Prezioso
Sangue. Infatti, nei processi testimonia:



«Il Servo di Dio, conosciuta in riguardo a sé la divina vocazione che…
lo chiamava nella Chiesa… ad illuminare i popoli colla predicazione dei pregi divini
del Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo,… occupossi seriamente nella intelligenza
e studio di quei sacri oracoli dei libri santi, che contengono i pregi ineffabili
del Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo, onde più chiaramente e con
zelo sempre più amoroso trovarsi atto a predicarli coll’effetto ai popoli».



Oltre la preghiera e lo studio del mistero del Sangue di Gesù, fu la condivisione
gioiosa della croce di Cristo per amore della Chiesa e delle anime a far maturare
progressivamente l’animo giovanile di Gaspare al mistero del Sangue Prezioso. Di
questa maturazione abbiamo chiare testimonianze nelle lettere che egli scriveva durante
la prigionia ai suoi amici. Eccone alcuni brani:



«Leggiamo con più riflessione il gran libro del Crocifisso ch’è
aperto per tutti, e quivi apprendiamo lezioni di vita eterna, ripetendo spesso per
orazione giaculatoria fra giorno: Te ergo quaesumus tuis famulis subveni ecc.
Oh noi felici se tutti gli uomini s’approfittassero del prezzo di nostra Redenzione!
Quanto conforto sarebbe questo al Cuore dolcissimo di Gesù!».



Nella meditazione del mistero del Sangue di Cristo non poteva mancare il pensiero
della salvezza delle anime, per le quali Gesù aveva versato il suo sangue.
Così S. Gaspare scrive in diverse lettere alla Contessa Lucrezia Ginnasi nel
1813 per sostenerla e «animarla ad opere… di tanto vantaggio per le Anime
redente col Preziosissimo Sangue di Gesù»:



«Ah, voi almeno, Anime a me fedeli, interessatevi a procurar la mia gloria,
a difendere il mio onore, a soddisfare i miei desideri. Ritogliete con la vostra
industria dalle fauci del demonio chi è redento a prezzo di vivo Sangue; e
poiché conoscete la malizia del peccato e l’ingiuria che mi arreca, armatevi
di un santo zelo ad impedirlo e rimovere per quanto è possibile. Io mi addoloro
nel veder la rovina di tanti che pur vorrei s’approfittassero delle mie misericordie,
e son di continuo in opera per ritrarli dal male. Per un’Anima sola io avrei fatto
egualmente ciò che ho fatto per tutti; e da ciò che ho patito si rilevi
il preggio dell’Anima!».



«S’immergono (le anime) nella più tenera meditazione di quanto ha fatto
e patito Gesù, riflettono a ciò ch’Egli, in quanto Dio, determinò
fin ab aeterno per gli uomini, fissano lo sguardo nella beata Eternità avvenire;
e sommerse, diciam così, in questo pelago di consolanti pensieri, divengono
estatiche per meraviglia, e lasciansi consumare dal fuoco divino di carità.
S. Francesco di Paola a vista del Crocifisso esclamava: o carità, o carità!
e S. Francesco di Sales solea dire: “Di qual amore non resteremo noi accesi,
a vista delle fiamme che trovansi nel seno del Redentore! Ed oh qual ventura poter
esser bruciati da quello stesso fuoco di cui brucia il nostro Dio! E qual gioja essere
a Dio uniti colle catene d’Amore! Oh quante saette amorose escono da quelle Piaghe,
che feriscono i cuori più duri! oh che fiamme escono dal Cuore ardente di
Gesù Cristo, che infiammano i spiriti più freddi! oh quanti dardi si
scagliano da quel costato ferito, che scuotono i peccatori più duri!”
Ma oh abisso di misteri operati da quell’amor profondissimo, che qual ardente fornace
consumò la vita stessa del Salvatore! Gran degnazione infatti si fu per noi
l’essere redenti dalla schiavitù del demonio, il ritornare nel possesso della
grazia, nel diritto alla gloria, nella figliolanza di Dio; peraltro poteva Gesù
ciò ottenerci senza tanti patimenti, voglio dire senza l’effusione totale
di tutto il suo Sangue. Ma quel che sarebbe bastato alla Redenzione, non bastò
all’Amore. Gesù volle essere il prototipo dei Confessori e dei Martiri, degli
Apostoli e delle Vergini, degli Anacoreti e dei Contemplativi: Gesù volle
farsi universale Maestro. Gesù volle cibarci con sé medesimo; volle
morire per noi! O Amore, o Amore, o Amore! Deh fate, o Redentor mio caro, che io
viva sol per amarvi. Amen».



Queste e tante altre espressioni che si riscontrano nelle sue lettere dal carcere,
ci svelano un animo ormai afferrato da Gesù contemplato nel mistero del suo
Sangue.

Nel febbraio del 1814 Gaspare rientra a Roma. Quattro anni di prigionia trascorsi
lontano dalla patria! Ne era partito col cuore colmo di dolore per le opere apostoliche
che lasciava, per la mamma che non avrebbe più trovato, ma senza la ricchezza
della devozione al Sangue di Cristo. Vi ritorna dopo quattro anni, portando nell’animo
questo tesoro immenso, acquistato attraverso l’umile testimonianza del suo nuovo
direttore spirituale, D. Francesco Albertini, e attraverso la sua generosa partecipazione
al mistero della croce nella fedele sequela del Cristo, il cui Volto ormai gli si
mostrava nel segno caratteristico del suo Sangue Prezioso, sparso con immenso amore
e dolore per la salvezza di tutti.



Quarta tappa: 1814 – Missionario apostolico!



Con tale carica di energia spirituale, si sarebbe tentati di credere che la preconizzata
«Tromba del Divin Sangue», ormai libera dalle pastoie della prigionia
e ricongiuntasi finalmente a Roma col caro padre della sua anima, D. Francesco Albertini,
cominciasse a squillare, adunando i fedeli sotto il vessillo del Sangue di Cristo.

Non fu così; e non lo fu perché, proprio allora che si era prossimi
all’attuazione del vaticinio di Suor Maria Agnese, si addensarono maggiormente nell’animo
di Gaspare ombre di dubbio, tanto più che cominciava a riaffiorare nel suo
cuore un antico desiderio di abbandonare il mondo e nascondersi «nell’asilo
della Religione ch’è già per rimettersi della Compagnia di Gesù»;
ma si sentiva «vincolato da mille legami», che gl’impedivano di fare
«un’efficace risoluzione». Si rimetteva, perciò, alla volontà
di Dio: «Basta, facciamo orazione e, se piacerà al Signore, tutto si
combinerà, altrimenti adoreremo le divine disposizioni, poiché la sua
volontà è quella che ci santifica», scrive il 2 luglio 1814 alla
Contessa Lucrezia Ginnasi.

In questa situazione di scelta vocazionale gli fu di valido aiuto l’Albertini. Così
narra la soluzione il Valentini, che nel 1820 S. Gaspare scelse come suo direttore
spirituale: «Il Servo di Dio, ritornato (dalla prigionia), proseguì
a conferire col suo direttore Monsignor Albertini, reduce anch’egli dalla deportazione,
e con chiarezza di coscienza apriva il suo cuore, palesando l’inclinazione sua propria
per la Compagnia di Gesù. Questo gran maestro di spirito non si opponeva al
suo buon desiderio, avvisandolo che delle cose udite per parte della gran serva di
Dio Suor Maria Agnese del Verbo Incarnato non facesse gran conto, giacché
tali cose straordinarie non debbono formar regola né di credere né
di operare, ma, ben fondato sulle regole della fede e del costume secondo i principi,
dovesse andare innanzi con maturo consiglio e orazione, per incentrare la pura volontà
di Dio e non errare in fatto di vocazione, da cui dipende tutta la tessera di nostra
vita e di predestinazione e salute. Soddisfatto appieno di tali massime, che poi
comunicava anche ad altri per loro bene, il Servo di Dio non lasciava di tendere
alla Compagnia, chiedendo in grazia di esservi ammesso insieme con Don Carlo Odescalchi.
Ma il Signore, che disponeva diversamente, ed Albertini, che non saprei se naturalmente
per mezzo di Monsignor Cristaldi o per altra via soprannaturale conoscesse la cosa,
lo assicurò che, quantunque Odescalchi ed esso avessero dato il nome alla
detta Compagnia, non sarebbero allora entrati. Difatti, il dì veniente ebbero
avviso per biglietto che eran chiamati dal Sommo Pontefice Pio VII all’udienza per
inviarli alle missioni. Chinò il capo il Servo di Dio a tale cenno del supremo
gerarca e incominciò allora a conoscere decisivamente in effetto la volontà
santissima di Dio per la carriera apostolica delle missioni».

Scrivendo alla fine di novembre del 1814 alla stessa Contessa Lucrezia Ginnasi di
Imola, a proposito della sua vocazione le confida: «Circa l’affare dei Gesuiti
ho preso consiglio dai più esperti Maestri di spirito, ed il commune consiglio
è stato che il Signore vuol che faccia del bene da prete secolare. Ciò
non ostante facciamo orazione, affinché meglio io conosca il divin volere».


La deputazione papale a missionario apostolico impegna Gaspare a realizzare tale
compito nel modo più efficiente possibile insieme con i suoi compagni della
Santa Lega, fondata da Don Gaetano Bonanni nella festa del Corpus Domini del
1813. Quest’opera era costituita da sacerdoti secolari, chiamati Operai Evangelici,
che, pur restando nella propria casa, si dedicavano alle missioni popolari. Anche
Gaspare, mentre era ancora in prigionia, fu invitato a parteciparvi e vi aveva aderito
entusiasticamente con una lettera scritta da Firenze il 14 gennaio 1814 al segretario
dell’opera D. Antonio Santelli.

Pur svolgendo delle missioni, la Santa Lega, così come era concepita,
non poteva assicurare stabilmente tale ministero. Perciò, Gaspare si dà
da fare presso i compagni e soprattutto col Bonanni non solo per trovare una sede
stabile per l’opera, ma anche per costituire un vero e proprio Istituto di sacerdoti
secolari di vita comune e dedicati stabilmente e unicamente al ministero delle missioni
al popolo. In una lettera del 22 settembre 1814, scritta al Bonanni «con santa
libertà», lo esorta a seguire «una volta le tracce di quella Provvidenza,
che già per la nostra Opera ha dato e prosegue a dare segni manifestissimi
di approvazione… Un Operario Evangelico a cui si apre la via di perpetuare anche
dopo la sua morte un’istituzione tanto lodevole, non deve abbandonare l’impresa a
cui si è accinto… Io non desidero che la volontà del Signore».

E prende lui l’iniziativa. Così ci descrive i fatti il Merlini: «Si
diede l’occasione di portarsi in Giano, diocesi di Spoleto, con l’illustrissimo monsignor
Belisario Cristaldi, il quale soleva ogni anno condurre seco qualche zelante sacerdote
per una piccola missione precedente la festa della Madonna Santissima delle Grazie,
che in Giano si celebra il giorno di tutti i Santi, e dove negli anni scorsi vi era
stato anche il sacerdote Don Gaetano Bonanni. Qui, insieme col signor avvocato Paolucci,
uno dei primi possidenti di Giano, si discorse seriamente di questa opera e si disse
che per tale oggetto sarebbe stata assai opportuna la chiesa e ritiro di S. Felice,
vescovo e martire, il quale era stato già lasciato dai Padri Passionisti e
formalmente rinunciato, perché non era adatto per loro, attese alcune servitù
annesse e per la scarsezza dei soggetti, avendo altri più comodi ritiri da
occupare». Tornato a Roma, ne parla col Bonanni e compagni; il Cristaldi si
premura di presentare la richiesta del convento e chiesa di S. Felice di Giano nel
modo più accessibile possibile e il 30 novembre 1814 era già pronto
il rescritto di concessione di Pio VII.

Oltre che preoccuparsi di portare a termine la fondazione dell’opera, con l’Albertini
e il Cristaldi fa sì che essa venga intitolata al Sangue Divino.

Apostolo del Divin Sangue, nel dicembre del 1814 prende gli auspici per questo suo
ministero con una missione in S. Nicola in Carcere, luogo di nascita della devozione
destinata a espandersi per il mondo.

Man mano che la predizione di Suor Maria Agnese del Verbo Incarnato si andava realizzando,
anche Gaspare acquistava maggiore consapevolezza della verità di essa, da
non aver più dubbi in proposito, tanto che nel 1825 scriverà a Leone
XII che il suo Istituto era stato «ideato nei tempi di deportazione e (si era)
sviluppato mirabilmente immediatamente dopo la deportazione con tanto profitto delle
Anime e rabbia insieme del demonio, che non ha cessato né cessa far guerra
speciale a questa parola: “Prezioso Sangue di Gesù Cristo”».
Anche le testimonianze dei Processi ci tramandano questa sua ferma convinzione.

Fondata a S. Felice di Giano il 15 agosto 1815 la Congregazione, S. Gaspare lavora
con l’Albertini per rendere sempre più numerosa la Confraternita e arricchirla
di favori spirituali. Col Breve ottenuto da Pio VII il 22 settembre 1815, essa viene
dotata di varie indulgenze; con un altro del 26 dello stesso mese e anno è
elevata al titolo di Arciconfraternita.

Ormai l’anima di Gaspare ha sposato la causa del Sangue di Gesù e non vivrà
che per essa.



Quinta tappa: 1817 –Primo Promotore e Missionario dell’Arciconfraternita del
Preziosissimo Sangue




Al punto in cui siamo arrivati, ci sembra impossibile poter registrare, con date
alla mano, altre ascensioni dello spirito di Gaspare verso la devozione al Preziosissimo
Sangue. Ci si intenda: fino alla morte egli si perfezionerà in essa, l’abbiamo
già detto e lo ripetiamo. Ma come seguire quell’intimo lavorio che lo Spirito
Santo svolgeva in lui? E’ impossibile per noi che arriviamo all’anima solo attraverso
le azioni e le testimonianze, che però troviamo abbondantemente nell’Epistolario
di S. Gaspare
, nei suoi scritti e nelle deposizioni processuali.

Ora però dobbiamo compiere un ultimo passo, che ci permette di contemplare
la figura di Gaspare giganteggiare solitaria nella spiritualità del Sangue
di Cristo, realizzando così la terza parte della predizione di Suor Maria
Agnese: «Sarà la tromba del Divin Sangue», non una tromba,
cioè ne sarà l’apostolo, non un apostolo soltanto.


Arriviamo così al 1817, quinta tappa da noi fissata nel mistico itinerario
spirituale del nostro Apostolo del Sangue di Cristo.

Quest’anno va segnalato principalmente perché a S. Gaspare viene riconosciuta
dai responsabili dell’Arciconfraternita del Preziosissimo Sangue una particolare
eccellenza verso la devozione al Preziosissimo Sangue. Ecco lo svolgimento dei fatti.

Bisogna ricordare che l’Albertini fondò la Pia Unione del Preziosissimo Sangue
come associazione laicale, ma poi, nel desiderio di assicurare la diffusione della
devozione del Preziosissimo Sangue soprattutto attraverso la predicazione delle missioni
popolari, allargò questo progetto, istituendo come parte integrante dell’associazione
laicale il gruppo dei Missionari dell’Arciconfraternita del Preziosissimo Sangue,
tra i quali potevano iscriversi, oltre che i sacerdoti secolari, anche i religiosi
e i vescovi. Il primo a dare la sua adesione a questo gruppo nel 1817, dietro suggerimento
dello stesso Albertini, fu S. Gaspare e dopo di lui si iscrissero anche i suoi compagni
missionari, i quali «furono nelle Costituzioni di detta Arciconfraternita confermati
e dichiarati come principali fratelli e propagatori della devozione del Preziosissimo
Sangue».

Questa aggregazione fece sì che nel congresso tenuto dai responsabili dell’Arciconfraternita
il 27 dicembre 1817 Gaspare fosse eletto a pieni voti Direttore Generale delle
Missioni dell’Arciconfraternita e Primo Promotore e Missionario del Preziosissimo
Sangue.

Il giorno seguente il segretario dell’Arciconfraternita, il Sig. Pietro Zucchetti,
gli comunicò la notizia con queste parole:



«Essendo stata Vostra Signoria Reverendissima eletta a pieni voti in Primo
Promotore e Missionario, onde eccitare sempre più la devozione verso il Preziosissimo
Sangue di Gesù Cristo, titolo primario della nostra Arciconfraternita eretta
all’altare del Santissimo Crocifisso nella Basilica di S. Nicola in Carcere, il sottoscritto
Segretario, nell’atto che adempie alle prescrizioni della Congregazione di ieri sera
partecipandogliene la notizia, ha l’onore di baciargli le mani. Casa 28 dicembre
1817».



L’elezione non poteva ricadere su persona più degna e preparata. In questo
fatto vediamo il punto di confluenza del piano divino con la collaborazione umana.
Gaspare, da questo momento, non solo per impulso interno, ma anche per l’impegno
ricevuto e accettato è l’Apostolo del Preziosissimo Sangue. Per assolvere
quest’impegno con più merito, fa voto di propagare fino al sacrificio
la devozione al Divin Sangue.

Questo voto segna la vetta più alta raggiunta da Gaspare nel suo itinerario
di maturazione come Apostolo del Sangue di Cristo. La sua vita futura sarà
una continua attuazione di esso, non solo nella pratica e nella propagazione della
devozione al Preziosissimo Sangue, ma anche nella difesa di essa persino di fronte
agli attacchi da parte della suprema autorità della Chiesa.








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Il preziosissimo Sangue