Procreazione Responsabile (cap. II)


«Procreazione
Responsabile»

di Lino Ciccone

















2. I PILASTRI FONDAMENTALI

Non è possibile
andare oltre semplici richiami, ma è necessario farlo. La stessa «Humanae
Vitae
»dice: «Il problema della natalità (…) deve essere
considerato (…) nella luce di una visione integrale dell’uomo e della sua vocazione»
(n. 7). Di questa antropologia troviamo la formulazione più concisa nel n.
11 della «Familiaris Consortio».




L’uomo e la sua vocazione


Rifiutando ogni
concezione materialistica, si afferma nettamente che l’uomo è «spirito
incarnato»; è creato da Dio «a sua immagine e somiglianza»;
e Dio «che «è amore»» «chiamandolo all’esistenza
per amore, l’ha chiamato nello stesso tempo all’amore. (…) L’amore
è pertanto la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano».




Amore e sessualità


La vocazione all’amore
è di tutto l’uomo, unità di spirito e corpo. La sua realizzazione può
aversi sia nel matrimonio che nella verginità. Guardando alla realizzazione
matrimoniale, viene in primo piano la sessualità come dimensione profonda
della persona. «Essa si realizza in modo veramente umano, solo se è
parte integrale dell’amore con cui l’uomo e la donna si impegnano totalmente l’uno
verso l’altro fino alla morte. La donazione fisica totale sarebbe menzogna, se non
fosse segno e frutto della donazione personale totale».


Nella ricchezza
di significati di queste affermazioni devo limitarmi a sottolineare solo che amore
coniugale vero è quello che coinvolge tutto nella persona, corpo e spirito,
sentimenti e volontà; e la sua espressione sessuale propria esige un altrettanto
totale dono vicendevole dei due sposi.


In questa pienezza
di coinvolgimento dell’uomo e della donna, particolare rilievo ha ovviamente la dimensione
sessuale delle due persone, compresa, e in primo piano, la sua componente genitale.
Di qui un’altra caratteristica essenziale nell’amore coniugale, quella di essere
portatore di una interiore tensione verso la generazione. L’Enciclica «Humanae
Vitae
» lo esprime ponendo tra le caratteristiche essenziali dell’amore
coniugale anche quella di essere «fecondo» (HV 9).




La procreazione


Per tutta una
serie di fattori, nella cultura e nella mentalità dominante la trasmissione
della vita umana è stata ridotta a un fenomeno puramente biologico, è
«riproduzione», come negli animali, tanto che sono state applicate a
essa le stesse tecniche di riproduzione artificiale già adoperate per le bestie.
Cosi ridotta, la generazione è considerata una faccenda privata di ogni coppia,
padrona di gestirla a suo piacimento.


In linea invece
con tutta una tradizione che parte dalle prime pagine della Genesi, il Magistero
conferma la dottrina che vede la generazione umana come opera si di un uomo e di
una donna, uniti in quella comunione di vita e di amore che è il matrimonio,
ma in collaborazione con l’amore creatore di Dio. Perciò il generare
umano è «procreazione» nel senso più forte del termine,
quasi un creare in nome del Creatore. E per gli sposi non è una specie di
hobby, ma costituisce «la missione loro propria» (GS 50), affidata
a loro da Dio. Essi quindi nella procreazione agiscono come «cooperatori dell’amore
di Dio e quasi suoi interpreti» (GS 50).




Responsabilità


È un concetto
centrale per noi, e conviene chiarirlo; tanto più che non mancano equivoci
e malintesi. Distinguiamo un significato generico e fondamentale, e un significato
più specifico.


«Responsabile»
viene detto ogni comportamento che uno assume consapevolmente e liberamente. Responsabile
perché chi agisce così è in grado di «rispondere»
del suo atto, cioè di dare spiegazione di quello che ha fatto, e dei motivi
per cui lo ha fatto.


In senso più
specifico, diciamo responsabile la persona che nell’agire così tiene in conto,
rispetta, i valori che sono in gioco, e sa far fronte adeguatamente alle conseguenze
dell’atto che pone.

Tra i vari elementi
della responsabilità, particolare rilievo ha l’indicazione «a chi»
deve rispondere il soggetto che agisce. Nella cultura dominante, materialista e individualista,
si afferma: «Io rispondo solo a me stesso». Ma in una concezione della
vita, non dico cristiana, ma anche solo semplicemente non atea, la responsabilità
si pone anzitutto verso Dio: a lui dobbiamo «rispondere» delle nostre
scelte, con cui adempiamo, oppure rifiutiamo, la missione da lui affidata a ciascuno
di noi.

Gli sposi perciò
«rispondono» anzitutto a Dio dell’adempimento della missione di genitori
che egli ha loro affidato quando li ha chiamati a vivere nel matrimonio.











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