LA SANTA MESSA E IL PIÙ EFFICACE SACRIFICIO DI IMPETRAZIONE

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LA
SANTA MESSA

di P. Martino de Cochem O.M.C.















CAPITOLO QUATTORDICESIMO

LA SANTA MESSA E IL PIÙ EFFICACE SACRIFICIO DI IMPETRAZIONE



Dio,
sotto la legge mosaica, non aveva ordinato ai giudei di offrirgli soltanto olocausti
per glorificarlo, ma anche sacrifici di pace, il cui fine era di ottenere beni temporali
e di allontanare i mali. Questi sacrifici di pace o di preghiera erano di grande
efficacia e per mezzo di essi Israele riceveva abbondanti benedizioni e grazie di
preservazione non meno preziose.

Nella Sacra Scrittura si legge che gli israeliti, minacciati di sterminio dai filistei,
domandarono a Samuele di pregare per loro. questi immolò un agnello e implorò
il soccorso del Signore e subito il nemico fu preso dallo spavento, messo in fuga
e disfatto. Quando Dio colpì il popolo d’Israele con la peste, David offrì
un sacrificio di pace e il flagello scomparve. Nella Sacra Scrittura troviamo molti
esempi di preghiere esaudite in virtù dei sacrifici. Ora, se Dio ha dato ai
giudei, gente dal cuore duro, un mezzo così potente, come dubitare che i cristiani
non ne abbiano ricevuto uno ancora più potente, per ottenere i beni materiali
e spirituali e per sfuggire alle calamità temporali ed eterne? Questo mezzo
è la santa Messa. Dio che si è mostrato così generoso verso
coloro che gli offrivano un agnello, potrà rifiutarci qualche cosa quando
gli offriamo sull’altare l’Agnello celeste, vittima senza macchia, immolata per noi?

E così la Chiesa è trattata molto meglio della Sinagoga, poiché,
mentre nell’antica legge, a causa della loro imperfezione, i sacrifici erano molteplici
e ciascuno di essi era celebrato con un rito particolare, la Chiesa, che ne ha uno
solo, l’offre in tutte le circostanze e ottiene, nonostante la sua apparente povertà,
grazie più abbondanti di quelle che ottenevano, con tutte le loro risorse,
i giudei.



Fini per i quali può essere offerta la S. Messa



Il Concilio di Trento ci insegna che si può offrire la santa Messa
con differenti intenzioni: “Se qualcuno dice che il Sacrificio della Messa è
solo un sacrificio di lode o di ringraziamento, o una semplice rappresentazione del
Sacrificio compiuto sulla Croce e non Sacrificio di propiziazione, o se dice che
non serve ad altri che a colui che si comunica e non può essere offerto per
i vivi e per i morti, per la soddisfazione dei peccati, per la remissione delle pene
e per le altre necessità, sia anatema!”. Queste parole sono un articolo
di fede e perciò senza dubbio la Messa può essere detta a più
fini e per essa otteniamo mille favori differenti. Possiamo ascoltarla o farla celebrare
per la maggior gloria di Dio, per la più grande gioia della santissima Vergine,
in onore degli angeli e dei santi, per la nostra salute eterna, per conservare o
recuperare la salute fisica, per essere preservati dal male, per ottenere il perdono
dei peccati, l’emendazione della vita e la grazia di una buona morte. E tutto questo
possiamo domandarlo per i nostri parenti ed amici, per il mondo intero, nonché
per la liberazione delle anime del purgatorio.



La S. Messa, sacrificio di impetrazione



I Dottori della Chiesa ci insegnano quale valore ha questo Sacrificio per
impetrare una grazia: “E’ veramente efficace – dice Marchant – a causa della
dignità della vittima, poiché il principale sacrificatore è
infinitamente gradito alla divina Maestà. I meriti offerti da Lui sono inesauribili
e la sua passione, il suo sangue, le sue piaghe hanno una virtù senza limiti,
perciò Dio non ricusa niente, qualunque sia il numero di quelli che implorano
Gesù.”. San Lorenzo Giustiniani conferma la stessa dottrina dicendo:
“Nessun sacrificio è così utile, così grande, così
gradito al Signore come il santo Sacrificio della Messa, nella quale gli sono nuovamente
offerti i meriti del nostro mediatore e se il sacerdote che dice la Messa e il popolo
che l’ascolta pongono davanti ai suoi occhi questa Passione e questa morte dolorosa,
le loro preghiere saranno infallibilmente esaudite”.

Sotto l’antica legge Dio proibiva ai giudici di accettare regali: “Tu non guarderai
alle persone, né riceverai doni, perché i doni accecano gli occhi dei
sapienti ed alterano le parole dei giusti”. Proibizione prudentissima: infatti
è impossibile che un ricco dono non influisca sulla rettitudine del giudizio,
né c’è cuore abbastanza fermo che resti indifferente, come non c’è
bilancia che non penda dal lato dove grava una somma d’argento. Se è così
nelle cose umane, credete forse che non sia altrettanto nell’ordine divino? Oh! Dio
non ha un cuore di pietra, ma un cuore sensibile e perciò riceverà
con gioia un dono, qual è la santa Messa e modificherà la sua sentenza.
Fra Dio e l’uomo c’è questo divario: se i doni, al dire della Scrittura, accecano
l’uomo, non possono oscurare gli occhi della Sapienza infinita e con la pienezza
dei suoi lumi Dio mitiga la sua sentenza, allorché gli offriamo questo divino
Sacrificio, di modo che siamo certi che nel momento in cui lo riceve dalle nostre
mani, la sua giustizia si unisce alla sua misericordia per compiere le nostre speranze.

“Nella Messa – dice Kisseli – non imploriamo soltanto la misericordia, ma ci
indirizziamo anche alla giustizia. Infatti noi offriamo l’umanità di Cristo,
che per l’unione ipostatica è stata nobilitata al più alto grado e
che per la gloria del Padre suo e per la nostra salute, è stata flagellata,
coronata di spine, crocifissa. Offriamo le sue ferite, le sue lacrime, il suo sangue
prezioso. Tutto questo è nostro in maniera che comperiamo ad un altissimo
prezzo le grazie che domandiamo”.

Con l’oblazione del santo Sacrificio diamo anche più di quello che possiamo
ricevere e perciò non c’è motivo di temere che una preghiera così
ragionevole possa essere rigettata. Noi infatti chiediamo cose terrene e offriamo
una vittima divina.

Non saremo, dunque, esauditi da un Dio liberalissimo, che non lascia senza ricompensa
neppure il bicchiere d’acqua dato in suo nome, quando gli presentiamo con fervore
il calice pieno del Sangue del suo Figliolo, sangue divino che domanda grazia per
noi, ed invoca ad alte grida la misericordia?



“Qualunque cosa domanderete al Padre, nel nome mio, egli ve la concederà”



Nell’ultima Cena il Salvatore ha promesso che tutte le richieste fatte al
Padre suo, in suo nome, saranno accolte favorevolmente. Ora, troveremo noi una migliore
occasione della Messa, della Messa dico, dove Gesù immolato per noi è
posto davanti agli occhi del Padre suo, per presentare queste richieste? Consideriamo
un’altra causa di questa efficacia: “Quando un principe è prigioniero
– dice san Bonaventura – non gli si rende la libertà se non a condizione di
pagare una forte taglia. Così noi non dobbiamo lasciar partire il Salvatore,
che nella santa Messa si è fatto nostro prigioniero, prima che ci abbia promesso
il Cielo”. Sembra che il sacerdote si ispiri a questi sentimenti, quando alza
l’Ostia consacrata, come se volesse dire al popolo: “Vedete? Colui che il mondo
non può contenere è in nostro possesso e non lo lasceremo partire prima
di avere ottenuto ciò che desideriamo”. È il caso di ripetere
le parole di Giacobbe all’Angelo che teneva fra le sue mani vittoriose: “Non
ti lascerò andare via assolutamente, se prima non mi avrai benedetto”.
Dimostrerò quanto si può ottenere in questa maniera con degli esempi.

Nella cronaca dei Cappuccini si legge che nel 1582 c’era a Spello una pia donna maltrattata
continuamente dal marito che, dopo qualche anno di questa triste esistenza, era ridotta
alla disperazione. Un giorno due cappuccini, i frati Lattanzio e Francesco de Murci,
andarono a chiederle l’elemosina. La povera donna, piangendo, espose loro la sua
misera condizione e i religiosi cercarono di consolarla. Poi le consigliarono di
ascoltare la Messa ogni giorno e di unire le sue afflizioni a quelle del Salvatore
immolato per lei, assicurandola che il suo carnefice avrebbe finito con l’emendarsi.
La donna li ringraziò, promise di dare ascolto a quel consiglio, fece loro
l’elemosina e i frati continuarono il loro giro. Ma l’implacabile marito non permise
alla pia moglie di andare in chiesa nei giorni feriali ed essa si affliggeva molto
di non poter seguire il consiglio dei suoi caritatevoli visitatori. Dopo qualche
tempo, però, il marito intraprese un lungo viaggio, durante il quale la donna
ebbe la libertà di assistere regolarmente al santo Sacrificio, cosa che ella
fece con sentimenti di grande pietà, raccomandando se stessa e suo marito
alla misericordia divina e scongiurando il Signore di cambiare quel cuore indurito.
Una mattina il marito ritornò all’improvviso: “Dov’è mia moglie?”,
domandò subito. “Alla Messa, come fa ogni mattina”, rispose la cameriera.
A questa notizia il miserabile, pieno di furore contro l’assente, lanciando contro
di lei tremende invettive, minacciò di ammazzarla e dalle parole passando
ai fatti, appena la moglie rientrò in casa, la prese per il collo tentando
di strangolarla. In tale estremo l’infelice implorò il soccorso del Cielo
per i meriti della santa Messa e all’istante il Signore colpì il forsennato
paralizzandolo, di modo che non poté né consumare il delitto, né
staccare le mani dal collo della vittima. Questa impotenza lo irritò maggiormente,
credendola effetto di una magia e gli fece raddoppiare le imprecazioni. Ma poiché
le sue membra diventavano sempre più rigide dovette ben presto persuadersi
che quanto gli accadeva era una punizione del Cielo. Si pentì allora dei suoi
peccati e promise a sua moglie di correggersi se gli otteneva la liberazione. Dapprima
la donna, stimando meglio avere in casa un paralitico che un crudele carnefice, diffidò
della sua sincerità, ma finalmente persuasa, unì le sue preghiere a
quelle del marito, fino a che Dio non l’esaudì. Questo castigo giovò
al peccatore, perché egli cambiò vita, divenne migliore con sua moglie
e in seguito andò con lei alla santa Messa. “Per i meriti di una tale
offerta – scrive il Molina – l’uomo può ottenere da Dio tutto ciò di
cui ha bisogno per la sua salute, non essendoci altro mezzo così efficace”.
Ed io credo di aver sufficientemente provato questo nel presente capitolo.

Infatti alla Messa non preghiamo da soli, ma con noi e per noi pregano il sacerdote,
gli angeli ed il Salvatore stesso. E non contenti di questo, offriamo a Dio, insieme
alle nostre preghiere, un dono infinito. Se non siamo esauditi in queste condizioni,
dove e quando potremo essere esauditi?



Confidenza in Dio e fiducia nella preghiera



Ciò nonostante, osserverete voi, Dio non ascolta sempre quelli che
gli offrono il divino Sacrificio. Il padre Hobat risponde: “Benché possiamo
essere esauditi più facilmente da Dio per il santo Sacrificio della Messa,
che per qualunque altro mezzo, l’infallibilità dell’effetto è spesso
subordinata a certe leggi, che poche persone sanno adempiere”. Il Cardinal Bona
si esprime più chiaramente: “E’ nell’essenza della preghiera – dice egli
– lasciar libero Colui che si prega di accordare o di rifiutare. Esponiamo, è
vero, un motivo capace di commuovere Iddio, ma Dio non è obbligato ad ascoltarci.
La Messa sarà per questo priva dei suoi effetti? Sicuramente no e se non riceviamo
quello che domandiamo, riceviamo in compenso altri vantaggi più utili”.
D’altra parte è un errore immaginarsi che si possa contare sulla garanzia
di essere esauditi dopo una volta. Come in ogni cosa, anche nella Messa è
necessaria la perseveranza.

Un giorno santa Geltrude domandava al Salvatore: “Da che cosa dipende che la
mia preghiera è così raramente efficace?”. Gesù le rispose:
“Se non ti ascolto sempre, secondo i tuoi desideri, io che sono la Sapienza,
è perché ho sempre in vista il tuo bene. Accecata come sei dall’umana
debolezza, non puoi discernere il vero”. Questo vale come se nostro Signore
avesse detto: “Tu non sai quello che è più utile a te e agli altri
e perciò non esaudisco, talvolta, le tue richieste, per concederti, in cambio,
quello che giudico migliore per la tua salute e per quella del tuo prossimo”.
Un’altra volta la stessa santa domandava al Salvatore: “Perché pregare
per i miei amici, se non ne ricevono alcun vantaggio?”. Gesù le rispose:
“Non ti stupire perché non vedi gli effetti della tua preghiera, perché
io li dispongo con una imperscrutabile saggezza; tuttavia assicurati che più
uno pregherà per una persona, più questa persona sarà felice,
perché nessuna preghiera sincera resterà senza frutto e la via della
grazia è un cammino nascosto”. Risposta consolante! Se è vero,
infatti, come il Salvatore afferma, che nessuna preghiera fervente è sterile,
a maggior ragione non sarà sterile la Messa che è la migliore di tutte
le preghiere. Ma notate l’espressione di Gesù Cristo: “Nessuna preghiera
sincera”. La preghiera sincera è quella che è accompagnata dalla
confidenza e quindi colui che prega senza confidenza riceverà poco o niente,
come vedremo nel seguente esempio.

Il Surio riporta che nei dintorni del Castello di Coculles un invasione di cavallette
stava causando gravi danni ai raccolti e agli alberi. Il popolo corse in tutta fretta
presso il santo sacerdote Saturnino e lo supplicò di intercedere presso Dio
per ottenere la cessazione del flagello. Il monaco, compassionevole, radunò
tutta la gente in una chiesa e la esortò alla preghiera con una predica che
terminava così: “Non conoscendo mezzo più sicuro del santo Sacrificio,
l’offro secondo la vostra intenzione. Offritelo voi stessi con me e mettete nell’offerta
tutta la vostra confidenza”. Il popolo seguì il consiglio ad eccezione
di un solo individuo che disse agli altri: “Poveri insensati! Anche se sentiste
tutte le Messe del mondo esse non farebbero sparire una sola cavalletta”. A
queste parole lasciò l’assemblea per andare a riprendere il suo lavoro, mentre
gli altri rimasero in chiesa, uniti piamente al sacerdote per supplicare il buon
Dio di liberarli dal flagello.

Finita la Messa, si affrettarono a ritornare nei campi e videro, miracolo, tutte
le cavallette librarsi in aria e sparire. L’incredulo, al colmo della sorpresa, riconobbe
il suo errore, non sapendo che, per lui, il castigo era preparato. Mentre quei fedeli
cristiani ringraziavano Dio, la nube devastatrice si abbatté sul suo campo.
Allora con cuore desolato, vedendo imminente la sua miseria invocò il Cielo,
ma il Cielo restò sordo ai suoi voti e i terribili insetti se ne andarono
dopo che ebbero divorato tutto ciò che c’era nei suoi campi

Questo racconto ci mostra due cose: la potenza della santa Messa e la confusione
riservata a coloro che la disprezzano o la deridono. Lungi dall’imitare l’incredulo
di Coculles, prendiamo esempio dal popolo buono ed accostiamoci con assoluta confidenza
al santo Sacrificio. Ascoltate la pressante esortazione di san Paolo: “Andiamo
con confidenza davanti al trono della grazia per ricevere misericordia e per trovare
soccorso nei nostri bisogni” [
15]. Qual’è
questo trono di grazia? Non il Cielo, perché non possiamo arrivarci, non l’Arca
dell’Alleanza, che era una semplice figura, ma l’altare sul quale l’Agnello di Dio
si immola, dove offre la sua vita per ottenerci misericordia. Sì, andiamo
ogni giorno, con fiduciosa devozione, a questo trono della grazia a cercare i soccorsi
che ci mancano, ricordiamoci che è la sede della misericordia e non quella
della giustizia. Diciamo a Dio: “Eccomi, Padre infinitamente buono! Vengo, durante
il santo Sacrificio, al trono della tua grazia, per implorare perdono e assistenza.
Su questo santo olocausto io fondo la mia speranza, perché il valore di esso
è infinito, come la vittima. Così sei costretto ad accordarmi la grazia
che domando, che, d’altra parte, desidero sia in armonia con la tua gloria e con
la mia eterna salute”.


NOTE


1
I Re, VII, 7-11.

2 Sess. XXII, can. 3.

3 Candel. myst. 2, 4, lect. 5, prop. 3

4 Serm. de Corp. Christ.

5 Deuter., XVI, 19.

6 In Expos. Missae.

7 Gen., XXXII, 26.

8 Trac. III, cap. VII, par. 4.

9
Alphab. de sac. and. n. 74.

10
De Miss., cap. I, par. 3.

11
Libr. III, Revel., 33

12 Lib II, Revel., 3, c. 3, par. 15

13
VIII Ian.

14
Il discorso di san Saturnino, la celebrazione della Messa
e le riflessioni dell’incredulo sono supposizioni ierosimili del Padre Martino ce
Cochem, ma niente di più. Surio si contenta di dice che in questa calamità,
in cui non era possibile alcun soccorso umano, il santo abate convocò i fedeli
in chiesa, per implorare soccorso cial Cielo e proibì di occuparsi delle cavallette
nel timore che un atto di diffidenza provocasse la collera di Dio. Ora uno degli
assistenti non tenne conto della raccomandazione del Santo e si recò nei suoi
campi per allontanare la nuvola devastattice e ritornò la sera a raggiungere
l’assemblea. L’indomani, al levar del giorno, tormentato dai rimorsi ritornò
alle sue occupazioni e trovò le messi tutte divorate, mentre gli insetti malefici,
obbedendo agli ordini del Cielo, avevano risparmiato le terre vicine (n.d.t.)

15
Ebr., IV, 16.






Testo tratto
da: P. Martino de Cochem O.M.C., La Santa Messa, Milano 1937/3, pp. 155-163.