I Papi e l’Immacolata

  • Categoria dell'articolo:Ave Maria!


L’insegnamento
del Magistero Ecclesiastico

circa l’Immacolata Concezione

di P. Gabriele Roschini O.S.M.















LA BOLLA DOGMATICA «INEFFABILIS DEUS»


Il testo
della Bolla dogmatica «Ineffabilis Deus» ha avuto nove stesure. Nelle
prime otto stesure, l’ordine degli argomenti era questo: l. Sacra Scrittura, 2. Tradizione,
3. Magistero Ecclesiastico. Nella nona ed ultima stesura invece (sotto l’influsso
del Card. Wiseman e di altri e, per comando espresso di Pio IX), l’ordine degli argomenti
venne invertito: l. Magistero Ecclesiastico; 2. S. Scrittura e 3. Tradizione. (Altrettanto
è stato fatto nella Cost. dogm. sull’Assunzione). Il punto di partenza perciò
è costituito dall’insegnamento del Magistero Ecclesiastico, ossia, dalla fede
attuale della Chiesa, poiché la promessa della continua presenza di Cristo
nella sua Chiesa (Mt. 28, 20) e la continua assistenza dello Spirito Santo – al dire
di Tertulliano – «non permette che la Chiesa senta o creda cose diverse da
quelle che Egli stesso, Dottore della verità, ha predicato per mezzo degli
Apostoli» (De praescriptione haereticorum, c. 28, PL 2, 47). Posta questa
perenne assistenza, ne segue che l’attuale credenza universale della Chiesa sia,
per se stessa, garanzia di verità ed anche garanzia dell’origine rivelata
di una tale verità.

È garanzia di verità, poiché è inammissibile che la Chiesa,
nella quale è sempre presente Cristo (Mt. 28, 20) ed è continuamente
assistita dallo Spirito Santo, possa insegnare una cosa non vera, falsa. È,
inoltre, garanzia dell’origine rivelata di una tale verità, poiché
trattandosi di una verità soprarazionale (mistero) non conoscibile mediante
la ragione, la Chiesa non può averla conosciuta se non per rivelazione divina:
«Dio – insegna il Concilio Vaticano II – il quale ha parlato nel passato, non
cessa di parlare con la Sposa del suo diletto Figlio, e lo Spirito Santo, per mezzo
del quale la viva voce dell’Evangelo risuona nella Chiesa, e per mezzo di questa
nel mondo, introduce i credenti a tutta intera la verità e in essi fa risiedere
la parola di Cristo in tutta la sua ricchezza (cfr. Col. 2, 16)» (Costit.
Dei Verbum, n° 80).

L’argomento principale perciò in favore della verità dell’Immacolata
Concezione è l’attuale credenza universale di tutta la Chiesa. (È questa
la cosiddetta via «dogmatica», ben diversa dalla via «storica»
per provare che una verità è stata «rivelata da Dio»).

Il dogma dell’Immacolata Concezione – come è ben noto – è stato uno
dei più contrastati, anzi, il più contrastato. Affermazioni e negazioni,
certezze e dubbi si sono succeduti con alterne vicende. Dinanzi a questo incerto
stato di cose, la Chiesa non poteva rimanere indifferente. Guidata dalla sua sovrumana
prudenza, intervenne progressivamente, secondo i bisogni dei tempi e le circostanze.
Prima di giungere all’ultimo passo (alla definizione dogmatica dell’8 dicembre 1854)
fece, per così dire, sette passi, equivalenti a sette giri di vite.

Il primo passo, ossia, il primo intervento ufficiale sulla via della definizione
dogmatica, fu compito verso la fine del secolo XV, dal Pontefice Sisto IV, francescano,
mediante due Bolle: «Cum praecelsa» del 1476 e «Grave nimis»
del 1483. Con la prima il Pontefice approvava la Messa «Egredimi» e l’Ufficio
«Sicut lilium» composti dal prelato veronese Leonardo de Nogarolis, ove
veniva Chiaramente espressa la sentenza immacolista (l’Oremus è quello
stesso che si usa anche oggi per la festa dell’Immacolata). Con la seconda, invece
(«Grave nimis»), proibiva, sotto pena di scomunica, di tacciare di eresia
sia l’opinione contraria sia quella favorevole all’Immacolata Concezione, adducendo
questa ragione: «la Chiesa Apostolica Romana non ha ancora definito la questione».
Si apriva così una nuova era nella storia del dogma (cfr. SERICOLI, CH., Immaculata
B.M.V. Conceptio iuxta Xysti IV Constitutiones
[Bibl. Medii Aevi, VI, Sibenici-Romae,
Kacic, 1945, pp. 158-1611).

Da Sisto IV a Pio IX, i documenti pontifici raggiunsero il migliaio (pur non essendo
tutti autentici). Ci limitiamo qui ai principali.

Secondo passo. Nel 1546, il Concilio di Trento, in occasione del decreto sul
peccato originale, dichiarava che non era «affatto sua intenzione di includere,
nel decreto relativo al peccato originale, la Beata ed Immacolata Vergine Maria Madre
di Dio», ma che occorreva «osservare le Costituzioni di Papa Sísto
IV ( … ) sotto le pene in esse comminate, pene che il (Concilio) rinnova»
(Sess. v, Decretum de peccato originali, § 5, Mansi, Concil. Coll. 33, col.
39). Questa esplicita dichiarazione era… sintomatica! … «Con tale dichiarazione
– rileva la Bolla Ineffabilis Deus – i Padri tridentini fecero abbastanza chiaramente
comprendere, per quelle circostanze, che la beatissima Vergine fu esente dalla colpa
originale; e dimostrarono perciò apertamente che né dalle divine Scritture,
né dall’autorità dei Padri si può dedurre alcun argomento che
sia in qualunque modo in contraddizione con questa prerogativa della Vergine»
(cfr. Todini A., Le Encicliche mariane, p. 41).

Terzo passo. Nel 1570, S. Pio V, domenicano, oltre a rinnovare le disposizioni
di Sisto IV, proibiva qualsiasi discussione pubblica fatta nelle «assemblee
popolari», nonché gli scritti in lingua volgare su tale argomento (cfr.
BOURASSÉ, Summa aurea, VII, 73). Rimanevano quindi permesse le «discussioni
accademiche» fra i dotti (i quali però dovevano evitare di tacciare
di eretica la sentenza contraria). Veniva perciò limitata l’espressione della
sentenza contraria al singolare privilegio.

Quarto passo. Nel 1617, Paolo V, con la Costituzione «Sanctissimus»,
proibiva di affermare anche negli atti pubblici «di qualsiasi genere»
(sia tra il popolo, sia tra i dotti) che la B. Vergine è stata «concepita
col peccato originale» (cfr. BOURASSÉ, VII, 209). Rimaneva quindi lecita
la discussione nei soli atti privati, tra i dotti. In tal modo la tesi maculista
rimaneva priva di ogni possibilità di espressione pubblica, e perciò
incominciò a subire una lenta agonia. Non veniva tuttavia condannata o pregiudicata
(per esplicita dichiarazione del Papa) la sentenza contraria.

Quinto passo. Cinque anni dopo, nel 1632, Gregorio XV, con la Bolla «Sanctissimus»,
estendeva anche agli atti privati tra i dotti (parole e scritti) l’interdizíone
di esporre la tesi macolista, senza però intendere di condannarla o pregiudicarla
(cfr. BOURASSÉ, VII, 1172-1173). In tal modo la tesi maculista veniva privata
anche di ogni possibilità di espressione non solo pubblica, ma anche privata,
e vedeva così accelerarsi la morte. È da notare però che i Domenicani,
nello stesso anno 1622, ottenevano dallo stesso Gregorio XV un ultimo atto di tolleranza:
«quello di poter liberamente trattate una tale questione fra di loro, non già
con gli altri, nelle loro conversazioni e conferenze private (cfr. BOURASSÉ,
VII, 222-224)
*

Sesto passo. Nel 1661, Alessandro VII, con la celebre Bolla «Sollicitudo
omnium Ecclesiarum», dopo aver richiamato l’osservanza delle precedenti disposizioni
pontificie (Sisto IV, Pio V, Paolo V, Gregorio XV), precisava ufficialmente l’oggetto
della festa della Concezione: si trattava di preservazione dell’anima di Maria dal
peccato originale, nella sua creazione ed infusione nel corpo e ciò per pura
grazia e privilegio di Dio, in previsione dei meriti di. G. Cristo Redentore del
genere umano. Aggiungeva inoltre che questa dottrina – contrariamente a quanto asserivano,
nel parlar dell’oggetto della festa della Concezione, gli avversari del singolare
privilegio – esprimeva il sentimento della Chiesa Romana ed era oggetto di tranquillo
possesso da parte dei fedeli (BOURASSÉ VII, 251- 255). Era questo l’ultimo
colpo mortale inferto alla sentenza macolista.

Settimo passo. Nel 1708, Clemente XI, con la Bolla «Commissi nobis»,
estendeva a tutta la Chiesa la festa della Concezione, come festa di precetto. Il
Magistero ordinario della Chiesa si era già sufficientemente pronunziato,
poiché la Chiesa – come osservava egregiamente S. Tommaso parlando della festa
della natività di Maria – non celebra la festa se non di una cosa santa. La
Concezione della Vergine quindi era cosa santa, ossia, senza macchia di peccato.
Ormai non mancava che l’ultimo passo: la definizione, ossia il pronunziamento del
Magistero straordinario.

L’ultimo passo. Era riserbato a Pio IX, che è passato alla storia ceme
«il Pontefice dell’Immacolata».

Dopo le debite consultazioni dell’Episcopato Cattolico e della Commissione da Lui
stabilita, l’8 dicembre 1854 definiva l’Immacolata Concezione come verità
di fede, «rivelata da Dio» da credersi da tutti!

NOTE

*
Lo stesso Tommaso Campanella O. P., nel suo trattato «De Conceptione Virginis»
(cfr. «Sapienza» 22 [1969] p. 196-248) esortava caldamente il Generale
e i Teologi Domenicaní a desistere dalla loro sconsigliata opposizione e ad
abbracciare di buon animo la pia dottrina, onde evitare una condanna pontificia e
salvare così il primato teologico dell’Ordine (cap. XIX, l.c., p. 244-248).







testo tratto
da: G. ROSCHINI O.S.M., Maria Santissima nella storia della salvezza, vol.
III, Isola del Liri: Pisani, 1969, pp. 22-25.