Compiere le opere ordinarie come se non avessimo altro da fare

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.

TRATTATO II. DELLA PERFEZIONE DELLE OPERAZIONI ORDINARIE


CAPO IV. D’un altro mezzo per far le opere bene che è farle come se non avessimo altro da fare.


1. Fa quel che fai.
2. Arte del demonio per impedircelo.


1. Il terzo mezzo per far le cose bene è far ciascuna cosa come se non avessimo altro che fare. Far l’orazione, celebrare la santa messa, dire il nostro rosario, recitar le nostre ore come se non avessimo da far altra cosa; e così di tutto il resto. Nel mentre che stiamo occupati o in questa o in quella cosa, chi ci è alle spalle? chi ci rincorre? Non ci confondiamo dunque, né ci affrettiamo nelle nostre operazioni, né l’una c’impedisca l’altra; ma teniamoci sempre attenti a quella cosa che stiamo facendo di presente. Mentre facciamo orazione non pensiamo allo studio, né all’impiego, né al negozio; ché questo non serve ad altro che ad impedir l’orazione e a non far bene né l’una né l’altra cosa. Tutto il rimanente del giorno serve per l’impiego, per lo studio, pel ministero. «Ogni cosa ha il suo tempo» (Eccle. 3, 1) e «basta a ciascun giorno il suo affanno» (Matth. 6, 34).


Questo è un mezzo tanto proprio e tanto ragionevole, che ancora i pagani, privi di fede, l’insegnavano, per trattar con maggior riverenza quelli che essi pensavano fossero dei, dande ebbe origine quell’antico proverbio: «Quelli che avranno da trattare con Dio, lo facciano sedendo» (PAUL. MANUT. in adag. Plutarc.) e con attenzione e quiete, e non di passaggio e con trascuraggine. Plutarco, parlando della stima e riverenza con cui i sacerdoti del suo tempo stavano avanti ai creduti loro dèi, dice che, mentre il sacerdote faceva il sacrificio, non cessava mai un trombettiere di gridare e dire ad alta voce queste parole: «Fa quello che fai»; sta colla mente fissa in cotesto affare, non ti divertire in altra cosa. Guarda bene al negozio che in quest’ora hai per le mani. Or questo è il mezzo che inculchiamo adesso, il procurar noi di stare tutti attenti nella cosa che facciamo, pigliandola a far di proposito e con sodezza, facendo ogni opera come se non avessimo altro che fare: «fa quello che fai». Fissati in questo; metti tutta la tua cura e diligenza in codesta cosa che ti è presente: licenzia per allora ogni altro pensiero di qualsiasi cosa; e a questo modo farai ogni cosa bene.

Dicendo un filosofo: «Facciamo quello che ora preme» (ARISTIPPUS EX AELIANO, 1. 14 hist.) intendeva dire che solamente abbiamo da stare attenti a quel che facciamo di presente, e non alle cose passate, né a quelle, che hanno da venire. E apportava questa ragione: perché la cosa presente è quella che sola sta in mano nostra, e non la passata, né la futura; perché quella già passò, é così non sta più in nostra mano; e l’altra non sappiamo se verrà. Oh chi potesse ridursi a tal termine, e fosse tanto padrone di se stesso, dei suoi pensieri e delle sue immaginazioni, che non stesse mai fisso in altra cosa che in quella che sta facendo! Ma da un canto è tanta l’istabilità del nostro cuore, e dall’altro è tanta la malizia e l’astuzia del demonio che, prevalendosi egli della nostra debolezza, ci reca pensieri e sollecitudini di quello che abbiamo da far poi, per impedirci quello che di presente stiamo facendo.

2. Questa è una tentazione del nemico molto comune e molto pregiudiziale e nociva; perché con questo egli pretende ridurci a non far mai cosa ben fatta. A questo fine nell’orazione il demonio ti mette in capo pensieri del negozio, dello studio, dell’ufficio, e ti propone il modo da far bene quell’altra cosa, acciocché non faccia bene l’orazione nella quale stai di presente. E pur che questo gli riesca, non si cura punto di rappresentarti mille modi e maniere da poter di poi far bene l’altra cosa, perché non la fai adesso: ma quando poi sarai per farla, non gli mancherà qualche altra cosa da proporti, acciocché né anche quella tu abbia da far bene. E in questa maniera ci va ingannando, acciocché non facciamo bene cosa alcuna. «Non ci sono ignoti i disegni di lui» (II Cor 2, 11): gliele conosciamo ben tutte le sue astuzie.

Lascia stare le cose avvenire e non aver ora pensiero di esse; perché quantunque queste siano buone per altro tempo, non è bene pensarci adesso. E quando ti venga questa tentazione sotto colore che di poi non ti ricorderai di quell’altra cosa che allora ti si rappresenta; in questo medesimo vedrai che non è cosa che venga da Dio, ma tentazione del demonio; perché Dio non è amico di confusione, ma di pace, di quiete e d’ordine: e così quegli che ti toglie la quiete, la pace e l’ordine e concerto delle cose non è Dio, ma il demonio, il quale è amico di confusione e d’inquietudine. Scaccialo via e confida in Dio, che facendo tu quel che devi, egli ti porgerà a suo tempo ciò che ti sarà espediente, e te lo porgerà con molto larga mano. E ancor che ti sovvenga una qualche buona ragione, o un buon punto, un bell’argomento, o il modo di scioglierlo, nel tempo degli esercizi spirituali, ributtalo, e credi pure che per far così non perderai niente, ma più tosto guadagnerai molto. S. Bonaventura dice: «La scienza che si lascia per la virtù, si ritrova di poi più compiutamente per mezzo della stessa virtù» (S. BONAV. in spec. discipl. Monach. n. .1). E il B. Giovanni D’Avila dice: Quando ti verrà nella mente qualche premuroso pensiero fuor di tempo, di’ pure: il mio Signore non mi comanda adesso niente di questo; e perciò non occorre che io vi pensi: quando il mio Signore me lo comanderà, allora vi penserò.