CRISTIANESIMO VISSUTO (II parte)


«CRISTIANESIMO
VISSUTO»

di
François-de-Sales Pollien certosino



















Parte II



DIO È IL SOLO

I.
Mio Dio e mio tutto.



Hai imparato a
collocare Dio al primo posto e là deve stare perché quello è
il posto che gli conviene: ma gli basta quello? Se credi in Dio, non hai verso di
lui nessun altro obbligo? Ripigliamo il principio fondamentale, poiché bisogna
vivere di princìpii. Dio ti ha creato: ti ha creato per sé. Ti ha Creato
tutto intero: il tuo essere e tutte le parti del tuo essere vengono assolutamente
da lui. Non hai nulla che non venga da lui. Or quello che Dio ha fatto, può
averlo fatto per un fine essenziale che non sia lui? No. Tutto il tuo essere nel
suo insieme e nelle sue parti deve dunque andare a lui. Non deve esserci per conseguenza
nessuna particella della tua vita, che non sia diretta a lui. La creatura non ha
diritto di assorbire la minima parte del tuo movimento vitale. Fintantoché
una qualunque del tuo essere non va a Dio, s’arresta e si riposa fuori di lui, tu
neghi il diritto di Dio. Fintantoché non è il tuo tutto egli non è
assolutamente il tuo Dio. Credi in Dio? Che cosa c’è per te all’infuori di
Dio? Strumenti., nient’altro che strumenti. Lui solo è il tuo fine, la tua
meta, il tuo termine. Fuori di lui tutto ciò che è creato, è
strumento per andare a Lui. Oh! quanto è per te importante l’intendere la
portata di questa parola: strumenti! Lo sai che ci siam messi d’accordo di non accontentarci
di sole parole e di andar a fondo delle cose. Io t’avevo detto che questa parola
aveva degli abissi misteriosi ecco il momento di scandagliarli.

Tieni ben a mente questo principio, che ti sembrerà chiaro come la luce del
sole: i doni di Dio non sono Dio. S. Agostino dice: i doni di Dio sono il veicolo
di Dio. Poiché per venire a noi e condurci a lui, Dio ha bisogno d’un veicolo.
Questo veicolo sono i suoi doni, cioè tutte le creature. Lui se ne serve per
venire a me; ed io debbo servirmene per andare a lui. Così le creature sono
ad un tempo gli strumenti di Dio e miei. Se ne serve Lui e devo servirmene anch’io;
come, lo vedremo nella terza parte.

È tanto chiaro che non si deve confondere il veicolo col visitatore, e trattar
l’uno come l’altro. Quando un tuo amico viene a trovarti, lasci partir la vettura
che lo conduce e tu resti con lui. Così pure quando tu vai da un amico, paghi
il vetturale, e resti col tuo amico. Lo stesso devi fare con Dio. La vita lo sai,
è il viaggio del nostro ritorno a Dio.

Le vetture non ci mancano: perché sappiamo servircene così male? Noi
ci trastulliamo come i bambini: ci attacchiamo alla vettura, e facciamo ben poca
attenzione al visitatore. Ci sta a cuore il dono di Dio e ci preme assai poco il
suo nome. Il suo nome è Lui; il suo dono è la creatura. Noi siamo in
realtà attaccati, appiccicati a tutte le creature, e molto poco attaccati
a Dio. Ci premono i suoi doni e poco il suo nome.

Quando dunque comprenderai e saprai ripetere il grido di S. Francesco d’Assisi: mio
Dio e mio tutto? Quel buon Santo passava le notti intere in estasi, ripetendo queste
sole parole: mio Dio e mio tutto. Tutto era nulla per lui. Dio solo era tutto. Per
chi crede in Dio, avviene necessariamente così. Colui che sa ciò che
è Dio, e quello che sono le creature, colui che non si lascia affascinare
ed ingannare dalle seducenti apparenze, vede e sente che Dio solo è il suo
tutto, e dice a Dio col Salmista: mio Dio, che vi è per me nel cielo se non
voi? e sulla terra che posso io volere fuori di voi? Voi siete il Dio del mio cuore
e la mia porzione per tutta l’eternità
1.
Oh! quando dunque Iddio sarà il Dio del tuo cuore? quando sarà lui
la tua porzione, l’unica tua porzione?… Mio Dio e mio tutto!…


II.
Dov’è la felicità.


– Ma allora non
si deve amar nulla? – Bisogna amar tutte le cose per Dio. Bisogna amar le cose come
si ama uno strumento. Ripetiamo le parole di S. Agostino: bisogna averle nella mano,
non nel cuore.

– Ma in fin dei conti non posso domandar ad esse una briciola di felicità?
– Spieghiamoci. Credi tu che Dio è Dio? Se è Dio, è il tuo tutto.
Per chi e perché t’ha creato? Gli farai l’ingiuria di credere che egli non
è abbastanza grande da bastare alla tua felicità? Che cosa può
bastare a chi neppur Dio basta?…
2 Sei sempre ridotto alla
medesima alternativa: o negare Dio, o mentire a te stesso, o riconoscere ch’egli
è Dio, e per conseguenza è tutto per te.

Sì, la felicità, per la quale sei fatto, quella che è il tuo
fine, il fine della vita presente come della futura, quella felicità non si
trova altro che in Dio.

Vi sono due cose che la Sacra Scrittura raccomanda ad ogni istante e in tutti i toni:
la prima è cantare le lodi di Dio; la seconda è stare allegri. Migliaia
di volte ripete al giusto l’invito di stare allegro. Ma non si contenta di invitare
alla gioia; dice anche dove bisogna pigliarla. Giusti, rallegratevi nel Signore
3.

Ecco l’unica fonte dell’unica felicità. Il giusto non beve la felicità
che a questa fonte. Perché tu vai a bere altrove? Ciò che bevi altrove
non è la gioia del giusto, dunque è la gioia del male.


III.
Il piacere creato.


Ma allora perché
Dio ha collocato tanti piaceri nelle creature? Piaceri nelle bellezze della natura,
della musica e di tutte le arti; piaceri del cibo, del riposo e dei divertimenti;
piaceri delle relazioni dell’amicizia e della preghiera, ecc., ecc. Dio ne seminò
dappertutto; non è forse per farceli godere?

Ah! anche questa è una questione molto importante ed è qui che toccherai
più da vicino la bontà di Dio e la tua cattiveria. Non è forse
vero che quando hai un buon strumento, ben preparato, facile a maneggiarsi, tu provi
piacere a servirtene? e che servendotene con piacere, fai meglio e più presto
e con maggior facilità ciò che devi fare? Quando si tratta di un lavoro
importante, gli strumenti non sono mai troppo precisi, perfetti e maneggevoli. È
difficile fare un bel lavoro con strumenti che si maneggiano con difficoltà.

Dio lo sa e perciò, in ogni strumento volle metterci per te un piacere. Ad
ogni dovere risponde uno strumento per farlo, e ad ogni strumento corrisponde un
piacere per ben compiere il dovere. Capisci l’idea di Dio e la sua bontà?
Vedi dunque le delicatezze infinite del suo amore. Egli ti affida un magnifico incarico:
quello di glorificar Lui e di render te beato. Per questo ti dà un numero
infinito di strumenti che sono le creature: Per facilitarti l’uso di questi strumenti,
in ognuno di essi mette un piacere: ecco il piacere creato.

Che cos’è dunque per te il piacere creato? È per le tue facoltà
quello che l’olio è per le ruote. Osserva una macchina: quando tutto è
secco, provi a metterla in moto; sforzi inutili. L’attrito fa troppa resistenza,
lo stridore è violento, i movimenti stentati, e così il meccanismo
si guasta in poco tempo. Metti una piccola goccia d’olio nei punti più indicati,
ed ecco che gli attriti cessano, il movimento si compie con la massima facilità,
tutta la macchina funziona senza guastarsi.

Per agire con facilità e forza, anche le tue facoltà hanno bisogno
d’un po’ d’olio, di quell’olio di gioia che Dio ha fatto appunto per lubrificare
il meccanismo, per dir così, delle anime che vogliono amare la giustizia e
odiare l’iniquità
4.

Qual è dunque la funzione che occupa il piacere creato? È quella di
facilitare il tuo lavoro; quella di attirare, trascinare, elevare, incoraggiare,
dilatare, fortificare le tue facoltà nell’esercizio del tuo dovere.

È dunque un piacere strumentale, una semplice facilitazione di lavoro, e non
mai un fine. Esamina tutti i piaceri, dai più soprannaturali fino ai più
materiali, da quello delle estasi e delle consolazioni divine nelle alte vette della
perfezione fino a quelli del cibo e della generazione, nelle regioni inferiori della
conservazione della specie e degli individui umani, tutti senza eccezione hanno per
scopo di facilitare il compimento d’un dovere. Perciò imprimitelo bene in
testa: un piacere creato, nell’idea di Dio, risponde sempre ad un dovere da compiere.

Esso mai non ti vien dato per trastullarti ed abusarne, ma per servirtene. Tu non
sei fatto per esso, ma esso è fatto per te. Tu invece sei fatto per Dio solo.

Onde vedi la disgrazia di quelli che vogliono trastullarsi col piacere ed abusarne.
Si lasciano ingannare da esso e dimenticano il dovere. Quello che Dio aveva fatto
solo per facilitare il dovere, diventa invece l’ostacolo più grande. Colui
che si trastulla con le consolazioni spirituali, finisce con perdere ogni energia
soprannaturale; colui che si trastulla coi piaceri sensuali, ohimè! diventa
un bruto. Oh! è cosa spaventevole uscire dall’ordine di Dio!… Ogni piacere,
di cui vuoi godere e a cui ti soffermi, diventa un vero avvelenamento per l’anima
tua e pel tuo corpo. Ricordati di questo: il piacere creato è un rimedio per
uso esterno; guai a te se lo ingoi. Dunque invece d’ingoiarlo, sèrvitene;
esso t’aiuta a farti compiere il tuo dovere. Sèrvitene per uso esterno, cioè
secondo l’espressione di S. Agostino, tienlo nella mano e non permettere che alberghi
nel cuore. Fa’ si che il piacere serva unicamente al dovere; non separar mai queste
due cose.

Ogni piacere, trastullo, divertimento, gioia o soddisfazione, che prendi fuori del
tuo dovere ti guasta. Temi come la morte il piacere che soffoca le tue facoltà
nell’egoismo del godimento. Ma quello che ti conduce al tuo dovere, che dà
alle tue facoltà lo slancio, la forza, la gioia, il vigore, l’agilità,
per compiere il dovere con facilità e prontezza, oh! si quello è buono
e benefico, non temere; sèrvitene, Dio lo benedice. Non devi distruggere le
buone cose che Dio ha fatte, ma devi solo spezzare le cattive tendenze della tua
natura.

Guarda ancora come Dio è delicato nella sua bontà! A principio egli
aveva creato soltanto strumenti e non ostacoli, piaceri e non sofferenze. Ogni creatura
era uno strumento, ed ogni strumento portava con sé il suo piacere. Il peccato
sconvolse profondamente questo primo piano di Dio; cambiò una quantità
di strumenti in ostacoli, ed una moltitudine di piaceri in sofferenze. L’ostacolo
e la sofferenza sono conseguenza del peccato. Ora la bontà di Dio a nostro
riguardo gli fece trovare, anche dopo il peccato, il mezzo di cambiare gli ostacoli
stessi in strumenti, e le sofferenze in gioie. La Passione del Salvatore ha operato
questo prodigio. Tutto serve al bene degli eletti, tutto, anche gli ostacoli del
peccato, e tutto per loro diventa gioia perfino la sofferenza, che diventa la più
grande delle gioie.


IV.
L’aberrazione umana.


Quanta sapienza
e bontà nell’idea di Dio!… E per contro quanta follia e malvagità
nella condotta dell’uomo!… Avido di felicità, e di una felicità senza
misura, poiché Dio lo fece per questo, l’uomo si rivolge ad ogni creatura
in cui vede un piacere, stimando che questo piacere sia lo scopo della sua esistenza.
Non bisogna forse avere un po’ di felicità nella propria vita? va dicendo.
E cerca ed a sé concede i piaceri degli occhi, degli orecchi, dell’odorato,
del gusto e del tatto. E fa consistere la più sublime aspirazione della sua
vita nel procurarsi i beni ed i piaceri creati nella più larga misura possibile.
E stima felici coloro che possono possedere e godere, e sventurati quelli che non
lo possono. Tale è il concetto mondano ed utilitario della vita. E questo
concetto domina dovunque. Strano concetto della vita; duplice aberrazione.

Senza dubbio è lecito cercare la felicità: non solo è lecito,
ma obbligatorio, poiché Dio lo vuole. Ma è questa una ragione per cercare
questa felicità là dove non esiste, e per dare a questa felicità
falsa un’importanza che non ha? Ripetiamo:

1° la felicità non si trova nel piacere creato;

2° la felicità non è la più alta aspirazione della tua vita.

Orbene, tu vai a cercare la felicità nel piacere creato, e la tua prima preoccupazione
è quella di procurarti una felicità ch’è falsa. Ecco la tua
duplice aberrazione.

Non credi che sia fare una grande ingiuria a Dio, il mettere le creature al medesimo
livello di lui, e comportarti come s’egli da solo non bastasse alla tua felicità?
In questo modo non fai uno strappo alla tua fede? Se credi in Dio, devi credere che
egli è il tuo tutto, e che nulla è simile a lui: e non devi porre nulla
al medesimo livello di lui, e fuori di lui nulla deve premerti essenzialmente, e
devi usare tutte le cose come di strumenti, usarne come se non ne usassi, dice S.
Paolo
5. Alla piena luce della
fede, nella calma della tua coscienza, non ti pare abominevole capovolgere il piano
di Dio assegnando come fine alla tua vita quello che lui ha stabilito come mezzo?
Quest’aberrazione non è una mostruosità?

Orbene osserva che la tua aberrazione non si limita a questo. Infatti è questo
piacere falso, spostato, preso nella creatura che d’ordinario tu fai passare al di
sopra della gloria di Dio.

Il fatto solo di attaccarti a questo piacere fuori di Dio è già una
vera perversione. Che sarà dunque quando lo preferisci a Dio? Calcola la profondità
e l’estensione del disordine nella tua vita.

Tu vedi che il male ha due gradi immensi. Il primo è prendere il piacere creato
come fine. Il secondo è preferire questo piacere a Dio. Conseguentemente c’è
un doppio lavoro da fare. Bisogna anzitutto impedire che il piacere creato pigli
il sopravvento nella tua vita: poi bisogna che ti distacchi da questo piacere, in
modo da ridurlo a non essere altro che un mezzo.

Ora che cosa ho insegnato nella prima parte? A mettere Dio al primo posto, cioè,
solo a sanare la parte essenziale del disordine, ad impedire che il piacere creato
prenda il sopravvento sulla gloria di Dio. Si può dire che non ti ho insegnato
altro nella prima parte. Un simile lavoro ti sembrò già lungo e grandioso.
E tale è infatti.

Ebbene adesso comprendi che questo primo lavoro non è né il più
lungo né il più arduo? Comprendi che Dio, pur occupando in te il primo
posto, è ancora lontano dal possederlo completamente? Ora bisogna liberare
l’anima tua da tutto quel piacere creato, a cui si è falsamente attaccata;
è il suo attaccamento che bisogna spezzare. Ed è un lavoro molto arduo;
perché il tuo essere tutt’intero, dalla prima delle tue facoltà sino
all’ultima, è infetto dal fascino del piacere creato.

Quando avrai interamente corretta codesta parte della tua aberrazione, che nelle
creature e nei loro piaceri ti fa vedere altra cosa che strumenti, allora la tua
purificazione sarà completa, allora sarai cristiano crederai in Dio, la tua
vita sarà fatta di rettitudine e di verità, tu vivrai.


V.
Il distacco.


La prima operazione
indicata nella prima parte si chiama raddrizzamento; la seconda, che ora bisogna
studiare, si chiama distacco. Il raddrizzamento ha collocato Dio al primo posto,
il distacco farà sì che egli solo sarà il tuo tutto. Dio il
primo, ecco il programma della prima parte della vita cristiana; Dio solo, ecco il
programma della seconda parte. È a questo prezzo che sarai cristiano: quando
lo sarai? Sei deciso ad esserlo?

Dio solo!… Vedi: sono solo due paroline; ma hanno una portata che tu ed io siamo
totalmente incapaci di misurare. Bisogna esser giunti ad uno spogliamento completo
per saper esattamente quello che vogliono dire queste due parole.

I santi in cielo lo sanno; ma le anime che pervengono a saperlo in questo mondo sono
assai rare. Infatti è cosa rara il raggiungere in questa vita mortale la sommità
della purificazione. Tuttavia se non possiamo dal basso misurare la distanza che
ci separa dalla vetta, possiamo avere una visuale ampia abbastanza da concepirne
qualche idea.

Tu credi al Vangelo, non è vero? Anch’io. Ebbene prendiamo alla lettera le
parole di Nostro Signore. Non cerchiamo di sminuirle, perché sarebbe una diminuzione
della nostra fede. Bisogna accettare il Vangelo tutto intero e in tutto il suo rigore;
altrimenti saremo soltanto cristiani falsi, ed allora a che scopo esserlo? Se tu
non ami i prodotti falsificati, perché vorresti esserne tu uno? Hai udito
nel Vangelo quel detto del Salvatore: Colui che non odia suo padre e sua madre, e
la moglie e i figliuoli e i fratelli e le sorelle e fin l’anima sua, non può
essere mio discepolo
6. Ecco la sentenza di Gesù
Cristo, essa è formale, assoluta, chiarissima: bisogna distaccarsi da tutto
e non aderire ad altro che a lui.

Egli specifica apposta questo piacere che è il più onesto di tutti,
il più utile, il più sano, il più corroborante e il più
puro: il piacere della famiglia, ch’è il più abituale, il più
noto, il più apprezzato dei piaceri naturali.

Lo piglia per designare con esso tutti gli altri. E dice che bisogna rinunciarvi,
e che bisogna rinunciare a tutto quello che si possiede, dal piacere più basso
fino all’anima tua. Ancora una volta si tratta d’un ordine formale, e non devi pensar
affatto a modificare il Vangelo.

Nota bene che Nostro Signore dice che bisogna odiare, che vuol dire togliere dal
cuore; toglierne gli affetti che lo dominano, che lo tiranneggiano. Bisogna togliere
questi piaceri dal cuore per farli passare nella mano. Non è necessario distruggerli.
Bisogna distruggere la tiranna che esercitano sul cuore. Ed è appunto ciò
che significa la parola odiare usata dal Salvatore. Non proibisce di
amare il proprio padre, la propria madre, ecc., ma proibisce che un simile amore
tiranneggi il cuore; vuole che tu ti serva di detto amore come d’uno dei migliori
strumenti che ti fu dato per lavorare alla gloria sua, invece di pascertene come
d’un godimento egoistico.

Ah! senza dubbio gli affetti ordinati della famiglia costituiscono un mezzo efficacissimo
per l’anima che se ne vuol servire per andare a Dio. Quanti vantaggi ne traggono
i genitori che vogliono educare i loro figli! Quanti vantaggi pei figli, che vogliono
essere educati bene! Fintantoché i genitori e i figli si servono di questo
piacere per progredire nella pratica del dovere, tutto va bene, perché è
appunto questo ciò che Dio vuole. Ma quando ne abusano per la sola soddisfazione
d’amarsi, dimenticando, trascurando o lasciando il loro dovere pel godimento, allora
è male ed è appunto questo che Gesù Cristo condanna. Comprendi
il pensiero e la parola del Salvatore? Comprendi il distacco cristiano?

Fa’ lo stesso ragionamento riguardo a tutti gli altri piaceri, e imparerai come devi
usarne pel dovere e non abusarne per la tua soddisfazione.


VI.
La schiavitù.


Ma, gran Dio!
che vita impossibile è la vita cristiana!… – S. Paolo comincia con avvertirci
che se il nostro lavoro di cristiani non avesse altra speranza che per questo mondo,
noi saremmo i più miserabili degli uomini
7.
Noi cristiani dobbiamo spogliarci di tutto, per trovare Dio solo. La nostra vera
vita è uno spogliamento assoluto dì ciò ch’è creato,
per godere solo di Colui che ci ha creati. In questo mondo ci purifichiamo e ci dilatiamo,
per vivere nell’eternità. Quindi non abbiamo tutta la nostra vita in questo
mondo, ma solo la cominciamo e la prepariamo.

Del resto non devi credere questa vita così impossibile, e stimarla così
spaventevole. Se ha le sue difficoltà, ha pure le sue gioie; se ha le sue
fatiche, ha pure i suoi benefici. Ha dei frutti di dolcezza che non sono riservati
esclusivamente pel cielo, e di cui è permesso godere fin da questo mondo.
Tra questi frutti, lascia che te ne indichi tre, di cui t’auguro di assaporare le
delizie. Il primo nasce dai tuoi rapporti con te stesso, ed è la libertà
d’anima. Il secondo nasce dai tuoi rapporti col prossimo, e sono le beatitudini del
vero amore e della dedizione cristiana. Il terzo nasce dai tuoi rapporti con Dio,
e sono le incomparabili dolcezze dell’amor divino.

Il primo frutto della vita cristiana, che voglio mostrarti, è la libertà
d’anima. Credo che tu sappia per esperienza che sei schiavo di ogni piacere che entra
nel tuo cuore. Il piacere, di cui senti bisogno, è il tuo padrone; esso ti
tiranneggia e tu non puoi farne a meno. Ne sai qualcosa, è vero? Per ritornar
libero, devi gettar codesto piacere fuori del tuo cuore e riporlo nella tua mano,
a fine di potertene servire o rigettarlo a piacimento, secondo che ti è utile.
Ora che cosa ti chiede il Cristianesimo? Appunta questo, di sgombrare il tuo cuore,
per esser libero; in altre parole di gettare fuori tutti i tiranni creati cioè,
ridurre ogni creatura alla sua semplice funzione di strumento. È dunque una
cosa tanto bassa esser libero? In questi tempi in cui la libertà si è
rifugiata su tutte le bandiere, perché non è più nelle anime,
è forse una cosa di sì poco conto tentare di rimetterla al suo posto?
Lascia agli sciocchi la libertà dei pubblici manifesti, e lavora a fare in
te la vera, grande, piena ed assoluta libertà. Siate i padroni, disse a principio
il Padrone d’ogni cosa8.

Del resto, devi comprendere che lo spogliamento cristiano non è una soppressione
di tutto e un abbrutimento ma sì la liberazione ed una presa di possesso degli
strumenti della vita. Fino a che il piacere creato è nel tuo cuore, esso ti
domina e ti possiede. Senza rendertene sufficientemente conto, tu sei ora lo schiavo
più o meno di tutte le creature. Bisogna cessare una buona volta di essere
posseduto, per diventare possessore. Hai fin qui talmente trascinata la tua catena,
che ti rimane sol più un’idea molto vaga sulla possibilità di poter
vivere in altro modo. Sei talmente abituato a vivere schiavo, sballottato dalle tue
passioni, dalle tue necessità, da tutte le seduzioni ed agitazioni, che non
sai più che cosa è la libertà e la temi quasi come una disgrazia.
Pensaci dunque! non aderire più a niente!… non esser più attaccato
a nessuna sorta di ceppi!…


VII.
La libertà.


Su, via; non amar
tanto la tua schiavitù, e non temer tanto la libertà. Attaccandoti
alle creature, tu credi godere, ma vedi un po’ quante separazioni involontarie, quanti
strappi crudeli, quante delusioni strazianti? Ad ogn’istante il piacere, che credevi
tenere, ti sfugge, e quello che avevi più a cuore, ti è violentemente
strappato. Sono dolori terribili, di cui la vita di coloro che vogliono godere è
tutta cosparsa. Sono laceramenti di cuore rinnovati ad ogni istante, divisioni d’interessi,
rivalità d’amor proprio, urti d’ogni specie, perdite di parenti, di amici,
di danaro, di posizione, di considerazione! E gl’infiniti drammi delle passioni ingannate!…
ecco una piccola idea dei godimenti della vita che provano coloro che s’attaccano
al piacere creato.

Al contrario, il cristiano che non tiene a nulla, non ha mai il cuore lacerato; egli
piglia e lascia tutte le cose con la medesima facilità ond’io piglio e lascio
la mia penna. È esente dalla tirannia e dai dispiaceri. Si serve di tutto,
ed egli non serve che Dio. Tutto per lui è uguale negli avvenimenti della
vita, perché tutto per lui è mezzo. Niente lo turba né lo scoraggia,
perché è padrone di tutto. Che tutto gli sia dato, che tutto gli sia
tolto, poco gl’importa egli si uniforma in tutto al beneplacito di Colui che dà
e toglie, e benedice il nome suo
9. Ecco la vera libertà.
Come S. Paolo, egli sa essere nell’abbondanza e sa privarsi, è abituato a
tutto
10. Su via! o schiavo dell’amor
proprio, schiavo della dappocaggine, impara che cos’è la libertà, sii
cristiano.

Salute e malattia, piacere e sofferenze, ricchezza e povertà, onore e disprezzo,
amici e nemici, vita e morte, tutto serve a colui che è distaccato da tutto;
egli non si lascia contrariare né arrestare da nulla, perché è
al di sopra di tutto. Disimpegnando se stesso, giunge a ripigliare tutto come strumento.

Non è sedotto dal piacere, non è turbato dalla contrarietà.
È sempre lui stesso con una costante eguaglianza ed ignora gli alti e bassi,
segni d’una schiavitù a cui è sfuggito.

Il suo spirito è segno, il suo cuore è in pace, le sue forze sono concentrate:
non essendo mai sospinto da una parte e dall’altra, la sua vita non è mai
sciupata nei movimenti delle false deviazioni. Che vita! e che libertà!

Ti sembra ancora che sia cosa tanto spaventosa vivere da cristiano? Credi ancora
che sia cosa tanto spregevole codesta liberazione dai conflitti e dalle oppressioni,
dalle inquietudini e dalle divisioni? La unità e la pace, ecco il supremo
risultato della libertà nell’anima cristiana. È il primo frutto che
volevo mostrarti.


VIII.
Il vero amore.


– Ma questa imperturbabilità,
questa libertà di cuore, non finirà con fare degli esseri insensibili,
senza cuore e senz’amore? – Qui bisogna far conoscere il secondo frutto della vita
cristiana, quello che nasce dai tuoi rapporti col prossimo e che consiste nelle beatitudini
dell’amore e della dedizione cristiana. Tu temi di non poter più amare quando
avrai acquistata la libertà e la pace. Dimmi dunque, che cosa intendi per
amore? e amare cosa significa secondo te? Ti dirò io quello che l’amore è
per te:

è la ricerca del tuo piacere. Nei tuoi parenti, nei tuoi amici, in tutto ciò
che ti sta a cuore, esamina attentamente: quello che tu ami è il solletico,
il piacere che te ne proviene. La prova si è che, per una contrarietà,
per un dispiacere, il tuo amore con una facilità sconcertante cede il posto
al cattivo umore, al rancore, all’ira, all’odio. Detesti con la medesima facilità
con cui ami. Basta che una semplice apparenza, un leggero sospetto ti. faccia credere
che il tuo piacere è contrariato, e l’ago della tua bussola ha già
fatto un giro di quadrante. Non sei fedele che ad una cosa, ed è la tua soddisfazione.
Ed ecco ciò che nel mondo si chiama amore.

Il cristiano ha un modo affatto diverso di comprendere l’amore.

Se ama i suoi parenti. ed amici, è per loro e non per lui. Li ama nella felicità
e nella sventura, nelle contrarietà come nella gioia, li ama costantemente
e fortemente. Ciò che cerca il suo amore è il loro bene e non il proprio
piacere. Amare, per lui, non significa godere, ma far del bene. Il cristiano ama
in tal modo ogni cosa con un amore forte e vero; il suo affetto non dipende dai capricci
del suo piacere. Il suo amore affronta i sacrifici e le privazioni, le contrarietà
e le inimicizie, è forte come la morte e tenace come l’inferno
11. Non mi parlare di quelle banderuole che si vo1tano
ad ogni vento, di quei cuori che sono delicatissimi per se stessi e durissimi per
gli altri. Il cuore cristiano diventa d’una inflessibile durezza per se stesso, e
di una squisita delicatezza per gli altri. Quando vorrai saperlo, studia le tenerezze
del cuore di S. Francesco d’Assisi.

– Ma non c’è dunque più piacere pel cuore cristiano? – Di’ piuttosto:
non c’è più piacere che inganni, snervi e faccia sviare; nulla di ciò
che può inaridire le midolla, atrofizzare il cuore, far sviare lo spirito.
Ma tutto ciò che può vigore e forza, agilità e facilità,
tutto ciò che può ingrandire ed elevare, purificare e dilatare, tutto
questo entra nell’anima ed essa se ne serve per sviluppare incessantemente la sua
vita. E gode, non delle sensazioni. e dei solletichi esterni e sensibili, ma dell’ingrandimento
del suo essere. E siccome la sofferenza serve quanto e spesso più ancora,
della gioia alla dilatazione delle sue facoltà, essa sa godere anche della
sofferenza. La menzogna delle tue vane gioie sta nel fuggirsene di fronte al dolore,
come uno stormo di passeri ad un colpo di fucile; e di fronte alla sofferenza, non
ti resta se non un cuore vuoto, dei sensi effeminati, uno spirito debole. Desolazione!…

Il cristiano, invece, non perde nessuna delle sue gioie nel dolore, anzi spesso è
proprio allora che le gusta di più. Ah! finché il tuo cuore non avrà
prestato una goccia di quella gioia, che non si dilegua davanti alla sofferenza,
tu non saprai che cosa sia la gioia. Credi a me, vale la pena d’essere integralmente
cristiano non foss’altro che per gustare questa bevanda. Beati quelli che piangono,
disse il Maestro delle beatitudini
12. Leggile tutte queste
beatitudini; e quando comincerai a gustarle, comprenderai che le false gioie che
ti affascinano. non sono che orribili imposture. O cuore, che sei fatto per sì
grandi cose, cessa dal lasciarti soffocare da sì puerili inezie. Le beatitudini
cristiane sono il secondo frutto della vita cristiana.

Le beatitudini! le gioie della vita cristiana! che nulla turba, nulla altera, nulla
distrugge, neppure la sofferenza! La quale anzi le alimenta e le aumenta, oh Dio!
in quale misura! Quando gusterai le beatitudini cristiane? Suvvia! credi in Nostro
Signore, credi al Vangelo. Credi che quelli, che nel suo Vangelo Nostro Signore chiama
beati, debbono essere tali in realtà. Credilo e provalo. Senti: Nostro Signore
e il Vangelo promettono già per questo mondo la beatitudine; e questa, più
che la gioia, è il sommo della gioia. Se tu avessi la fede!…


IX.
I legami eterni.


Nel capitolo IX
della 1ª parte hai veduto che tutte le creature sono per te degli strumenti.
Per conseguenza i tuoi parenti, i tuoi amici, i tuoi padroni e generalmente tutti
gli uomini, con cui sei in contatto, sono per te strumenti. E la gioia che regola
tutti i tuoi rapporti coi tuo prossimo, è la stessa legge che regola l’uso
delle creature, secondo la quale ogni cosa dev’essere usata come strumento. Non ti
sembrò forse che tale concezione fosse troppo egoistica e utilitaria? – Sarà
bene manifestare qui un’altra profondità che ti recherà stupore e meraviglia.

Devi capire anzitutto che se gli altri sono per te degli strumenti, anche la reciprocanza
è assoluta. Se essi, debbono servirti, tu pure devi servir loro. Tu non ricevi
soltanto, ma devi anche dare: è un mutuo scambio. Scambio di che? Scambio
di vita; perché gli uni non debbono essere riguardo agli altri che strumenti
di vita. Non so se riesci a intravedere la bellezza di quest’idea.

Non è perché ci divertiamo tutti insieme che Dio ci mette in rapporto
gli uni cogli altri. Le nostre relazioni non debbono e non possono legittimamente
aver che uno scopo, quello di svolgere la nostra vita. E le gioie delle nostre relazioni
non debbono e non possono legittimamente aver altra funzione fuori di quella di facilitare
questo sviluppo di vita. Osserva quanta nobiltà e quanta serietà in
questa concezione cristiana dei rapporti umani.

E osservane anche i risultati. A Montmartre le pietre portano iscrizioni indicanti
il nome del donatore; e fintantoché Montmartre sussisterà, le pietre
proclameranno i nomi dei benefattori. L’anima tua è il tempio vivo del Dio
vivo; e la tua vita va ogni giorno costruendosi, pietra su pietra, fino al momento
in cui la morte porrà fine alla costruzione. Le pietre di quest’edificio sono
le idee che la tua mente acquista, le virtù che si formano nel tuo cuore,
le abitudini pure e forti che si stabiliscono nei tuoi sensi; è tutto quello
che dilata il tuo essere secondo il piano divino. E se io ti faccio acquistare una
virtù, un aumento di vita, c’è qualcosa di me in te, qualcosa della
mia vita nella tua, è un legame vitale che ci unisce.

E finché sussisterà in te codesto ingrandimento che ti vien da me,
io vivrò in qualche modo in te. Ora, tu sai che la vita, intendo la vera vita,
è eterna. La vita ch’io t’ho comunicato sussisterà nell’eternità
del cielo. Noi saremo dunque uniti, uniti coi vincoli della vita per tutta l’eternità.
Vivremo l’uno per mezzo dell’altro, l’uno nell’altro; ciò sarà uno
degli splendori della gioia eterna.

Pensa ora quanto dovrà essere intima ed intensa la felicità che legherà
ai loro figli quei genitori che si saranno interamente dedicati alla loro educazione.
quegli amici che furono fedeli nel sostenersi e nell’aiutarsi a salire! Vivranno
tanto più gli uni negli altri quanto maggiormente saranno stati strumenti
di vita gli uni per gli altri.

Con quali parole raccontare la gloria dei grandi seminatori d’idee, dei grandi propagatori
di virtù degli apostoli del bene, degli uomini di sacrificio, che saranno
stati utili a tante anime, che avranno contribuito all’ingrandimento di tante vite?
Quali legami per l’eternità!

Ed è solo questo che sussisterà dei nostri rapporti nel tempo. Supponi
una famiglia che viva nell’incanto dei suoi affetti egoistici, supponi due amici
che se la godano nel piacere della loro amicizia: essi godono insieme ed è
qui tutto quel ch’essi cercano. Che cosa resterà di questi vincoli? – Ohimè!
si sono rammolliti, snervati, atrofizzati insieme, e di queste relazioni non resterà
che il castigo di una diminuzione eterna.

Impara dunque a vivere, impara ad essere strumento di vita e ad utilizzare tutte
le gioie dell’amore mediante il vero zelo pel bene altrui. Quando alle tue relazioni
e ai tuoi piaceri saprai dare una così sublime grandezza, quando saprai riconoscere
e utilizzare attorno a te gli strumenti che lavorano alla tua propria vita, tu non
ignorerai più tanto le bellezze della vita cristiana, potrai fin d’ora gustar
qualche cosa delle beatitudini, di cui godrai pienamente nell’eternità.


X.
L’amor di Dio.


Ma pel cuore cristiano
c’è qualcosa d’infinitamente superiore a tutto questo. Tu che vuoi godere
della creatura, ti renderai incapace di godere di Dio L’alcoolizzato, tu lo sai,
diventa insensibile ad ogni altro gusto che non sia quello dell’alcool. Lo stesso
avviene di te: finché cercherai il piacere creato non sarai mai atto a gustare
il piacere divino. Tu non sai ciò ch’è Dio, e quanto è soave.
Solo nella misura in cui si svuota, il tuo cuore diventa capace di gustare la dolcezza
di Dio. Dio; non la dolcezza dei suoi doni, delle sue consolazioni, delle sue operazioni,
no; ma la dolcezza di Dio stesso, della tua unione con lui, della tua vita con lui,
del tuo possesso di lui.

Sai che i doni di Dio non sono Dio, ma solo il veicolo di Dio… Quando un insigne
benefattore, amico intimo che non hai più visto da lungo tempo, arriva nella
tua famiglia con uno splendido equipaggio, tu vedi i bambini saltellare ed estasiarsi
davanti alle dorature della vettura e ai lucidi finimenti dei cavalli. Non pensano
affatto al visitatore, che non conoscono, e che non li interessa quanto ciò
che brilla ai loro occhietti. Ma gli assennati genitori, poco curandosi dell’elegante
equipaggio, si gettano nelle braccia del visitatore, s’occupano di lui, godono di
lui, e sono unicamente felici della sua conversazione e presenza. Dimmi: di queste
due felicità qual è la migliore? quella dei genitori o quella dei figli?

Finora tu hai fatto il fanciullo, ti sei trastullato col veicolo e non hai ancora
gustato se non qualche dono di Dio. Cerca una buona volta di non esser più
fanciullo, lascia il veicolo e trattienti con Dio, e non tarderai a comprendere che
è ben meglio esser con lui che col suo veicolo. Finora ti sei potuto illudere
di credere in Dio, di amarlo, di servirlo, e di godere di Dio. Ma da’ retta a me,
la tua fede, il tuo amore, il tuo servizio e la tua gioia non sono che embrioni.
Puoi difficilmente farti un’idea delle grandezze e delle bellezze della vita cristiana.

Quando gusterai Dio, saprai. quale sia il terzo frutto della vita cristiana. E dirai
con S. Agostino: Nulla di ciò che Dio mi promette ha valore senza Dio. Non
mi sazierei, s’egli stesso, il mio Dio, non mi promettesse se stesso. Che cos’è
tutta la terra, il mare, il cielo, le stelle, il sole, la luna? che cosa sono tutti
i cori degli Angeli? io ho sete del creatore di tutte queste cose, ho fame di lui,
ho sete di lui. A lui dico: Tu sei la fonte della mia vita. Oh! sì! fame e
sete nel mio pellegrinaggio, a fine d’essere saziato nella mia presenza. Mio Dio!
non sarò saziato, se non quando si manifesterà la tua gloria
13.


XI.
Semicristiano.


– Ma perché
mi chiami a tali altezze? – Non sono mica io che ti chiamo, è Dio. Vorrai
dunque lagnarti che Dio t’abbia dato un destino troppo grande? Ti lagnerai che io,
dal canto mio, non consenta a lasciarti vivacchiare nella volgarità e ignorare
i tuoi destini? Sì, io ti voglio dire quanto sei grande nelle idee di Dio,
voglio che tu veda a quale altezza egli ti chiama; voglio aprire davanti ai tuoi
occhi quell’orizzonte infinito, pel quale sei fatto; voglio che ogni meschinità
sia in te inescusabile. Fin da principio t’ho domandato: Sei deciso a tutto? sei
risoluto di non arrestarti per via?

Che? saresti tanto vile da consentire di non essere che un mezzo cristiano? No, mai.
Vediamo: ti piacciono le cose fatte a metà? Se il tuo sarto ti portasse un
abito fatto per metà, lo accetteresti? A che possono servire le cose fatte
per metà? A te piace aver sempre cose buone e ben finite, dice S. Agostino.
I frutti dei tuoi giardini, i mobili di casa tua, i tuoi domestici, i tuoi amici,
vuoi che tutto sia il più perfetto possibile. Non c’è cosa, neppure
la tua calzatura, che tu non voglia perfettamente finita. E per l’anima tua non vorresti
che una semiperfezione? Di grazia, preferisci l’anima tua alla calzatura
14.

– Ma sì, io sono assolutamente deciso a preferire l’anima mia alla mia calzatura,
a volerla perfetta, interamente perfetta. Sì, desidero e voglio andare fin
dove Dio lo desidera e vuole. Sarò cristiano senza restrizione né diminuzione,
cristiano tutto d’un pezzo e nient’altro che cristiano. Poco importano i sacrifici,
con la grazia di Dio non ne avrò paura. Ringrazio il mio Creatore d’avermi
creato si grande, e lo ringrazio di farmelo conoscere adesso, perché prima
non lo sapevo ancora. Viva Dio! è lui ch’io voglio; lui ch’io voglio conoscere,
lui che voglio amare, lui che. voglio servire, e in quella misura che lui vuole.

– Si, viva Dio! Piglia arditamente per tuo motto questo antico grido di guerra. Dio
non muore, diceva abitualmente quell’eroe che fu cosi cristiano, e che seppe morir
per colui che non muore. Ah! se tu avessi la fede, di Garçia Moreno! Credi
in Dio, ma in modo tale ch’egli sia non solo il primo, ma tutto nella tua vita. Viva
Dio! Dio non muore!


XII.
Lo spogliamento esteriore.


Bisogna dunque
che ti spogli di tutto ciò che ti arresta e t’impedisce d’andare a Dio. Ora
vi sono due spogliamenti: quello esterno e quello interno. Il primo ti libera dalla
tirannia delle cose esteriori, il secondo dalla tirannia di te stesso.

Vuoi imparare come si fanno questi due spogliamenti?

Quello esterno, anzitutto.

Tu sai di essere mente, cuore e sensi. Lo spogliamento deve farsi successivamente
in questi tre ordini di facoltà, cominciando dalle facoltà inferiori.
In primo luogo bisogna liberare i sensi.

Per liberare i sensi dalle seduzioni esterne, Dio ti manda consolazioni sensibili,
il cui scopo è di distaccare progressivamente la parte sensibile del tuo essere
e sottrarla all’influsso dei piaceri esterni, per ricondurla verso di lui. Queste
consolazioni durano quanto occorre, perché il piacere esterno sia vinto e
i tuoi sensi siano attaccati a Dio. Ma bada bene: questa consolazione non è
Dio, ma è solo il veicolo di Dio. Se ti attaccassi ad essa, sconcerteresti
ed ostacoleresti l’operazione di Dio. Poiché egli te la dà perché
ti unisca a lui, e non ad essa. Devi sapertene servire, e non cercare di goderne
in modo da riposarti in essa. Per cui quando i tuoi sensi sono sufficientemente distaccati
dall’esterno e il veicolo parte, ogni consolazione sensibile si dilegua. Sarai allora
in preda all’aridità, e in quel momento per l’appunto potrai vedere fin a
qual segno i tuoi sensi sono attaccati a Dio e scevri dal piacere sensibile.

All’aridità succederanno i grandi lumi, le visioni profonde della fede, la
cognizione dei misteri, che sono potenti illuminazioni destinate a conquistare la
tua intelligenza, a staccarla dagli oggetti esterni, per fissarla in Dio. Comprendi
benissimo che si tratta d’un nuovo veicolo di Dio, quello col quale egli viene alla
tua mente. Ma non è altro che un veicolo; bisogna che anche di questo te ne
sappia servire senza attaccarvi il cuore. Questi lumi dureranno finché avranno
conquistato la tua mente; poi scompariranno, e tu cadrai nelle tenebre. Perché
queste tenebre? Perché tu ti possa render ben conto di quello a cui la tua
mente si è attaccata, se a Dio o al suo veicolo.

Il periodo delle tenebre sarà seguito da un periodo di grandi fervori. Il
tuo cuore si sentirà infiammato d’immensi desideri di virtù e di sacrificio,
avrà tali slanci di generosità, che si sentirà capace di sacrificare
il mondo intero, per darsi tutto all’amor di Dio. Intendi che cosa sono codesti slanci?
Sono il terzo veicolo di Dio, quello che viene a cercare il tuo cuore; esso sarà
a tua disposizione finché il tuo cuore sarà completamente conquistato
da Dio. Ma dovrà alla sua volta scomparire e il tuo cuore nuovamente si troverà
freddo e come impotente. Tale freddezza sarà la prova, con la quale potrai
verificare se veramente il tuo cuore è attaccato a DIO.

Ecco i tre gradi dello spogliamento esterno. Le loro operazioni sono lunghe e molteplici;
perché molti sono gli oggetti esterni, da cui occorre distaccare i sensi,
la mente e il cuore!… Ma ritieni questo: siffatte operazioni saranno tanto più
pronte, quanto meglio saprai servirti delle consolazioni, dei lumi e degli ardori
e quanto meno ti attaccherai ad essi. Servirtene e non attaccarviti, ecco la regola
fondamentale, ed ecco la condizioni del progresso e dell’avanzamento.

Dopo queste operazioni l’anima diventa indifferente al piacere, non è più
dominata che dal dovere. Quello ch’ella fa d’ora innanzi, non lo fa più per
allettamento del piacere, ma per attrattiva del dovere. È l’idea del dovere,
l’idea della gloria di Dio da promuovere, che la domina, la possiede e la conduce
in tutto. Per cui ha una facilità prodigiosa per compiere tutto ciò
che può contribuire all’onore di Dio. Ecco il segreto della potenza d’azione
esercitata dai santi. La nostra nullità proviene dal nostro orgoglio. Vogliamo
godere e ci rendiamo inutili in siffatta ricerca di noi stessi. e inutile rendiamo
tutto quello che gettiamo in questa voragine del godimento egoistico. Oh! la potenza
di un’anima che non ricerca nulla per sé, ma tutto per Dio!


XIII.
Lo spogliamento interno.


Ecco il grande
lavoro. Poiché se è cosa grande e difficile rinunciare alle cose esterne,
è cosa anche più ardua rinunciare a se stesso. Per quanto tu sia distaccato
dalle cose esterne, non lo sei ancora interamente da te stesso. La compiacenza nelle
tue facoltà e nelle tue azioni è lungi dall’essere distrutta. Ora non
è in te, ma in Dio che tu devi compiacerti, poiché Dio dev’essere il
tuo unico tutto.

Bisogna dunque che Dio strappi dai tuoi sensi, dalla tua mente e dal tuo cuore ogni
compiacenza in te stesso; tu comprendi benissimo che codesti ritorni egoistici su
di te non sono per lui. Perciò ecco le nuove operazioni che si rendono necessarie
da parte di Dio.

Egli comincia con la purificazione dei sensi; e per distaccarti completamente, li
scuote con orribili tempeste d’orgoglio, di collera, d’impurità, di gelosia
ed altre, affinché ne esca l’ultimo lievito del male.

Poi si rivolge alla tua mente e l’agita in tenebre indicibili, nelle angosce del
dubbio e delle incertezze, finché sia come morta a se stessa, ne sia bandita
ogni cognizione egoistica, e l’occupi la sola volontà di Dio.

Poi è la volta della volontà. Dio le toglie anzitutto ogni potere di
azione; l’anima non conserva che una sola energia, quella del soffrire: essa soffre
ed accetta la sua sofferenza. Presto non avrà più nemmeno quest’energia
di accettare, non avrà nulla, nessuna forza, nessun movimento da se stessa.
Ed allora ogni movimento separato ed egoista del cuore sarà soppresso; niente
più resta che non sia unito a Dio; la purificazione dell’anima è completa,
è la perfezione della vita cristiana: l’individuo è tutto di Dio, tutto
in Dio, tutto per Dio.

Se un giorno o l’altro avrai la felice occasione di leggere Vite di Santi ben fatte,
ti raccomando soprattutto le Vite dei Santi scritte da loro stessi; tu vi troverai
la serie di siffatte operazioni, e ne vedrai la terrificante lunghezza. Oh!, quanto
è viziata la nostra povera natura! e che lavoro ci vuole per restituirle la
sua rettitudine e la sua integrità primitiva!

Adesso capisci cosa significano quelle parole del catechismo: l’uomo è creato
per conoscere, amare e servire Dio? Comprendi l’estensione del comandamento che ti
dice: amerai il Signore Dio tuo con tutta la tua mente, con tutto il tuo cuore e
con tutte le tue forze? Ecco fin dove giunge quel comandamento, che è il primo
e il più grande di tutti. Dio esige tutto e tu non gli avrai accordato questo
tutto, se non nel momento in cui raggiungerai l’ultima vetta. Oh! le parole hanno
pure un significato profondo, quando si ha volontà di misurarlo! E quando
Dio parla all’uomo, dà alle sue espressioni tutta la pienezza di cui sono
suscettibili.

Sì, sì, medita, medita il gran comandamento: Amerai… cioè,
cercherai il bene… Il bene di chi? il bene di Dio, cioè, la sua gloria;
è cosi che l’amerai… Amerai il Signore Dio tuo… L’amerai, perché
anzitutto è il tuo Signore, cioè, il tuo padrone; e perciò devi
metterlo al primo posto. Poi l’amerai, perché è il tuo Dio, cioè
il tuo tutto; e perciò devi spogliarti di tutto e conservar lui solo… Amerai
il Signore Dio tuo… come l’amerai? Con tutta la tua mente… le tue facoltà
conoscitive devono essere tutte di lui, per conoscerlo… Con tutto il tuo cuore…
le tue facoltà volitive devono essere di lui, per amarlo… Con tutte le tue
forze… le tue facoltà operative devono essere tutte di lui per servirlo.
Tu sei stato creato, e sei stato creato unicamente per conoscere, amare e servire
Dio.


XIV.
Purificazione e glorificazione.


Sta’ ben attento
a questo. Nell’interminabile cammino della vita cristiana, che si estende dagli inizi
della fuga del peccato mortale fino all’ultimo termine della consumazione in Dio,
il lavoro è sempre duplice. Vi è un lavoro di purificazione, che caccia
il male; ed un lavoro di glorificazione – che dilata e nobilita l’anima. Senza il
peccato non ci sarebbe stato che un solo lavoro, quello della glorificazione. Tutte
le energie vitali che sono in noi, e tutte quelle che ci vengono da Dio, sarebbero
state concentrate su quest’unico punto della dilatazione della nostra vita. Ed allora
che vita!…

Adesso molte di queste energie sono assorbite dal peccato; perché ogni volta
che tu commetti una colpa, questa dissipa una parte più o meno considerevole
della tua energia vitale. E per uscire da questa colpa, si richiede ancora un dato
quantitativo d’energia. Di modo che la caduta consuma qualche cosa della tua vita,
e il rialzamento ne consuma un’altra parte. Se non fossi caduto, avresti potuto procedere
molto lontano, con la stessa quantità d’energia. Vedi adunque quanto è
deplorevole distruggere così la propria vita.

Ora, giura a Dio di non mai lasciarti trascinare un gradino più in basso di
quello tu cui ora ti trovi. Senza dubbio hai già da fare abbastanza per risalire
dal punto in cui ti trovi. Son già abbastanza enormi le purificazioni che
si devono compiere, in te. Perché voler aumentarne il numero? Poiché
senti in te il bisogno di vivere, non soffocare la tua vita, specialmente quando
vedi spalancato dinanzi a te un orizzonte infinito.

Osserva ancora una cosa. I successivi gradi del tuo sviluppo cristiano si misurano,
non già dal lato positivo della glorificazione, ma dal lato negativo della
purificazione. Infatti sarebbe a me impossibile il dirti, e a te impossibile il sapere,
fino a che grado di merito e di gloria tu devi arrivare. A che punto ti trovi? Che
progresso hai fatto? Dove devi ancor giungere, per corrispondere al piano universale
di Dio ed alla capacità assoluta del tuo essere? Dio solo lo sa, lui solo
le misura; perché lui solo conosce il piano completo della tua vita e del
vero posto che ti destina nel corpo dei suoi eletti. Adora il suo segreto e lasciati
condurre da lui fino all’altezza a cui ti chiama.

Ma dal lato negativo della purificazione, tu puoi molto bene calcolare i tuoi progressi;
e se ben osservi, è da questo lato ch’io cerco di mostrarti le ascensioni
della vita interiore. Osserva infatti come si opera successivamente il lavoro di
purificazione mediante la fuga del peccato mortale, del peccato veniale e dell’imperfezione,
come ti mostrai nella prima parte. Vengono poi le purificazioni superiori, di cui
t’ho parlato in questa seconda parte, cioè, lo spogliamento esteriore e quello
interiore.

Cosicché tu vedi la tua purificazione assoluta compiersi in cinque gradi.
Sotto questo rapporto, tu sai esattamente fin dove devi andare. e non ti è
troppo difficile sapere a che punto ti trovi, quello che hai fatto e quello che ti
resta da fare, i gradi percorsi e quelli da percorrere.


XV.
Il Purgatorio.


– Ma che? è
assolutamente obbligatorio giungere fino al vertice di questa scala?

– Potrei risponderti che sulla scala di Giacobbe, Dio era appoggiato veramente alla
sommità e che lo stesso succede qui
15. Ma è bene distinguere
qui ancora fra le due operazioni della purificazione e della glorificazione.

La purificazione dev’essere la medesima per tutti, cioè a dire, assoluta;
poiché sai che nulla di macchiato può entrare in cielo. Fintantoché
nell’anima resta la più impercettibile traccia d’imperfezione da purificare,
le è assolutamente impossibile entrare in cielo. Ecco perché nelle
anime in cui la purificazione essenziale del peccato mortale sarà stata almeno
cominciata in questo mondo, il purgatorio compirà fino all’ultimo quello che
resta ancora da fare. Come? mio Dio!… tutto?… tutto?… tutto?… fino all’ultimo?…
in purgatorio?… Che cos’è dunque il purgatorio?… – Si, senza nessuna remissione
né eccezione; la purificazione dev’essere assoluta; quello che non sarà
stato fatto in questa vita sarà terminato là. In tal modo puoi comprendere
quante poche anime entrino direttamente in cielo all’uscire da questo mondo, e perché
la Chiesa con tanta istanza e così a lungo fa pregare pei morti.

Ma la glorificazione non sarà uguale per tutti. Ciascuno serberà nell’eternità
il grado di sviluppo, che avrà acquistato nella sua vita mortale. Dove sarà
trovato alla sua morte, là resterà. Poiché l’opera di glorificazione,
di dilatazione dell’anima e d’acquisto di meriti non continua più di là
dalla tomba, ma finisce con la vita. Per conseguenza il purgatorio non è che
una pura purificazione, senz’altro vantaggio all’infuori di questa medesima purificazione.
Vedi di quale importanza è per te lavorare quanto più è possibile
in questo mondo, poiché quaggiù le due operazioni vanno sempre di pari
passo. A misura che ti purifichi, ti ingrandisci. E codesto ingrandimento è
eterno, cioè rappresenta per tutta l’eternità una maggior capacità
di gloria e conseguente una maggior lode a Dio ed una maggior felicità per
te. Suvvia! dimmi, credi in Dio? credi alla tua religione? hai fede?… È
tempo di mostrarla nelle tue opere.


XVI.
Riassunto filosofico.


Ma perché
faccio appello alla tua fede? Per convincertene, non basterebbe far appello alla
tua ragione? Ammetti che Dio è il tuo Signore e il tuo Dio? La tua ragione
non ti permette di dubitarne un istante. Se è il tuo Signore, tu devi a lui
in tutto il primo posto; se è il tuo Dio, è il tuo tutto. Che cosa
sarebbe un Signore, se la sua creatura potesse relegarlo dove gli pare e piace? Che
cosa sarebbe un Dio che non fosse tutto per la sua creatura? Prova soltanto a fartene
un’idea. Un Signore che vien messo sotto i piedi!… un Dio che non è se non
una metà, o un quarto, o meno ancora! Questo capovolge ogni idea d’ordine
e di buon senso.

Dunque, tutte le volte che non dai al tuo Signore il primo posto, tu sragioni; finché
il tuo Dio non è il tuo unico tutto, tu sragioni. Ti accade spesso, no? di
sragionare!… Sei già stato una volta in vita tua completamente ragionevole?
Completamente ragionevole è solo il Santo giunto veramente alla sommità.
Se almeno tu fossi ragionevole nella misura in cui ti è possibile essere tale!…
Se facessi quanto ti è possibile per rendere ogni giorno al tuo Signore il
posto che gli è dovuto, e dare al tuo Dio la parte che gli tocca!

Oh no! non è bene mentire a se stesso, mentire alla propria ragione, e mentire
alla propria fede. O tutto o niente. Poiché non sarai mai un ateo, sii un
cristiano, un cristiano conseguente sino alla fine con i principii della propria
ragione e della propria fede.

Sì, la tua ragione stessa ti dice che, dal momento che Dio è il tuo
Signore, tu devi conoscerlo, amarlo e servirlo, per primo, e per il solo motivo che
è il tuo Signore, cioè, il tuo padrone. Sì, la ragione stessa
ti dice che, dal momento che Dio è il tuo Dio, devi conoscere, amare e servire
lui solo, e pel solo motivo che è il tuo Dio, cioè, il tuo tutto. Dio
il primo; Dio solo: la ragione lo proclama, la ragione lo vuole. E quando alla ragione
s’aggiunge tutto quello che dice la fede, che aspetti ancora per divenire una buona
volta cristiano, uomo di ragione e uomo di fede?

Non ti lasciar arrestare dai tremiti paurosi della natura che esagera le difficoltà,
e non conosce le dolcezze. Dio è Dio, vale a dire, è il sommo bene,
e la tua vita è in lui, e la tua felicità è in lui. Non aver
timore: il malato teme forse la salute? il viaggiatore ha forse paura della patria?
Del resto vedrai più innanzi quanto sia dolce la guarigione, quanto sia agevole
il viaggio. Oh! certamente, questi principii ti sembrano duri
16. Tutti i principii sono duri per se stessi, duri
per i capricci dell’uomo, ch’essi spezzano; duri per le passioni, ch’essi contrariano.
Ma se tu sapessi che proprio li sta la salvezza! se sapessi come diventa soave questa
durezza e quanta forza comunica questo rigore! Oh! te ne scongiuro, sii un uomo di
principii, è il solo mezzo per essere qualcuno e per far qualcosa.


XVII.
I Santi di Dio.


A che altezza
si sono innalzati i Santi! Non tutti, senza dubbio, hanno compiuto quaggiù
il lavoro completo della loro purificazione. In certuni può esser rimasta
qualche parte da compiere in purgatorio. Ma parecchi raggiunsero fin da questa vita
l’ultima vetta e sono entrati in cielo fin dall’istante della loro morte. E quanto
a quelli nei quali restava da compiersi ancora una piccola parte del lavoro, essi
avevano tuttavia percorso il cammino nella sua maggiore estensione. Non occorre dire
ch’essi avevano attuato per intero la prima parte della vita cristiana: Dio il primo,
e che erano già molto innanzi anche nella seconda: Dio solo. t per questo
ch’essi sono così grandi!

Sono così grandi! Essi ebbero la fede ed ebbero la ragione, e vissero secondo
la loro ragione e secondo la loro fede. Furono uomini sinceri che seppero rinunciare
alla menzogna. Furono uomini forti e non consentirono a patteggiare con la viltà.
Non c’è menzogna nella loro vita, perché la loro condotta non menti
mai ai loro principii. Non c’è codardia, perché, se ebbero le loro
debolezze, non si trascinarono affatto nello scoraggiamento e nel languore. Seppero
camminare, senza lasciarsi abbattere dalle infermità della carne e dagli incidenti
del cammino.

Furono uomini come te, con le stesse passioni e la stessa natura, nonché con
la stessa ragione e la identica fede. E seppero passare al di sopra delle loro passioni,
per vivere secondo la loro ragione e secondo la loro fede. Furono uomini!… Pilato,
mostrando Gesù Cristo al popolo, diceva: Ecco l’uomo
17. E la Chiesa mostrando al mondo i suoi Santi, dice:
Ecco gli uomini!…

E tu sarai un uomo?… un cristiano?… un Santo?… Hai la fede?… la ragione?…
Rispondi.


XVIII.
La Santa Vergine.


Tu ami la buona
Madre, e leggendo le pagine precedenti, hai dovuto istintivamente rivolgere più
d’una volta verso di lei gli sguardi del tuo cuore, per non disperare di te stesso.
Oh quanto codesti sguardi mi fanno piacere, e quanto ti fanno del bene! Per incoraggiarti
meglio ancora, io voglio, alla luce di questi principii, mostrarti la grandezza di
quella Madre che tu ami tanto.

Tu ti sei reso un po’ conto, delle altezze della vita cristiana. Ebbene, di’ a te
stesso, che su queste altezze appunto la S. Vergine fu collocata fin dal principio
della sua esistenza, per il privilegio del suo Immacolato Concepimento. In lei la
purificazione era assoluta, nella sua mente, nel suo cuore, in tutti i sensi. E mai
non ne usci, e mai il più piccolo movimento in tutta la sua vita fu sfiorato
dalla minima traccia d’imperfezione. Tutto quello che in lei c’era andò a
Dio solo. Non aveva da compiere l’opera della sua purificazione, poiché questa
era completa fin dal principio. Ella non lavorò adunque se non all’opera della
glorificazione, senza intermittenza, senza variazione, senza esitazione. Che vita!
che meriti! e che grandezza!

E tuttavia questo non è che il lato piccolo della sua grandezza; te ne mostrerò
nella terza parte il lato grande, e spero che la tua venerazione e la tua confidenza
in lei non avranno più limiti, e che affiderai alla sua potenza materna la
cura di condurti sul gran cammino della vita cristiana.

È pur elevata la buona Madre, ed è così pura! Ed ha tanta pietà
per i poveri peccatori, che le sozzure tengono così lontani da Dio! Per il
privilegio della sua immacolata purezza, ella ha il potere di attirare le anime che
hanno bisogno di innalzarsi. Tu lo provi questo bisogno, ti senti in cuore il desiderio
di vivere nelle altezze: abbi fiducia in Maria, una fiducia senza limiti; ella ti
stende la sua mano di Madre, ti guarda coi suoi occhi tutti pieni di misericordia,
t’incoraggia con la sua voce tutta compassionevole, ti apre il suo cuore che tanto
ha sofferto per te. Tu sai quanto ti ama, o piuttosto non lo sai, Poiché ella
ti ama più di quello che tu possa immaginare. Ella avrebbe una brama ardentissima
di vederti vicino a lei, puro come lei, libero dal peccato come lei! Si, confidenza
in lei, e nessuna altezza ti è inaccessibile, col suo soccorso. Ah! se tu
sapessi pregarla! Se sapessi mettere la tua mano nella sua, il tuo cuore nel sua!
Se tu fossi deciso a camminare!

Ma ecco! alla Madre tua, che è così grande, che vorrebbe farti così
grande, e che per questo vorrebbe darti così grandi cose, tu non domandi che
delle piccolezze da nulla. Le domandi la salute, il successo, un posto, una consolazione,
che so io?… qualche volta anche un po’ di virtù. Le hai già domandato,
nell’assoluta sincerità d’un cuore di figlio, la tua santità? Sì,
la tua santità, il che vuol dire una vita cristiana. P, questo che la tua
Madre vorrebbe darti, e per questo gran tesoro ti darebbe tutto il resto, come mezzo.
Glielo chiederai questo dono sublime? sinceramente, risolutamente, incessantemente?
Su, via! uno sguardo alla tua Madre, e non ti contentare di parole e non mentir più
a te stesso.


XIX.
Gesù Cristo.


Ma l’autore e
il consumatore della tua fede, colui sul quale devi avere fissi gli occhi, è
Gesù Cristo
18, il quale è Figlio
di Dio fatto uomo. In lui Dio è unito all’uomo, con una unione perfetta, indissolubile,
personale. Egli è la vera vetta della santità. In lui l’unione dell’uomo
a Dio fu consumata in tutta la perfezione possibile. Ed è lui che fa i cristiani
e i Santi. È da lui, dal suo nome di Cristo che deriva il nome di cristiano.
Essere cristiano vuol dire esser fatto ad immagine di Gesù Cristo, essere
a lui incorporato, ricevere la vita da lui e per mezzo di lui crescere nella piena
vita divina.

Egli venne in mezzo a noi, visse della nostra vita umana, dandoci negli esempi della
sua vita il modello da seguire, e nelle parole della sua dottrina la regola da compiere.
Sì, è a lui che devi guardare, che devi studiare, se vuoi divenire
cristiano. La sua vita e i suoi insegnamenti dovresti saperli a memoria. Leggi, leggi
il Santo Vangelo; non cessare di bere a questa fonte il vero spirito che deve animare
la tua vita. Come puoi lusingarti d’esser cristiano, se conosci così poco
e così male Nostro Signore Gesù Cristo? Tu studi la chimica e la filosofia,
il che non è male, sono cose utili a sapersi, ed io godo di vederti studiare
sul serio ciò che studi. Ma dimmi, lo studio di Gesù Cristo che posto
occupa nell’organamento(?) delle tue occupazioni? Non è forse quello che in
fondo sai meno? Hai letto il Vangelo almeno una volta nella tua vita? Avrai senza
dubbio letto molti romanzi, ma il Vangelo!… O cristiano di nome! tu non sai fino
a qual punto sia una menzogna il titolo che porti. Un cristiano che non legge il
Vangelo! che non lo conosce! che non ne fa l’oggetto principale dei suoi studi!…
e tu credi in Dio?… E credi in Gesù Cristo? Metti dunque ancora una volta
i tuoi atti d’accordo con le tue credenze. Non avere credenze morte come le erbe
d’un erbario. La credenza che non si trasfonde nella vita pratica non è che
una curiosità menzognera.

Ma Gesù Cristo non venne solo a vivere per noi, ma soprattutto venne a morire
per noi. Venne ad espiare e a riparare i nostri disordini. E con le sofferenze della
sua vita e coi dolori della sua morte, egli espiò i nostri delitti e lavò
le nostre sozzure: egli ci riscattò e ci ricondusse a Dio. La virtù
del suo sangue ci purifica e ci fortifica, ed alle nostre sofferenze comunica il
potere d’espiare a nostra volta e di meritare. Le nostre sofferenze, unite, a quelle
del Salvatore, diventano immensi tesori di santificazione. Perciò la croce
si erge da per tutto dinanzi ai nostri occhi di cristiani, per indicarci che, dovunque
nella vita noi incontriamo una pena, la Croce di Gesù è lì per
santificarla, trasformarla e darle un merito divino. Oh! la vita con Gesù!
Ma soprattutto la sofferenza con Gesù!… gran segreto dei grandi cristiani!
Impara che cos’è Gesù Cristo. Impara che cos’è la sua croce
e potrai dirti cristiano, e chiunque t’incontrerà potrà dire: Ecco
un cristiano.

Ah! se tu credessi alle sofferenze di Colui che è il tuo Dio, e che volle
farsi uomo come te, per morire per te!… Ma tu non le mediti abbastanza, e perciò
esse non hanno nessuna efficacia nella tua vita. Cristiano distratto, la più
piccola notizia di curiosità ha maggior impero sopra di te che la morte del
tuo Dio. Paventeresti tanto i sacrifici, se credessi sinceramente al sacrificio della
Croce? La tua generosità sarebbe così apatica e pigra, se comprendessi
la generosità di Gesù Cristo? A ben triste sentir dire che si crede
a cose così sublimi, mentre per le azioni nostre sono così meschine.
Te ne scongiuro, abbi la fede, e metti la tua vita all’altezza della tua fede. Il
tuo Dio aveva forse bisogno di venir a soffrire e morire per te? Chi dunque l’obbligò
a farlo? L’amore. Ti amò e morì per te. Tu dici a lui: mio Dio, ti
amo; e non sai neppur vivere per lui!… E tuttavia hai bisogno di vivere per lui;
questo è il tuo dovere. Se tu comprendessi il Crocifisso! Se sapessi che significato
hanno, ai piedi d’una Croce, queste parole: amare, darsi, prodigarsi, sacrificarsi!…
Mettiti dunque una buona volta ai piedi del tuo Crocifisso, ed a Colui che visse
e morì per te chiedi di saper vivere per lui. Vivere per lui, vale a dire
darti, prodigarti, sacrificarti, il che in una sola parola significa amare. Ai piedi
della Croce impara ad essere cristiano.


NOTE


1
Quid enim mihi est in caelo? et a te quid volui super terram? Deus cordis mei, et
pars mea, Deus, in aeternum. PS. 72, 24-25.

2 Avare, quid tibi sufficit, si Deus ipse non sufficit? Aug.,
Serm. 158, 9.

3 Laetamini in Domino et exsultate, iusti. PS. 31, 11

4 Dilexisti iustitiam et odisti iniquitatem, propterea unxit
te Deus, Deus tuus oleo laetitiae. Ps. 44, 7.

5 Et qui utuntur hoc mundo, tamquam non utantur. 1 Cor. 7,
31

6 Si quis venit ad me, et non odit patrem suum, et matrem,
et uxorem, et filios, et fratres, et sorores, adhuc autem et animam suam, non potest
meus esse discipulus… Sic ergo omnis ex vobis qui non renuntiat omnibus quae possidet,
non potest meus esse discipulus. Luc. 14, 26 e 33.

7 Si in hac vita tantum in Christum sperantes sumus, miserabiliores
sumus omnibus hominibus. I Cor. 15, 19.

8 Dominamini. Gen. 1, 28.

9 Dominus dedit, Dominus abstulit; sicut Domino placuit, ita
factum est: sit nomen Domini benedictum. Iob 1, 21.

10 Scio et humiliari, scio et abundare (ubique et in omnibus
institutus sum); et satiari et esurire, et abundare et penuriam pati, omnia possum
in eo qui me confortat. Phil. 4, 12.

11 Quia fortis est ut mors dilectio, dura sicut infernus
aemulatio. Cantic. 8, 6.

12 Beati qui lugent, quoniam ipsi consolabuntur. Matth.

13 Non enim quidquid promittit mihi Deus, valet aliquid praeter
ipsum Deum. Omnino me non satiaret Deus. nisi promitteret mihi seipsum Deum. Quid
est tota terra? quid est totum mare? quid est totum caelum? quid sunt omnia sidera?
quid sol? quid luna? quid omnes exercitus Angelorum? Omniun istorum Creatorem sitio;
ipsum esurio, ipsum sitio, ipsi dico: Quoniam apud te est fons vitae. Esuriat et
sitiat peregrinatio mea, ut satietur praesentia mea. Satiabor cum apparuerit gloria
tua. Aug., Serm. 158, 7.

14 Quid enim est quod habere vis malum? Dic mihi niffil omnino:
non uxorem, non filium, non servum, non villam, non tunicam, postremo non caligam.
Et tamen vis hohere malam vitam? Rogo te, praepone vitam tuam caligae tuae. Aug.,
Serm. LXXII, de Verbis Evang., n. 5.

15 Viditque in somnis scalam stantem super terram, et cacumen
illius tangens caelum… et Dominum innixum scalae. Gen. 28, 12-13.

16 Durus est hic sermo, et quis potest eum audire? loan.
6, 61.

17 Ecce homo.Ioan. 19, 5.

18 Aspicientes in auctorem fidei et consummatorem Iesum.
Hebr. 12, 2.










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