Baruch Spinoza padre spirituale dell’attuale crisi dell’esegesi biblica

  • Categoria dell'articolo:Sacra Scrittura


Baruch
Spinoza

padre spirituale

dell’attuale crisi dell’esegesi biblica













san Girolamo

prega per noi e ottienici un’autentica rifioritura di studi biblici


Da dove
deriva l’attuale crisi dell’esegesi biblica? Senz’altro da una carenza di fede, che,
comportando la chiusura alla ricezione dei doni dello Spirito Santo, impedisce la
fecondità dello studio della Sacra Scrittura. Ma questa stessa crisi deriva
ancor più da premesse filosofiche errate. Infatti, volendo applicare alla
Scrittura, “rigorosamente”, il metodo storico-critico, come se la Bibbia
fosse un comune testo scritto dall’uomo – volendo mettere tra parentesi ogni pre-comprensione
– , si commette un duplice errore:

1) Il presupposto “non ci deve essere nessuna pre-comprensione” è
a sua volta una pre-comprensione.

2) ll secondo errore è di natura anche teologica: infatti ogni scienza deve
essere adeguata al proprio oggetto (modus cujusque scientiae debet inquiri secundum
conditiones materiae
– San Tommaso, Super Sent., q. 1 a. 5 co.) La Scrittura
è un singolare composto di parola umana e Parola divina, e quindi non
può essere compresa al di fuori dei canoni della fede. E poiché le
caratteristiche cositutive della Scrittura (canone, ispirazione, inerranza) sono
definite dalla Chiesa, solo la fede della Chiesa è il contesto della corretta
interpetazione (che non potrà – per altro – mai contraddire l’autentico dato
storico-letterario).

Chi volesse prescindere dalla fede nell’esaminare il testo biblico, sarebbe come
chi volesse parlare di Cristo considerando solo la sua perfetta umanità.

Chi dunque, approcciando il testo biblico, grida dirumpamus vincula eorum
(Sal 2,3) nei confronti dei canoni della fede della Chiesa, ricade sotto le
catene ben più pesanti della pre-comprensione razionalista.

Quando è cominciata questa rivolta ermeneutica? I primi ad usare la
Scrittura fuori dal contesto di fede sono stati tutti i sommi sacerdoti e gli
scribi del popolo
di Gerusalemme (cf Mt 2,3) per indicare ad Erode dove
avrebbe potuto trovare Gesù per ucciderlo. Il secondo è stato il diavolo
che, per tentare Gesù, si è servito della Sacra Scrittura. La prima
formalizzazione teorica compiuta di questo tipo di approccio risale al filosofo panteista
ebreo Baruch Spinoza. Riportiamo qui una lucida sintesi del suo pensiero, il quale
ha purtroppo sostanzialmente influenzato l’esegesi biblica odierna [N.d.R]




1.
Spinoza

1 L’ermeneutica
illuministica è un’indagine critico-razionale del testo

L’ermeneutica
illuministica presenta degli elementi che sono caratteristici sia dell’ermeneutica
[1] metodologica contemporanea
[2], sia della teoria interpretativa
di Schleiermacher

[3]
,
il quale, assieme a Dilthey
[4] e ad Heidegger
[5], è considerato
uno dei fondatori dell’ermeneutica odierna. L’Illuminismo, inteso come l’atteggiamento
critico nei confronti della tradizione e di ogni forma di autorità, è
un’epoca storica che può essere distinta in tre tempi: un primo periodo, detto
«pre-illuministico», legato soprattutto alla scolastica della decadenza,
durante il quale questo atteggiamento critico è embrionalmente presente; un
secondo stadio, proprio dell’Umanesimo e del Rinascimento, caratterizzato dallo sviluppo
e dall’espansione della critica alla tradizione; ed infine una terza fase strettamente
illuministica rappresentata dal pensiero moderno, la quale si estende tra il XVII
e il XVIII secolo. L’ermeneutica illuministica, durante quest’ultima fase, afferma
il primato assoluto della ragione nell’attività interpretativa in quanto tale,
ponendo tra parentesi ogni forma di pre-giudizio
[6] nell’analisi
di qualsiasi tipo di testo, sacro o profano.

L’ermeneutica illuministica vuole eliminare ogni pregiudizio, che in quanto tale
è occultante, con l’intento di realizzare un’indagine puramente razionale
di qualsiasi testo, tramite l’utilizzazione di metodiche storiografiche e filologiche,
che sono le stesse sia per i testi sacri che per quelli profani.L’Illuminismo, volendo
sospendere ogni presupposto interpretativo per risalire al senso autentico del testo,
sembra riaffermare il concetto luterano della sola Scriptura, ma l’analogia
tra l’ermeneutica illuministica e quella luterana è solo apparente, poiché
Lutero voleva fare l’epochè della pre-comprensione della Bibbia legata
alla Tradizione e al Magistero della Chiesa, ma non di quella che scaturisce dalla
fede con la quale il credente interpreta la Sacra Scrittura. Senza la fede, infatti,
è impossibile, secondo il riformatore, la comprensione delle verità
rivelate da parte del fedele, mentre gli illuministi, volendo eliminare ogni
pre-giudizio per raggiungere un tipo di interpretazione puramente filologica e storiografica
di qualsiasi testo, considerano la stessa fede come un insieme di pre-giudizi
che impediscono la corretta interpretazione della Bibbia.L’Illuminismo, nell’intento
di affermare un’ermeneutica senza pre-supposti di alcun genere, critica non solo
la pre-comprensione della Bibbia che proviene dalla Tradizione
[7] e dal Magistero ecclesiastico, ma anche
quella che scaturisce dalla fede del credente. Secondo questo movimento di pensiero,
infatti, la Sacra Scrittura deve essere interpretata con lo stesso atteggiamento
critico-razionale con cui si analizza qualsiasi tipo di testo, indipendentemente
dal suo contenuto. L’Illuminismo, facendo cadere la distinzione tra l’interpretazione
dei testi sacri e quella dei testi profani, prepara le basi per lo sviluppo dell’«ermeneutica universale» di Schleiermacher
[8], la quale fisserà
il canone dell’interpretazione testuale in quanto tale.


2.
Il Tractatus theologico-politicus di Spinoza è il modello dell’ermeneutica
illuministica


Baruch
Spinoza, nel Tractatus theologico-politicus, espone tematicamente i caratteri
essenziali della sua teoria interpretativa, i quali sono fungenti attivamente in
tutta l’ermeneutica illuministica. Egli, volendo elaborare una teoria ermeneutica
di carattere scientifico, si pone il problema relativo all’individuazione di un metodo
rigoroso che consenta la corretta interpretazione della Bibbia; afferma che tale
metodo non differisce da quello utilizzato «per interpretare la natura, ma
che […] in tutto con questo conviene»
[9] e precisa che
«la conoscenza dei racconti e delle rivelazioni […] deve procedere dalla
Scrittura stessa, allo stesso modo che deve procedere dalla natura la scienza della
natura»
[10].

Secondo Spinoza, la regola universalmente valida per l’esegesi biblica è costituita
da tre momenti essenziali e tra loro complementari: 1) analisi storico-filologica
dei libri sacri, 2) classificazione dei testi secondo «comuni principi»
[11], 3) critica testuale.

A suo giudizio, la storia della lingua ebraica consente la conoscenza del linguaggio
utilizzato per la redazione dei libri dell’Antico e del Nuovo Testamento; scrive
infatti: «Poiché tutti gli Scrittori, tanto del Vecchio quanto del Nuovo
Testamento, furono Ebrei, è cosa certa che la storia della lingua ebraica
è indispensabile sopra tutte le altre, non solo per comprendere i libri del
Vecchio Testamento, che appunto in ebraico furono scritti, ma anche per comprendere
i libri del Nuovo, perché questi, ancorché siano stati diffusi in altre
lingue, sono tuttavia pieni di ebraismi»
[12].Sulla base di
questa analisi storico-filologica si devono raccogliere «le sentenze di ciascun
libro e sistemarle sotto comuni principi»
[13], successivamente
è necessario «segnalare tutte quelle sentenze che sono ambigue e oscure
e che sembrano tra loro contraddittorie»
[14] e separarle da
quelle chiare e certe
[15]. Dopo questa
opera di classificazione, devono essere indagate «le peripezie accadute ai
libri dei profeti la cui memoria è pervenuta fino a noi»
[16]. È quindi essenziale la critica
testuale per evitare la lettura di testi corrotti, che comprometterebbe la correttezza
scientifica dell’esegesi biblica.

L’attuazione della regola ermeneutica sopra descritta è, secondo Spinoza,
la condizione necessaria e sufficiente che consente di «investigare il pensiero
dei profeti e dello Spirito Santo»
[17]. Questa «
investigazione » deve individuare i contenuti semantici più universali
e, sulla base di questa individuazione, deve analizzare i contenuti particolari,
così come la scienza della natura scopre le leggi universali che regolano
il cosmo e, sul fondamento di esse, studia i casi particolari. Egli scrive infatti:

Occorre
seguire un procedimento e un metodo simile a quello che impieghiamo per interpretare
la natura […]. Prima di investigare le cose naturali ci sforziamo, infatti, di
aver lume soprattutto intorno ai fenomeni universali e comuni a tutta la natura;
cioè, intorno al moto e alla quiete e alle loro leggi e regole che la natura
sempre osserva, e per le quali essa agisce con continuità, per passare poi,
di grado in grado, ad altro che ha caratteri sempre minori di universalità.
[…]


Similmente,
nella storia della Scrittura, bisogna prima di tutto ricercare ciò che vi
è in essa di universale […].


Una
volta ben conosciuta la dottrina generale della Scrittura, è d’uopo venire
ad altre questioni che hanno minori caratteri d’universalità, e che hanno
attinenza alla pratica della vita, derivando dalla dottrina universale come i ruscelli
dalla loro fonte
[18].

Spinoza
sostiene, quindi, che gli insegnamenti particolari presenti nei testi biblici si
comprendono alla luce della conoscenza della dottrina generale che informa la Scrittura,
la quale, come è stato mostrato, «deve procedere dalla Scrittura stessa»
[19], indipendentemente
quindi da ciò che viene tramandato dalla tradizione e dal giudizio espresso
dalle autorità religiose. Conseguentemente a questa concezione ermeneutica,
egli critica aspramente i teologi che stravolgono il senso autentico della Bibbia
cercando in essa delle conferme alle loro false teorie. Scrive infatti: «Vediamo
i teologi essere stati, per lo più, solleciti in qual modo strappare alle
Sacre Lettere quelle che sono, invece, le loro finzioni e le loro opinioni, e di
difenderle con la divina autorità»
[20]. La sua critica
è estesa, per gli stessi motivi addotti nei confronti dei teologi, anche ai
farisei e al Papato
[21]. L’unica interpretazione
valida della Bibbia è infatti quella che si acquisisce utilizzando la metodologia
scientifica, la quale, però, fornisce i criteri per stabilire il significato
delle Scritture, ma non la verità di esse. Spinoza afferma infatti in proposito
che «l’indagine verte sul significato dei discorsi, non sulla loro verità»
[22]. L’indagine non
può risalire alla verità dei discorsi perché, a suo giudizio,
nella Bibbia è contenuto soltanto un insegnamento morale, che ha un valore
pragmatico per i fedeli. La verità, invece, può essere conosciuta unicamente
dalla filosofia.A sostegno della sua tesi, Spinoza evidenzia che i profeti quando
affrontano tematiche speculative entrano «in contraddizione reciproca»
[23].


3.
Rilievi critici


Il progetto
spinoziano e illuministico di fondare un’ermeneutica senza pre-giudizi è irrealizzabile
perché il tentativo di fare l’epochè di ogni pre-supposto è
esso stesso un pre-giudizio (irrealizzabile), fungente in tutta l’ermeneutica illuministica.
Come ha mostrato Gadamer
[24], in ogni forma
di sapere, quindi anche nella filosofia e nella scienza, funge un orizzonte di pre-supposti
che non può essere posto tra parentesi. Nell’ermeneutica di Spinoza è
presente una pre-comprensione di carattere filosofico, alla luce della quale viene
deciso che l’ambito della verità appartiene alla filosofia e quello della
morale alla religione; una pre-comprensione filosofica stabilisce, quindi, la natura
del rapporto esistente tra fede e ragione. Il programma spinoziano di costituire
un’ermeneutica di carattere filologico-storiografico fallisce perché in esso
sono fungenti attivamente dei pre-supposti di natura filosofica. Tale programma verrà
attuato dall’ermeneutica metodologica contemporanea, la quale, tramite il neopositivismo
e il razionalismo critico, si è liberata da ogni matrice di carattere filosofico
[25]. L’ermeneutica
di Spinoza, e in generale dell’Illuminismo, dal momento che intende costituirsi come
disciplina scientifica, pone le premesse per lo sviluppo dell’ermeneutica metodologica
contemporanea
[26]; in quanto pone
tra parentesi l’atteggiamento di fede, l’autorità e la tradizione nella lettura
della Bibbia, supera la distinzione tra l’interpretazione dei testi sacri e quella
dei testi profani, poiché ambedue le interpretazioni sono soltanto
analisi filogico-storiografiche. Conseguentemente
l’ermeneutica spinoziana, e illuministica in genere, è il terreno culturale
che favorirà la nascita della teoria interpretativa di Schleiermacher
[27].



NOTE





[1] Nei capitoli I – III il
termine ermeneutica include ogni forma di attività conoscitiva in senso lato
e non indica, in senso stretto, lo stile di pensiero rappresentato da Heidegger,
Gadamer e Ricoeur.

[2] Vedi capp. VII, IX.

[3] Vedi cap. II.

[4] Vedi cap. III.

[5] Vedi cap. IV.

[6] I termini pre-giudizio,
pre-supposto e pre-comprensione vengono usati, in tutto il libro, in senso gadameriano;
cfr. cap. V.

[7] In relazione al rifiuto
opposto dall’Illuminismo ad ogni forma di tradizione con l’assolutizzazione del valore
della ragione, Gadamer scrive: «La tendenza generale dell’illuminismo è
proprio quella di non ammettere nessuna autorità e di decidere tutto davanti
al tribunale della ragione. Così, anche la tradizione scritta, sia la Sacra
Scrittura sia ogni altro tipo di documento storico, non può pretendere di
valere senz’altro; la possibile verità della tradizione dipende dalla credibilità
che le viene riconosciuta dalla ragione. Non è la tradizione, ma la ragione
la fonte ultima dell’autorità» (H. G. GADAMER, La «Wirkungsgeschichte».
Elementi di una teoria dell’interpretazione
, in H. G. GADAMER, P. RICOEUR, C.
LEVI-STRAUSS, Problemi dell’interpretazione, a c. di M. Cristaldi, Giannotta,
Catania 1975., pp. 111- 112). Gadamer, dopo aver analizzato l’ermeneutica illuministica,
si pone alcuni interrogativi: «E proprio vero che stare dentro a delle tradizioni
significhi anzitutto sottostare a pregiudizi e subire una limitazione di libertà?
O piuttosto non è la stessa esistenza umana, anche la più libera, che
è limitata e condizionata in maniera molteplice?» E afferma: «Se
questo è vero, allora l’ideale di una ragione assoluta non costituisce una
possibilità per l’umanità storica. La ragione esiste per noi solo come
ragione reale e storica» (ibid., p. 115).

[8] Vedi cap. II.

[9] B. SPINOZA, Trattato
teologico politico
, Presentazione, traduzione e note di S. Cesellato, La Nuova
Italia, Firenze, 1971, pp. 130-131.

[10] Ibid.,
p. 131.

[11] Ibid.,
p. 133.

[12] Ibid.,
pp. 132-133.

[13] Ibid.,
p. 133.

[14] Ibid.

[15] Cfr. Ibid.


[16] Ibid.,
p. 135.

[17] Ibid.,
p. 136.

[18] Ibid.

[19] Ibid.,
p. 131.

[20] Ibid.,
p. 129.

[21] Cfr. ibid.,
pp. 139-140.

[22] Ibid.,
p. 133.

[23] Ibid.,
p. 138.

[24] Vedi cap. V.


[25] Vedi capp. VII,
IX.

[26] Vedi capp. VII-IX.


[27] Vedi cap. II.






Testo tratto
da: Maurizio Moscone, Filosofia ermeneutica oggi, Roma: Studium, 1995, pp.
27-34.