Vita di San Giuseppe – L. I, cap. XIV

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Serva
di Dio

Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)

VITA DI SAN GIUSEPPE

Libro I – Capitolo XIV

S. Giuseppe riceve altre grazie da Dio



Contemplazioni amorose – Dio si compiaceva molto dell’amore e della fedeltà
di Giuseppe, e non lasciava di ricolmarlo sempre più di grazie e di meriti;
e il Santo ne approfittava così bene, che si rendeva sempre più capace
di riceverne di maggiori con la corrispondenza e la gratitudine verso il suo Dio,
per cui spesso era favorito di estasi sublimi, ed in quelle intendeva altissimi misteri
della divina essenza, nelle quali l’anima di Giuseppe si dilettava molto, e rimaneva
sempre più infiammato dell’amore del suo Dio. Capiva la grandezza del merito
che Dio aveva di essere amato e servito fedelmente, e di questo si accendeva di un
vivo desiderio e bramava che tutte le creature l’avessero amato con tutto il loro
amore. Dio gli faceva conoscere come la maggior parte degli uomini si perdeva nell’amore
delle creature e delle cose caduche e transitorie, per cui il nostro Giuseppe ne
sentiva una pena insopportabile, ed avrebbe voluto supplire egli stesso alle mancanze
di tanti, ma conoscendosi insufficiente, si annichiliva e diceva al suo Dio: «O
Dio mio, e perché ho un solo cuore per amarti, bontà infinita? E perché
non ho i cuori di tutti gli uomini, che li consacrerei tutti al tuo amore? Tu sei
il nostro Padre che ci hai creato con tanto amore, e ci conservi la vita, affinché
vivendo amiamo la tua bontà; e dove è l’amore che come figli ti dobbiamo?
Come possono scordarsi di Te le creature, mentre sono frutto delle tue mani e hanno
la tua somiglianza? Ah, la mia mente non sa ancora capire perché le creature
vivano dimentiche di Te, Padre amantissimo!
». E in questi discorsi che
faceva al suo Dio, si struggeva d’amore e di desiderio che il suo Dio fosse amato
e servito da tutti. Dio godeva molto di vedere e udire i desideri del suo servo fedele,
e di quanto questo gli fosse gradito, gliene dava spesso il segno facendosi, in tale
occasione, gustare alla sua anima, riempiendola di dolcezza, e facendogli udire spesso
la sua voce nel più intimo del cuore, per la quale il Santo rimaneva tutto
assorto nella dolcezza e nell’amabilità del suo Dio.



Timore e consolazione – Il Santo aveva anche un grande timore di offendere
il suo Dio e questo timore nasceva dall’amore che gli portava, temendo di poterlo
disgustare; perciò porgeva calde suppliche a Dio, affinché l’avesse
fatto prima morire, piuttosto che dare un minimo disgusto alla sua infinita bontà.
Una volta che il Santo era tormentato più del solito da questo timore, e portatosi
al Tempio per raccomandarsi a Dio, fece una lunga orazione supplicando il suo Dio
con calde lacrime e infuocati sospiri di non permettere mai che egli lo disgustasse
in cosa alcuna, e venisse a perdere la sua grazia e la sua amicizia, Dio consolò
il suo servo assicurandolo che lui non avrebbe mai perduto la sua grazia e che si
sarebbe conservato innocente fino alla morte. A questo grande favore e a questa promessa,
fu così grande la consolazione che intese il Santo, che non stava più
in se stesso per la gioia, e non passò mai un giorno della sua vita che non
rendesse affettuose grazie al suo Dio per la sicurezza avuta; ma tuttavia non lasciò
nemmeno di stare ben cautelato in ogni sua azione affinché il suo Dio non
venisse da lui offeso, stando sempre con un timore, ma timore di se stesso, non già
che dubitasse affatto della grazia che Dio gli aveva promesso, perché ne era
sicurissimo, avendo egli una gran fede in tutte le cose che il suo Dio gli prometteva.
Se tanto grande era la pena che il nostro Giuseppe sentiva, che il suo Dio non fosse
amato e servito fedelmente da tutti, quanto maggiore era il dolore che sentiva, nel
vedere come Dio era gravemente offeso! Fu tanto il dolore che sentiva di questo,
che più volte svenne per il cordoglio; e piangeva amaramente quando sentiva
dire che il suo Dio era stato gravemente offeso.



Giuseppe vittima – Una volta l’Angelo gli parlò nel sonno, e gli disse
che Dio era molto adirato per le molte e gravi offese che riceveva continuamente
dal mondo; e che perciò si fosse applicato a supplicare Dio di placare lo
sdegno, affinché i peccatori non venissero severamente castigati come meritavano.
Gli disse anche che questo ufficio lo faceva anche la santissima fanciulla Maria,
e che perciò si rendeva molto gradita a Dio, il quale, per le suppliche di
lei tratteneva i castighi. Tanto bastò al Santo, per fare che tutto si applicasse
a supplicare Dio per i peccatori e a non castigarli con la morte eterna.

Alle volte passava i giorni interi e buona parte della notte piangendo le offese
divine e supplicando Dio del perdono e di dare luce ai peccatori, affinché
ravveduti dei loro errori, ne facessero penitenza, e quando sapeva che nella città
c’era qualche peccatore e trasgressore della Legge, tanto pregava, tanto si raccomandava
a Dio finché ne seguisse la conversione; e molte volte il Santo ottenne queste
grazie per le suppliche che porgeva a Dio e per le lacrime che spargeva, e diceva
al suo Dio: «O mio Dio, io sono miserabile, non merito di essere esaudito,
ma unisco queste mie suppliche a quelle che ti porge la Fanciulla Maria, perché
so che le sue ti son gradite ed accette; perciò sono certo che le mie suppliche,
unite alle sue, saranno a Te gradite, e che ti muoverai a pietà di chi vive
lontano da Te e cammina alla perdizione, dandogli lume da conoscere i suoi errori,
e grazia di convertirsi a Te di tutto cuore
». Dio gradiva molto queste
suppliche, e una volta l’assicurò del gusto che ne aveva; mentre stava pregando
per la conversione e il ravvedimento di un ostinato peccatore, dopo molte suppliche
Giuseppe intese la voce del suo Dio che gli diceva: «Ti sia concesso quanto
tu domandi
». E di fatto poi il peccatore si convertì, e di questo
Giuseppe ne intese una grande consolazione e ne rese affettuose grazie a Dio. Egli
si esibiva pronto a soffrire tutti i mali purché il suo Dio non restasse offeso
da alcuno, e diceva: «Mio Dio, manda su di me i castighi, i travagli, purché
tu non sia offeso e disgustato da alcuno. Io sono pronto a soffrire tutto, purché
non si trovi alcuno che ti offenda
». E quando sentiva dire che c’era qualche
peccatore moribondo, si struggeva in lacrime e stava in continua preghiera, affinché
Dio gli avesse dato un sommo dolore delle sue colpe, e diceva: «Dio mio,
non sia mai che si perda alcuna anima che Tu hai creato a tua immagine e somiglianza!
».
Dio spesso lo consolava col restituire la salute al moribondo, e poi dargli spazio
di penitenza, ma costavano molto al Santo queste grazie, per le quali vegliava le
notti intere pregando e piangendo; ed oltre a questo vi aggiungeva anche delle mortificazioni
e delle penitenze, digiunando per più giorni, mangiando solo pane e bevendo
acqua. Sentendo poi come c’erano tanti pagani e nazioni che non conoscevano né
adoravano il vero Dio, ma i demoni, si sentiva trapassare l’anima dal dolore, e tutto
lacrime pregava il suo Dio di volersi degnare di mandare presto il Messia promesso,
affinché avesse fatto conoscere a tutti il vero Dio, e avesse insegnato loro
la via della salvezza.



Lavoro e preghiera – Benché il Santo stesse occupato nel lavoro, non
perdeva la memoria di tutto ciò che finora ho detto, ma era continua la sua
domanda anche nel tempo del suo lavoro e in ogni altro tempo, supplicando continuamente
il suo Dio che aveva sempre presente alla sua mente. Aveva poi imparato a mente tutte
le suppliche che facevano i Patriarchi e Profeti, affinché Dio avesse mandato
presto al mondo il Messia promesso, e tutte le aspirazioni che facevano al Messia
affinché venisse presto a redimere il popolo e tutto il mondo; e di queste
il nostro Giuseppe si serviva, ripetendole continuamente con grande fervore e desiderio,
e specialmente le ripeteva quando andava al Tempio, e con calde lacrime ed infuocati
sospiri supplicava il suo Dio e poi diceva: «Beati gli occhi di quelli che
vedranno il Messia in carne! Beate le orecchie che udranno le Sue divine parole!
E più beato il cuore che l’amerà e a Lui si donerà!».