Vita di San Giuseppe – L. I, cap. XXI

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Serva
di Dio

Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)

VITA DI SAN GIUSEPPE

Libro I – Capitolo XXI

S. Giuseppe e la Santissima Vergine visitano Santa Elisabetta

Accondiscendenza di
San Giuseppe
– Accordati già i Santi Sposi, Maria e Giuseppe, di partire
da Nazareth per andare a visitare la parente Elisabetta, e stabilita l’ora della
partenza, prima di partire si raccomandarono molto a Dio, supplicandolo del suo aiuto
in quel viaggio. Il Santo Sposo sentiva rincrescimento nel condurre la sua Sposa
per quelle strade tanto disastrose, perché, essendo tanto gentile, temeva
che potesse patire nel viaggio, e non mancò di manifestare alla sua Sposa
la pena che sentiva di questo. Lei però gli fece animo e lo assicurò
che il viaggio sarebbe stato felicissimo, perché essi adempivano in quello
la volontà divina e che perciò Dio non avrebbe mancato di assisterli
e provvederli. Così Giuseppe si consolò per le parole della sua Santa
Sposa. La Santissima Vergine si mostrava desiderosa di partire, perché ben
sapeva la causa per la quale andava dalla parente, e che il Verbo Incarnato nel suo
purissimo grembo voleva andare di persona a santificare il Precursore Giovanni Battista;
per cui era bramosa che si eseguisse presto la volontà divina e che il Precursore
restasse santificato. Il nostro Giuseppe conobbe il desiderio della sua Sposa, e
le chiese perché si volesse portare con tanta allegrezza in un luogo tanto
disastroso. «Forse per soffrire gli incomodi che sono soliti soffrirsi nel
viaggiare,
– le disse il Santo Sposo, – perché sei bramosa di soffrire
per amore del nostro Dio?»;
al che la Santissima Vergine rispose che bramava
di partire presto per adempire con tutta sollecitudine la volontà divina.
E di fatto questa era la causa primaria del suo desiderio, tacque però il
resto, perché i segreti che il Verbo Incarnato le manifestava, li conservava
tutti nel suo cuore, e non li scopriva mai.



In viaggio – li nostro Giuseppe, sentendo il motivo delle brame della sua
Sposa, si accese anche lui di questa brama, e con grande allegrezza e sollecitudine
se ne partì, col motivo di adempire la volontà divina; perciò,
domandata la benedizione a Dio prima insieme, la Santa Sposa volle umiliarsi e domandare
la benedizione al suo Sposo Giuseppe, che gliela diede con grande affetto e tenerezza
di cuore. Il Santo non poteva negarle cosa alcuna, perché domandava tutto
con tanta grazia, con tanto modo, e con tanta umiltà, e piangeva per la tenerezza
nel vedersi genuflessa ai suoi piedi quella vaga, nobile ed umile Fanciulla. Quando
il nostro Giuseppe ebbe dato la benedizione alla sua Santa Sposa, partirono con sollecitudine.
La divina Sposa affrettava i passi, perché era portata con velocità
dallo spirito di quel Dio che abitava nel suo seno. Anche il nostro Giuseppe si affrettava
nel cammino senza sentire noia o stanchezza alcuna, anzi sentiva una grande allegrezza
di cuore. Andava discorrendo con la sua Santa Sposa dei divini misteri, delle divine
perfezioni, e con questi sacri discorsi faceva tanto cammino senza neppure accorgersi;
per cui il Santo Sposo ne restava stupito, e lo diceva sovente alla sua Sposa, che
ne prendeva motivo di lodare e benedire Dio; e diceva al suo Giuseppe: «Vedi
com’è buono il nostro Dio, come benedIce le nostre opere, come ci dà
la forza e la grazia di fare quel tanto che Lui vuole da noi? Lodiamolo dunque insieme!».
E qui si mettevano a recitare le lodi divine. Poi il nostro Giuseppe pregava
la sua Sposa di voler cantare qualche lode al suo Dio, mentre in quella solitudine
non era udita da nessuno. La Santa Sposa obbediva, e cantava dolcemente le lodi al
Verbo Divino che racchiudeva nel seno. Il fortunato Giuseppe se ne andava in estasi
per la dolcezza, e camminava molte miglia del tutto astratto e rapito in estasi;
e allora la divina Madre cantava altre lodi al Verbo Incarnato in ringraziamento
del beneficio fatto a lei e a tutto il mondo insieme; queste però, il santo
Sposo non le sentiva. I nostri viandanti erano accompagnati da una moltitudine di
Spiriti Angelici, che facevano corte alloro Re e alla loro Regina, e anche questi
cantavano inni di lode, che la divina Madre sentiva. Uscivano a schiere anche gli
uccellini e facevano canti armoniosi alloro Creatore; questi però erano uditi
anche dal nostro Giuseppe, il quale si meravigliava e rivolto alla sua Sposa diceva:
«Vedi, mia Sposa, come questi animaletti ci invitano con il loro canto a
lodare il nostro Dio?
». Il nostro Giuseppe credeva che Dio operasse quei
prodigi per amore della sua Santa Sposa, ed era certo di questo, benché a
lei non lo manifestasse. Restava sempre più consolato della felice sorte che
gli era toccata e della grazia che Dio gli aveva fatto di dargliela per compagna
e gliene rendeva affettuose grazie. Così fecero questo viaggio con grande
letizia. Nella notte poi, si posavano nei luoghi che trovavano capaci, si rifocillavano
con poco pane ed acqua, e solo il nostro Giuseppe prendeva qualche cosa di più
secondo la necessità che ne aveva; e la sua Santa Sposa, che era tutta carità,
lo pregava di rifocillarsi con qualche cosa di più per potersi mantenere le
forze corporali, ed il Santo la compiaceva quando ne sentiva il bisogno. Il loro
riposo della notte era per un pezzo il recitare le lodi divine, poi si stavano a
sedere, e così in quella posizione il nostro Giuseppe si addormentava per
poche ore e la Santissima Vergine si tratteneva in sacri colloqui col suo Dio. Anche
lei prendeva qualche quiete di sonno, ma molto breve, benché nel sonno stesso
amasse il suo Dio e trattasse con Lui.



In casa di Giovanni Terminato il viaggio, i Santi Sposi se ne andarono
addirittura a casa di Zaccaria. Il Santo Sposo Giuseppe entrò con la sua Sposa
Maria Santissima. Giuseppe si fermò a salutare Zaccaria, e S. Elisabetta,
presa da un impeto d’amore comunicatole dallo Spirito Santo corse ad abbracciare
la divina Madre, e nel vederla fu illuminata e conobbe essere quella vergine sua
parente la vera Madre del Verbo divino fatto Uomo. La Santissima Vergine salutò
prima la sua parente Elisabetta, col titolo madre del grande Profeta e Precursore,
e S. Elisabetta rese il saluto alla Santissima Vergine chiamandola Madre del Verbo
Divino ed esclamò: «A che debbo che la madre del mio Signore venga
a me?».
Tutto questo non fu udito da alcuno, perché tutti quelli
di casa si trattenevano con S. Giuseppe e Zaccaria che, essendo muto, non si capiva
che a cenni; per cui stavano tutti intorno a lui perché Giuseppe capisse quello
che Zaccaria gli manifestava. Qui la Santissima Vergine compose quel famoso cantico,
e mentre occorse tutto ciò, si manifestò il Verbo Divino che stava
nel seno della Santissima Vergine, si manifestò a Giovanni, avendo prima,
il Verbo divino, impetrato dal divin Padre questa grazia al suo Precursore, cioè
di rimanere santificato nel seno materno ed accelerato l’uso della ragione e conoscere
il suo Dio incarnato prima di venire alla luce. Ottenuta dal Divin Padre questa grazia,
il Verbo Incarnato la fece subito al suo Precursore, facendoglisi conoscere con chiarezza
e santificandolo nel medesimo istante. Giovanni esultò e adorò dal
seno materno il suo Redentore; giubilò e fece gran festa sentendolo anche
la madre. Fece atti di ringraziamento per il beneficio così singolare e si
offrì tutto al suo Divin Redentore e Santificatore; e il Verbo Incarnato rese
grazie al Divin Padre, da parte del Precursore già santificato dal beneficio
ricevuto. Fatti i complimenti accennati, S. Elisabetta si ritirò con la Santissima
Vergine e si trattennero in sacri colloqui. Anche il nostro Giuseppe fu ricevuto
con dimostrazioni di affetto singolare, tanto da Zaccaria come da Elisabetta e da
tutte le persone di quella casa, perché nell’entrare dei due santi Sposi vi
entrarono un’allegrezza e un giubilo incomparabile. La Madre del Verbo Divino restò
qui per tre mesi, per la consolazione della sua parente e di tutta quella casa, che
rimase santificata per le virtù mirabili che la Santissima Vergine operò
qui, e che sono narrate nella sua Vita.



Partenza di Giuseppe – Il nostro Giuseppe doveva già tornarsene a Nazareth
per ritornare poi a prendere la sua divina Sposa e condurla di nuovo a casa sua.
Stabilita l’ora della sua partenza, fu di sommo dispiacere di tutta quella casa,
perché desideravano che si fosse trattenuto qui con la sua Santa Sposa, ma
il nostro Giuseppe volle partire per adempire la volontà divina. Raccomandò
caldamente la sua Santa Sposa ad Elisabetta e a tutte le persone di quellacasa, dicendo
loro che quello era il suo tesoro, e che lasciandola qui vi restava anche il suo
cuore, perciò li pregava di averne tutta la cura. Parlò poi con la
sua Santa Sposa e la supplicò di non dimenticarsi di lui, dicendole che partiva
molto triste senza di lei e che avrebbe passato quel tempo in grande tristezza, mentre
era privo di tutta la sua consolazione. Il Santo fu animato e confortato molto dalla
sua Santa Sposa, e fu assicurato del ricordo che avrebbe tenuto di lui. Il Santo
partì con il corpo, ma rimase lì con il cuore.



In cammino – Si mise in cammino assistito dalla grazia del suo Dio e dalle
orazioni della sua Santa Sposa, che non tralasciava di raccomandarlo con premura
affinché Dio l’avesse assistito e gli avesse dato lo spirito per soffrire
la lontananza della sua persona. Dio, però, non mancò di esaudire le
suppliche della Santissima Vergine, ed il nostro Giuseppe sperimentò un’assistenza
particolare, così nel viaggio, come nel resto del tempo. Fin tanto che il
nostro Giuseppe poteva vedere la casa di Zaccaria, non tralasciava di rivolgersi
a guardarla per la consolazione che ne sentiva stando lì la sua amata Sposa
Maria Santissima. Il Santo, nel viaggio, andava considerando ad una ad una in particolare,
le virtù della sua Santa Sposa, e la benediceva e rendeva grazie al suo Dio
perché l’aveva ricolmata di tante e così sublimi virtù ed ornata
di tanta grazia, e così si andava consolando. Anche il pensiero che aveva
di dovere presto ricondurla a Nazareth, gli faceva mitigare la pena che aveva sentito
nel restarne privo. Nel pensare poi alle sue virtù, sentiva tanta consolazione
e tanta dolcezza di spirito, che si rallegrava tutto, perciò fece quel viaggio
con molta consolazione benché fosse solo, sembrandogli che il pensare alla
sua Sposa fosse lo stesso, quasi che averla presente, e questa grazia gliela impetrò
la sua Santa Sposa.



A Nazareth – Arrivato a Nazareth, il nostro Giuseppe non tralasciò
affatto di operare quel tanto che era solito fare quando c’era la sua Sposa Maria
Santissima. Spendeva il tempo in preghiera, nel recitare le lodi divine. Supplicava
per la venuta del Messia, si impiegava già nel lavorare e faceva delle elemosine,
secondo la possibilità che aveva. Il nostro Giuseppe era assistito da un’amorevole
vicina in quello che gli era necessario per il vitto, benché il Santo facesse
frequenti digiuni. Mentre lavorava si trovava afflitto dalla stanchezza o da qualche
tedio, e non avendo la consolazione di poter trattare con la sua Santa Sposa, se
ne andava nella piccola stanza dove lei dimorava quando c’era, e qui si metteva genuflesso
e pensava come in quella stanza la sua Santa Sposa si tratteneva in continue orazioni
e colloqui col suo Dio; per cui tutto piangente si raccomandava a Dio e lo pregava
del suo aiuto. Qui il nostro Giuseppe trovava tutte le sue delizie, perché
bene spesso fosse rapito in estasi e ne sperimentava molta consolazione, perché
già in quella stanza si era operato il grande mistero dell’Incarnazione, e
Dio favoriva molto quel luogo spargendovi le sue grazie e le sue celesti benedizioni.
Avvedutosi di questo, Giuseppe, ogni volta che si trovava afflitto o travagliato,
se ne andava in quella stanza e restava consolato, e credeva che così fosse
perché qui aveva dimorato la sua Santa Sposa, e che perciò quel luogo
fosse rimasto santificato, come di fatto lo era.



È deriso – Al nostro Giuseppe, in assenza della sua Sposa, non mancarono
dei travagli perché, saputosi per la città che lei era partita e rimasta
dalla parente, molte persone, istigate dal demonio, andavano alla bottega del nostro
Giuseppe e qui lo deridevano e lo motteggiavano perché aveva lasciato la sua
Sposa in casa d’altri. Il Santo soffriva con pazienza, non rispondeva, né
si risentiva dei motti pungenti. Altri col pretesto di compassione e di benevolenza
l’andavano a trovare e biasimavano la sua Sposa perché l’aveva lasciato solo,
perché avrebbe patito molto. Queste parole contro la sua Sposa gli ferivano
il cuore, il Santo non voleva sentirle, però con bel modo li licenziava e
li riprendeva affinché andassero riguardati nel parlare e perché non
offendessero Dio. Il nostro Giuseppe passò molti di questi travagli per quei
tre mesi che dimorò senza la sua Santa Sposa, che già vedeva tutto
quello che il suo Sposo soffriva e lo teneva molto raccomandato a Dio, impetrandogli
la fortezza e la sofferenza.



Come viene consolato – Il suo Angelo, poi, gli parlava molto spesso nel sonno
e gli dava notizie della sua Sposa, l’assicurava dell’assistenza delle sue orazioni
e gli diceva come sempre più andasse crescendo nelle virtù, nell’amore
e nella grazia del suo Dio, per cui il nostro Giuseppe procurava di imitarla, benché
lontano da lei e si accendeva in lui il desiderio di rivederla presto per trattarci,
così spesso sospirava l’ora bramata del suo ritorno. La divina Madre non mancava
di inviare spesso anche gli angeli che le facevano corte, affinché con le
loro ispirazioni avessero consolato il suo Giuseppe, specie quando si trovava in
afflizioni, così il nostro Santo ebbe molti aiuti per mezzo della sua Sposa
e in varie occasioni fu consolato e confortato; ma la consolazione maggiore che il
nostro Giuseppe sperimentò fu il trattenersi a pregare nella stanza della
sua divina Sposa, mentre qui, come dissi, il suo spirito rimaneva colmo di consolazione,
e per i continui rapimenti che gli ci accorrevano veniva anche illuminato a capire
molti misteri divini. Restava anche molto sollevato e contento quando l’Angelo gli
parlava nel sonno e gli dava notizie della sua Sposa e l’assicurava del ricordo che
teneva di lui e che pregava molto per lui. Il Santo conosceva le molte grazie che
Dio gli compartiva, e gli si mostrava grato nel ringraziarlo affettuosamente, riconoscendo
il tutto dalla bontà del suo Dio e dai meriti della sua santa Sposa, per cui
si applicava anche lui a supplicare Dio per lei, affinché venisse sempre ricolmata
di doni e di grazie e che in lei si accrescesse sempre più l’amore verso il
suo Dio.



Parla di Maria e si intrattiene con lei – La divina Madre vedeva tutto questo
e si mostrava grata al suo Giuseppe impetrandogli nuove grazie. A volte poi, si tratteneva
con quell’amorevole che lo assisteva, a discorrere delle virtù della sua sposa
Maria, e poiché quella era una persona molto timorata di Dio ed affezionata
ai santi Sposi, conosceva la loro virtù e la loro santità in qualche
parte e perciò lodava molto la Santissima Vergine, quando ne discorreva col
nostro Giuseppe; ed egli ne sentiva somma consolazione e piangeva per la gioia, e
si accendeva di desiderio di ricondurla presto nella sua casa per avere la sorte
di trattare con Lei, e spesso, sospirando fra sé, diceva: «O mia
amata Sposa, quando sarò fatto degno di rivederti in casa, e trattenermi con
te in sacri colloqui? Oh, castissima e purissima colomba! Tu sei lontana da me, ma
il mio cuore sta con te, e ti amo tanto perché sei veramente santa e perché
il nostro Dio ha depositato in te il tesoro di tante grazie. Credo che questo mio
amore che non dispiacerà al nostro Dio, perché appunto per questo io
ti amo tanto, perché in te scorgo l’abbondanza della grazia divina, e come
il nostro Dio abita in te per amore, cosicché nella tua persona io intendo
amare il nostro Dio, amando la sua grazia, il suo amore; e desidero il tuo ritorno
per potermi sempre più accendere nell’amore del nostro Dio, mentre le tue
parole sono tanti dardi che accendono nel Suo amore; le tue mirabili virtù
sono tanti stimoli al mio cuore per farmi avanzare nella perfezione e nella pratica
di quelle virtù di cui tu sei tanto ripiena».
Così parlava
il nostro Giuseppe, fra sé, con la sua Santa Sposa, alla quale, benché
da lontano, tutto era noto, e indirizzava al suo Dio tutte le lodi che le dava il
suo Sposo, confessandosi davanti a Dio umile ancella mentre il suo Dio era degno
di ogni lode: e a Lui dava lode, onore e grazie. Lo pregava per il suo Sposo Giuseppe
e gli impetrava sempre più nuove grazie e favori, ed il nostro Giuseppe lo
sapeva e perciò ne rendeva grazie a Dio. Corrispondeva alle grazie che la
sua Sposa gli impetrava pregando continuamente per Lei.



Sua vita caritatevole – Il nostro Giuseppe non tralasciò poi mai di
fare quel tanto che era solito fare prima che si sposasse con la Santissima Vergine,
anzi, dopo lo praticò con più perfezione; questo era di assistere con
le sue ferventi preghiere i poveri moribondi e domandare con grande insistenza a
Dio la loro salvezza eterna e la liberazione dagli assalti dei nemici infernali e
la fortezza per vincerli. Pregava anche con grande insistenza per i peccatori, affinché
si convertissero alla penitenza e lasciassero la colpa. Alle suppliche aggiungeva
le vigilie della notte, il digiuno, le elemosine, e non cessava di supplicare con
caldi sospiri e abbondanti lacrime per la salvezza di tante anime che stavano sepolte
nelle tenebre dell’idolatria, desiderando sempre più la venuta del Messia
promesso, affinché con la sua divina luce e sapienza illuminasse tutti quelli
che si trovavano sepolti nelle tenebre e nelle ombre della morte. Il nostro Dio gradiva
molto le suppliche del suo fedele servo, che perciò lo ricompensava tanto
con grazie particolari e sublimi favori e tanto l’andava arricchendo di meriti accrescendo
sempre in lui questi desideri per farlo degno di meritare sempre più e di
essere ricolmo di grazie.