Vita di San Giuseppe – L. I, cap. XVII

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Serva
di Dio

Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)

VITA DI SAN GIUSEPPE

Libro I – Capitolo XVII

Purissimo sposalizio
di S. Giuseppe con la Santissima Fanciulla Maria


Umile supplica
Arrivata la mattina, il nostro Giuseppe si preparò per andare al Tempio, e
genuflesso nella sua povera bottega, adorò il suo Dio dicendogli: «O
Dio di Abramo, d’Isacco, e di Giacobbe, Dio mio e tutto il mio bene, confesso di
essere stato sempre protetto da Te in tutte le mie azioni, assistito e consolato
in tutti i miei travagli, difeso dai miei avversari, e consolato nelle mie angustie;
non ho mai diffidato della tua protezione, avendoti sperimentato in tutto fedelissimo
e misericordioso. Ora ti supplico del tuo favore, aiuto e consiglio nella presente
occasione. Io mi conosco indegnissimo del favore sublime che possa toccarmi la sorte
di avere per sposa e compagna la Santa Fanciulla Maria, e perciò non ho di
ciò pretesa alcuna, ed intanto vi concorro, in quanto così viene ordinato,
essendo piaciuto alla tua bontà, farmi nascere dalla stirpe di Davide, alla
discendenza del quale promettesti di far nascere il Messia; perciò ti supplico
di dare alla Santa Fanciulla uno sposo che sia degno di lei e secondo il tuo cuore,
e a me, di volere accrescere la tua grazia e il tuo amore. Io mi metto tutto nelle
tue mani divine, e si faccia di me tutto quello che a Te piacerà, dichiarandomi
che altro non bramo, che si esegua in me la tua divina volontà». Fatta
questa preghiera, il Santo si sentì tutto acceso di un più ardente
amore verso il suo Dio e di un santo amore verso la Santissima Fanciulla Maria, in
modo che non vedeva l’ora di poter vedere e conoscere colei che per più anni
aveva sperimentato favorevole delle sue preghiere e per mezzo della quale aveva ottenuto
molte grazie; desiderava vedere e conoscere colei che era tanto cara al suo Dio e
tanto ricca di meriti e colma di virtù, e diceva: «Saranno pur fatti
degni i miei occhi di vedere questa Santa Fanciulla, questo prodigio della grazia?
Oh, che fortuna è la mia! Beato a chi toccherà una sorte così
felice di averla per sposa e fedele compagna! Non bramo io già di averla per
mia compagna, essendo troppo vile ed indegno, ma quanto mi stimerei felice, se potessi
avere la sorte di essere suo servo!». Questi erano i pensieri di Giuseppe,
che se ne andò al Tempio a pregare, dove raddoppiò le suppliche a Dio.



Al concorso – Quando furono radunati anche gli altri discendenti di Davide,
con molti altri ancora che desideravano vedere la Santa Fanciulla, per la fama grande
che ne correva per la città, il sacerdote che doveva sposarla a quelli della
stirpe di Davide propose che per intendere la volontà divina e conoscere quale
da Dio fosse stato destinato per sposo di una così degna fanciulla, ognuno
di loro avrebbe dovuto tenere in mano una verga secca, e porgere suppliche a Dio
affinché facesse fiorire la verga di colui che aveva destinato per suo sposo.
Fu accettato di comune accordo, e così fu fatto. La Santissima Vergine Maria,
intanto, nel suo ritiro, stava supplicando Dio del suo aiuto e della sua grazia,
affinché le avesse assegnato uno sposo vergine e che avrebbe dovuto essere
il custode della sua purezza, e già vide in spirito come le sarebbe stato
assegnato il castissimo e santissimo Giuseppe; perciò tutta allegra ne rendeva
grazie al suo Dio.



La verga fiorita – Mentre il Sacerdote intanto pregava con tutti gli altri,
e il nostro Giuseppe stava nel luogo più basso e ritirato, perché si
conosceva indegno, si vide in un subito fiorire la sua verga e ricoprirsi di candidissimi
fiori; il prodigio fu subito ammirato da tutti, perciò tutti i ministri del
Tempio ed il Sacerdote dissero che lui era destinato da Dio come sposo della Santa
Fanciulla. Poi Dio volle dare anche un altro segno manifesto del castissimo sposalizio,
mentre da tutti fu vista una candida colomba scendere dal cielo e posarsi sul capo
di Giuseppe, facendo restare tutti ammirati e certi che Dio lo aveva scelto fra tutti
per sposo della Santissima Fanciulla; perciò tutti si rallegrarono, solo quelli
che restarono delusi si dolevano della loro poco buona sorte. Quale fosse poi il
sentimento dell’umilissimo Giuseppe, ognuno se lo può immaginare.



Gioia di Giuseppe – Il suo cuore si riempì di gioia ed insieme di confusione,
perché si stimava indegnissimo di questo, e in mezzo alla confusione della
sua indegnità esultava e giubilava per la felice sorte in modo che andò
in estasi, dicendo sempre: «E dove a me, mio Dio, un favore così grande?
E quando mai ho meritato una grazia così speciale? Oh, che con ragione l’Angelo
mi disse che Tu mi avresti fatto una grazia molto grande, e che io mi sarei dovuto
preparare a ciò! Ora capisco qual’era la purissima colomba che mi fu data
in mano, affinché io fossi il custode della sua purezza. E lo sarò,
mio Dio, con l’aiuto della tua grazia e col favore della mia cara colomba e sposa,
Maria».



Sposalizio verginale – Intanto si fece venire la Santissima Fanciulla Maria,
affinché il Sacerdote l’avesse sposata con S. Giuseppe, e tutti si trattennero
per vedere. La Santissima Fanciulla comparve con gli occhi fissi a terra, ricoperta
di un mirabile e verginale rossore, e alla sua vista ognuno restò stupito
ed ammirato per la sua rara bellezza e grazia, e per la modestia singolare, invidiando
tutti la felice sorte di Giuseppe. Quando Giuseppe la vide restò estatico
per lo stupore e pianse per il giubilo del suo cuore. Il Santo vide un grande splendore
nel volto verginale della sua purissima sposa, ed intese nel suo cuore la voce del
suo Dio, che gli diceva: « Giuseppe, mio fedele servo, ecco io ti faccio il
dono promesso, e ti dò per sposa la più cara creatura che io abbia
sopra la terra. Consegno a te questo tesoro, perché tu sia il suo custode.
Questa purissima colomba sarà la tua fedelissima compagna, ed ambedue vi conserverete
vergini, essendo appunto la verginità il nodo strettissimo del vostro sposalizio.
L’amore di voi due, ora si unirà in uno, il quale sarà a me consacrato,
essendo io la sua sfera e lo scopo di tutti i vostri affetti e desideri». La
gioia nell’animo di Giuseppe si inondò molto di più, e il suo cuore
si riempì di consolazione e giubilo. Il Santo non ardiva di guardare la sua
purissima sposa, ma pure si sentiva attirare da un vero e cordiale amore, e da una
tenera devozione a rimirare e venerare la bellezza e la maestà del suo volto;
ed ogni volta che alzava gli occhi per vederla, restava estatico, e ben conosceva
con lume superiore, come la sua sposa era colma di grazia e si umiliava, riconoscendosi
indegnissimo di trattare con lei e spesso replicava: «E come, o Signore e Dio
mio, Tu hai fatto a me un così grande favore?». Intanto il Sacerdote
fece la funzione che si praticava in quei tempi, e li sposò insieme, e nell’atto
dello sposalizio i santi sposi videro uscire dai loro cuori una fiamma che si unì
insieme facendosi una sola e volò verso il cielo, confermando Dio, con questo
segno visibile, quello che aveva detto a Giuseppe interiormente, e cioè che
il loro amore si sarebbe unito in uno solo e che Lui sarebbe stato l’oggetto amato,
volando la fiamma alla sua sfera.



Lasciano il Tempio – Terminata la funzione e consegnata la Santa Fanciulla
dal Sacerdote a Giuseppe, e a lui caldamente raccomandata, se ne andarono tutti dal
Tempio, restando qui i due santi sposi a pregare per più ore rapiti in estasi,
dove furono rivelati da Dio altissimi misteri; Giuseppe più che mai restò
informato delle rare virtù della sua purissima sposa, così come anche
la Santissima Sposa conobbe chiaramente le virtù e i meriti del suo santo
sposo, e fecero ambedue gli atti di ringraziamento alla divina beneficenza che tanto
li aveva favoriti e così bene accompagnati ed uniti in perfettissimo e castissimo
amore. Terminata la loro preghiera e ottenuta ambedue la benedizione di Dio, se ne
andarono dal Tempio, conducendo con sé, il nostro fortunato Giuseppe, la sua
purissima sposa come un tesoro incomparabile datogli da Dio. Il Santo rimirava i
passi di lei, e in tutto la riconosceva colma di grazia, di modestia e di prudenza.



Offre a Maria la sua povera dimora – Usciti dal Tempio S. Giuseppe parlò
alla Santissima sposa Maria con grande riverenza ed amore, e brevemente le disse
come lui non aveva una casa capace per dimorarvi, ma solo una piccola stanza dove
egli lavorava, e che perciò se si accontentava che l’avesse condotta qui per
allora, perché poi avrebbero deciso quello che dovevano fare. L’umilissima
sposa gli rispose che la conducesse pure dove lui dimorava, perché qui avrebbero
conferito insieme, e avrebbero fatto quello che Dio avesse voluto, mentre l’avrebbero
pregato di manifestare loro la sua divina volontà. Contentissimo della risposta,
il Santo la condusse al piccolo albergo, essendo già l’ora tarda. Entrati
nella stanza diedero insieme lode a Dio, ringraziandolo di nuovo del beneficio che
aveva fatto loro di unirli insieme. Il Santo piangeva nel vedersi tanto sprovvisto,
non potendo dare alla sua sposa un luogo capace per il quale lei potesse stare ritirata,
ma la sua santa Sposa gli fece animo e lo consolò. Dopo si rifocillarono con
poco pane, acqua e alcuni frutti che il Santo aveva qui e dopo incominciarono a discorrere
della bontà e della grandezza di Dio.



Santi colloqui – Il Santo stava tutto assorto nell’udire le parole della Santissima
Sposa, piangendo per la dolcezza e mentre il suo cuore giubilava per la consolazione.
Le riferì tutto quello che, la notte prima che avesse la sorte di sposarla,
l’Angelo gli aveva detto nel sonno, e benché la sua Sposa sapesse tutto ne
mostrò gran contento. Le manifestò poi come a lui era già noto
il voto di verginità che lei aveva fatto, e che ad imitazione sua l’aveva
fatto anche lui; di questo la Santa Sposa si rallegrò, e incominciarono a
parlare della sublimità di questa così rara virtù. Passarono
infatti tutta la notte in queste conversazioni che parvero, al Santo, brevissimi
momenti, tanta era la consolazione che sentiva nel ragionare con la sua purissima
e Santissima Sposa, e nell’udire le sue parole tutte infiammate d’amore di Dio e
tutte accese di carità perfetta, restando sempre più ammirato della
grazia e della virtù della sua Sposa Santissima. Il Santo Sposo la chiamava
spesso colomba mia; e le disse che non ne prendesse ammirazione di questo, perché
avendogli dato l’Angelo una colomba quando gli parlò nel sonno, che significava
essere lei stessa, così con ragione la poteva chiamare colomba sua, avendola,
sotto tale figura, a lui consegnata. La Santissima Sposa chinava la testa, quando
il suo Santo Sposo le diceva questo, dicendogli che lei stava in tutto soggetta a
lui e che la chiamasse come a lui piaceva. Ogni volta che la Santa Sposa gli parlava,
le sue parole erano come dardi infuocati che andavano a vibrarsi nel cuore del castissimo
Sposo e l’accendevano sempre più di un amore ardente verso Dio, e di un amore
puro e santo verso di lei.



Umile dipendenza di Maria – Arrivata la mattina, avendo passato tutta la notte
in sacri colloqui, la Vergine disse al suo sposo Giuseppe, che lei si ritrovava una
piccola casetta a Nazareth, loro patria, che avrebbe appunto fatto per loro, bastando
alla loro povertà ogni piccolo ricovero; e se a lui avesse fatto piacere di
andare a stare lì, e se fosse stata la volontà dell’Altissimo, lei
era prontissima ad andarvi, per vivere lì con la loro quiete. Il Santo Sposo
Giuseppe gradì molto quanto la sua Sposa gli disse, e rimasero d’accordo di
andare al Tempio a pregare e supplicare Dio, affinché si fosse degnato di
manifestare loro, in questo, la sua divina volontà, così come anche
in tutte le altre loro operazioni; e benché la sua Santissima Sposa sapesse
benissimo quello che Dio voleva, tuttavia teneva celato il segreto, aspettando che
Dio l’avesse manifestato al suo Sposo Giuseppe, perché lei voleva in tutto
e per tutto dipendere dai suoi comandi e dai suoi ordini.



La volontà di Dio – La mattina andarono per tempo al Tempio, e qui
si trattennero molto a pregare, e Dio manifestò a Giuseppe la sua volontà,
che era che andassero ad abitare a Nazareth, loro patria; lo stesso disse di nuovo
alla Santissima Vergine. Quando ebbero terminato la loro orazione se ne tornarono
al piccolo albergo, e qui Giuseppe chiese alla sua Sposa quello che doveva fare per
adempire la volontà divina, e lei lo supplicò di dire lui quel tanto
che aveva udito. Il Santo narrò tutto alla sua Sposa, dicendole inoltre che
lui era anche pronto a fare quello che Dio avesse manifestato a lei, e lei gli confermò
quello che lui le aveva detto e che credeva essere quella la volontà dell’Altissimo,
cioè che si fossero ritirati a Nazareth loro patria; e dando lode a Dio, perché
aveva manifestato loro la Sua volontà, stabilirono di partire subito; perciò
il Santo trovò un vile giumento e lo caricò di tutte le cose che erano
necessarie per il suo lavoro e di quel poco che aveva, e si risolvette di partire
da Gerusalemme, tanto più che era libero da ogni lavoro, e non aveva da fare
qui cosa alcuna.



Partenza da Gerusalemme – Decisi già di partire la mattina seguente,
si portarono prima al Tempio a pregare e dopo parlarono di nuovo al Sacerdote che
li aveva sposati, domandandogli la benedizione. La Santa Sposa si licenziò
anche da quelli con cui aveva dimorato al Tempio, e in particolare da chi aveva avuto
cura di lei, e con la sua benedizione partì. I due Santi Sposi uscirono dal
Tempio, dopo avere qui pregato, adorato e lodato il loro Dio.



Somma gioia di Giuseppe – Benché il Santo Sposo avesse avuto sempre
il desiderio di fare la sua dimora a Gerusalemme, per poter frequentare il Tempio,
tuttavia partì molto contento, bastandogli, diceva lui, di avere la bella
sorte della compagnia della Santissima e purissima sua Sposa, non avendo più
che bramare nel mondo, essendo pienamente contento, e diceva sovente al suo Dio:
«Dio mio, Tu mi hai fatto una grazia così grande nel darmi in custodia
la tua diletta ed amata fanciulla Maria, che io ora non ho più che desiderare,
mentre in lei il mio spirito trova tutto ciò che sa bramare, e le sue parole
mi consolano abbastanza. Ella è un tesoro che da me sarà sempre più
stimato, così come vado sempre più conoscendo il suo merito e le sublimi
virtù di cui l’hai ricolmata». Poi, rivolto alla sua Sposa, le diceva:
«Credi, mia Sposa, che Dio mi ha fatto una grazia così grande nel darti
a me per compagna, che io ora non so più che bramare, solo che l’adempimento
della volontà divina e di impiegarmi tutto al servizio del nostro Dio. E non
sarà poca fortuna la mia, di poterti mantenere con il lavoro che farò
se a Dio e a te così piacerà, che io mi impieghi nell’arte che ho imparato
per sostentarmi. Quando poi Dio voglia che mi impieghi in altro, e a te non sia in
piacere, eccomi pronto a fare tutto». La Santissima Sposa rispondeva a queste
parole con grande umiltà e con grande prudenza, rimettendosi sempre al volere
dell’Altissimo e a quello del suo Sposo Giuseppe, e con queste umili risposte il
suo Sposo Giuseppe si affezionava sempre più, e ammirava sempre più
le sue virtù, in modo tale, che diceva spesso fra di sé: «Se
non sapessi chi fosse la mia sposa, e se non la conoscessi per figlia di Gioacchino
ed Anna, direi certo che fosse scesa dal cielo, parendo a me, che una creatura umana
non sia capace di tanta virtù e tanta grazia». Poi ringraziava il suo
Dio che si era degnato di arricchirla tanto e privilegiarla sopra ogni altra creatura.