Vita di San Giuseppe – L. I, cap. VII

  • Categoria dell'articolo:Ite ad Joseph

Serva
di Dio

Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)

VITA DI SAN GIUSEPPE

Libro I – Capitolo VII

Travagli di S. Giuseppe per opera del demonio
e sua pazienza nelle tribolazioni


Insidie del demonio
e sua pazienza
– Il comune nemico fremeva di rabbia nel vedere le virtù
mirabili che risplendevano nel nostro Giuseppe, e che con il suo esempio eccitava
molti alla pratica delle virtù. Perciò, acceso di furore contro il
santo Giovane, e non sapendo come fare per farlo cadere in atti di sdegno e d’impazienza,
e per distoglierlo dal suo fervore nel servizio e nell’amore al suo Dio, si mise
ad istigare alcuni malevoli mettendo nel loro cuore una grande avversione ed odio
verso il Santo, perché le sue azioni virtuose servivano loro di grande rimprovero
e confusione. Si accordarono perciò insieme che, quando si sarebbero incontrati
con lui, l’avrebbero preso in giro e deriso, dicendogli anche delle parole ingiuriose,
come infatti fecero. Il nostro Giuseppe si incontrò con questi giovani immorali,
che andavano appositamente sulle sue tracce, e incominciarono a prenderlo in giro
e a deriderlo. Essendo solo, il Santo chinò la testa e rivolto col cuore a
Dio incominciò a supplicarlo perché avesse dato a lui la grazia di
soffrire, e agli altri la luce per conoscere i loro errori. Questi, vedendo che Giuseppe
non teneva conto dei loro scherni, si misero a maltrattarlo con le parole, chiamandolo
sciocco, senza spirito, vile e pauroso, e che neppure sape-va parlare. Giuseppe continuava
il suo viaggio con tutta tranquillità e quelli lo seguivano con grande spavalderia,
dicendogli sempre delle parole pungenti ed offensive. Il Santo Giovane trovandosi
nella perplessità se doveva rispondere perché si calmassero, oppure
tacere e soffrire tutto con pazienza, si sentì suggerire interiormente di
soffrire e tacere perché così avrebbe dato molto gusto al suo Dio.
Tanto bastò perché si decidesse di soffrire, anche con allegrezza,
quella persecuzione, senza mai parlare; di questo quei giovani restarono confusi
ed il demonio abbattuto. Non si quietarono perciò i cattivi giovani, ma continuarono
per molto tempo a maltrattarlo, finché alla fine, stanchi di continuare ad
offenderlo, lo lasciarono. Questa persecuzione, però, durò molto tempo,
in modo tale che, quando Giuseppe usciva di casa per qualche affare, che suo padre
gli ordinava, era sempre pronto a soffrire i cattivi incontri. Il Santo di questo
non si dolse mai con nessuno, nemmeno con i suoi genitori, stando sempre con il volto
sereno e gioviale. Suo padre fu però avvisato della persecuzione che il figlio
soffriva, e ricercò se questo fosse vero, volendone fare il dovuto risentimento;
Giuseppe gli rispose con tutta serenità, che lui piuttosto godeva in queste
cose e lo pregava di tacere perché era sicuro che, soffrendo questo con pazienza,
dava gusto al suo Dio, e poi soggiungeva: «Tu sai, padre mio, come hanno
sofferto volentieri le ingiurie i nostri Patriarchi e Profeti; come il Re Davide
soffrì di essere perseguitato ed ingiuriato; e noi sappiamo che questi erano
gli amici e i favoriti del nostro Dio, dunque dobbiamo imitarli poiché Dio
ce ne manda l’occasione
». Suo padre rimaneva molto edificato di questo,
e compiaceva il figlio lasciandogli soffrire i travagli senza farne alcun risentimento.



Prova penosa – Il demonio, vedendo come, non solo non poteva acquistare nessuna
cosa con il Santo Giovane, ma che ne restava sempre confuso e svergognato, tentò
altre vie per turbargli la pace del cuore e per farlo cadere nell’impazienza. Istigò
una donna che, per la sua vita poco buona, vedeva malvolentieri il Santo e andava
spesso dalla madre di Giuseppe a parlare male del figlio, cioè che era biasimato
e deriso da tutti, che non era buono a niente, che con il tempo avrebbe consumato
tutto il suo avere, essendo molto facile nel dare l’elemosina a chiunque gliela domandava,
e che molti poveri, essendosi accorti di questo, lo seguivano quando usciva di casa.
Sebbene la madre del Santo fosse molto saggia e prudente e conoscesse bene di che
tempra fosse il figlio, per il continuo parlare della donna e per divina permissione,
si turbò e molte volte fece delle aspre riprensioni al figlio, che le soffriva
con grande pazienza senza scusarsi, e nonostante sapesse da dove veniva il tutto,
non se ne risentì mai; solo una volta disse alla madre con tutta sottomissione,
che si informasse bene di quello che le veniva riferito, perché avrebbe appurato
che non era vero ma che erano tutte opere del comune nemico per inquietarla e turbare
la loro pace. La madre si prevalse delle parole del figlio, ed avvedutasi della frode
del nemico, cacciò dalla sua casa quella donna, che in vari modi tentava di
introdurvi la guerra.



Tentazioni e vittorie – Il demonio, vedendosi confuso, non desistette dall’impresa,
ma trovò un altro stratagemma per inquietare e turbare il Santo, e, con il
permesso di Dio, incominciò a tentarlo di vanagloria con varie suggestioni
circa la vita che conduceva, del tutto irreprensibile, così agli occhi di
Dio come a quelli degli uomini. Il Santo inorridiva a queste suggestioni e si raccomandava
a Dio umiliandosi molto al suo cospetto, chiamandosi creatura miserabile e peccatore.
Mosse anche alcuni a lodarlo in sua presenza e a magnificare le sue virtù,
ma il nostro Giuseppe ne sentiva una grande confusione, dicendo sempre: «Io
sono una creatura miserabile: lodiamo il nostro Dio, perché Egli è
degno di lode. Egli è perfettissimo in tutte le sue opere divine. Egli solo
è degno di essere lodato ed esaltato». Fu tentato dal nemico in tutti
i modi, solo contro la purezza non gli fu mai permesso di poterlo fare e di questo
il demonio ne fremeva, e non mancava di trovare il modo perché il Santo avesse
almeno inteso dire qualche parola contraria a questa nobile virtù, ma siccome
il Santo aveva una somma innocenza e semplicità non fu mai da lui né
capita, né appresa. Trovandosi il santo Giovane in questi conflitti di tentazioni
e suggestioni, si raccomandava al suo Dio con più ferventi orazioni; e una
volta fu ammonito nel sonno dall’Angelo, perché all’orazione aggiungesse anche
il digiuno, e lo fece con grande vigore digiunando spesso ed affliggendo la carne,
che non trovò mai ribelle allo spirito e con questo fracassava la testa al
nemico infernale, restando sempre, lui vittorioso, ed il nemico scornato; ma nonostante
per breve tempo desistesse di travagliarlo, non lasciò però, di tanto
in tanto, di molestarlo con i suoi inganni.



Biasimi e sua mansuetudine – La vita ritirata e solitaria che il Santo conduceva
era poi molto biasimata da alcuni, e molte volte andavano a casa sua alcuni giovani
come lui per condurlo a divertirsi, ma il nostro Giuseppe si scusava sempre con belle
maniere dicendo che il suo divertimento era studiare e leggere la Sacra Scrittura
e la vita dei Patriarchi e dei Profeti per poterli poi imitare nelle loro virtù,
poiché essi erano stati graditi al suo Dio e da Lui molto amati e favoriti,
ed esortava anche loro a fare così. Non mancò chi prendesse in considerazione
le sue parole e procurasse di imitarlo, perché Giuseppe glielo suggeriva con
tanto modo e grazia che le sue parole penetravano i loro cuori e dopo che aveva dato
questi salutari consigli e queste buone esortazioni, si ritirava a supplicare e pregare
Dio affinché essi non avessero mancato di fare quel tanto che lui aveva loro
suggerito, e lo pregava di dare loro all’istante i suoi aiuti particolari e la grazia
per poterlo fare. Dio non mancava di esaudire le sue preghiere, e quando il Santo
Giovane sentiva dire che coloro per i quali pregava mettevano in pratica i suoi consigli,
si rallegrava molto e ne rendeva affettuose grazie al suo Dio. Non mancò però
chi lo biasimasse e prendesse i suoi consigli in malo modo; si doleva di questo,
incolpando se stesso, pensando che questo avveniva perché lui era un peccatore
e che non meritava che altri si prevalessero delle sue esortazioni. In tal caso si
ritirava a piangere e pregava il suo Dio di usare la sua misericordia verso chi si
faceva beffe dei suoi consigli e che non guardasse i suoi demeriti, ma il merito
grande che Egli aveva di essere lodato e servito fedelmente. Lo pregava di illuminarli
e far loro conoscere le verità da Lui manifestate: Dio si compiaceva molto
di questo e non lasciava che le sue suppliche andassero a vuoto, mentre il più
delle volte costoro si ravvedevano e tornavano dal nostro Giuseppe per ascoltare
di nuovo le sue esortazioni che poi eseguivano fedelmente, e Giuseppe ne rendeva
affettuose grazie al suo Dio.