Vita della Beata Imelda Lambertini, cap. VII

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P. TIMOTEO
CENTI O. P.

LA BEATA IMELDA LAMBERTINI

VERGINE DOMENICANA

CON STUDIO CRITICO E DOCUMENTI INEDITI





VII

CULTO FIORENTE DELLA B. IMELDA

Quando Papa Urbano VIII,
di felice memoria, pensò di mettere un po’ di ordine nelle manifestazioni
di culto tributate ai Servi di Dio, ritenuti comunemente Santi o Beati, ci fu chi
si interessò subito del caso imeldino.

Un anonimo scrisse delle brevi Notizie che dimostrano che la B. Imelda gode il titolo
di Beata e conclude: “La S. M. di Urbano Papa esprimendo non d’intendere di
derogare a’ quei Santi o Beati che dalli Vescovi erano stati per l’addietro riconosciuti
per tali nelle loro diocesi, la suddetta Beata gode pacificamente questo titolo,
e si suppone di poter giustificatamente chiedere ampliatione di culto, o con l’officio,
o con la messa sola, o con la sola memoria e con l’esposizione delle reliquie”
(1).

Tentativi in questo senso ne furono fatti molti, all’inizio e durante il secolo decimo
ottavo. Dotti domenicani e bolognesi si misero animosamente all’opera per ricercare
le antiche memorie.

Il P. Vincenzo Gotti O. P., in una lettera del 21 Ottobre 1713, scriveva al Maestro
Generale P. Tommaso Ripoll: “Trovo in questo Archivio (di S. Domenico di Bologna)
circa la B. Imelda, essersi altra volta promossa, o almeno tentato di promuovere
costì (Roma) la di lei causa ad istanza del Sig. Senatore Lambertini et altri
di detta Casa, et essersi risposto di costì: mittantur probationes.
Non ho trovato l’anno in cui ciò si trattasse, mi figuro però dal carattere
sia stato dopo Urbano 8°” (2).

Le difficoltà non mancarono, e sono le medesime che, più o meno, si
incontrano anche oggi; ma le raccolte o copie di documenti fatte in tale circostanza
hanno il grande merito di averci rassicurati sulla reale esistenza di molte memorie
imeldine oggi purtroppo scomparse, ma allora controllabili.

Dopo la prima traslazione del 1582, il Sepolcro vuoto della Beata, con l’iscrizione
e le pitture, fu tenuto in poca considerazione. Si cominciò col metterci una
lapide commemorativa, quasi che il mausoleo non bastasse, e si finì col demolirlo
per praticarvi una porta (3).

L’antichissimo Martirologio delle Suore, dove era notata la morte di Suor Imelda,
andò smarrito ed è sinora irreperibile, nonostante le più accurate
-ricerche (4).

Il ritratto che era in Chiesa a Valdipietra sussisteva ancora nel 1826, quando fu
esaminato da due periti, ma poi non c’è stato verso di ritrovarlo. Lo stesso
si dica dell’antichissima tavoletta con la antifona scritta su pergamena (5). Tutto
insomma sembra aver congiurato per far della piccola Beata la croce degli storici,
specialmente di quelli che vogliono il documento originale a qualunque costo e per
i quali ogni copia puzza di falso.

In compenso vi furono storici bolognesi di primo piano che non trascurarono il miracolo
cucaristico di Valdipietra, come lo Spargiati, (6) il Ranieri (7), il Ghirardacci
(8), ed altri ancora i quali raccolsero intelligentemente quanto era stato tramandato
di più certo intorno al medesimo.

Le speranze dei devoti della Beata rinverdirono sotto il pontificato di Papa Lambertini,
Benedetto XIV; ma il Pontefice, pur avendo ricordata la sua illustre antenata nella
sua classica opera De Servorum Dei beatificatione et Beatorum canonizatione,
morì senza aver la gioia di poterla elevare agli onori degli altari, benchè
sotto il suo pontificato molto si sia lavorato a tale, scopo (9).

La causa fu ripresa con miglior successo un secolo più tardi, quando le testimonianze
storiche, già raccolte e vagliate dall’Oratoriano Giovambattista Melloni,
avevano facilitata l’opera del Postulatore.

Ma la Sacra Congregazione, non contenta delle testimonianze di seconda mano, obbligò
gli Attori ad ulteriori ricerche, che però non ottennero gli effetti sperati
per la manomissione di tutti i nostri archivi: uno dei frutti non meno amari di quella
guerra di liberazione che i francesi vennero a portare alle “larve d’Italia”

Riesaminati i documenti e ponderata ogni cosa, il Papa Leone XII confermò
la sentenza della S. Congregazione dei Riti, approvando il culto già tributato
alla B. Imelda Lambertini, il 20 Dicembre 1826 e stabilendone la festa il 16 Settembre
(10).

Da quel giorno la devozione del popolo cristiano verso la Beata ha compiuto passi
da gigante, alimentata dal crescente risveglio eucaristico e dalle provvide norme
per l’ammissione dei fanciulli alla S. Mensa, emanate dal S. Pontefice Pio X. Questi
– come si rileva dalla lettera in data 26 Novembre 1908 inviata dall’allora Arcivescovo
di Bologna Giacomo Della Chiesa al Decano di S. Sigismondo – “accennando al
modo prodigioso onde la fortunata alunna del chiostro domenicano fece la prima Comunione,
si compiacque di riconoscere che la B. Imelda merita di essere invocata protettrice
dei fanciulli che per la prima volta si accostano alla Eucaristica Mensa” (11).

Sotto il nome della B. Imelda fu istituita a S. Sigismondo di Bologna, nel 1896,
la Confraternita della Buona Iª Comunione; nel Monastero Domenicano di Prouilles,
sorse, alla fine del secolo scorso, una Confraternita analoga, che fu arricchita
di molte indulgenze dai Sommi Pontefici Leone XIII e S. Pio X e che poi, trasferita
a Roma, fu affidata all’Ordine Domenicano.

In Irlanda si contano a migliaia i bambini e le bambine iscritte alla medesima, che
seguono le direttive dei Padri Domenicani e leggono il periodico scritto per loro,
intitolato “L’Imeldista” (The Imeldist).

In Ispagna, nelle Americhe, come in molte altre parti del mondo, il culto della Beata
è fiorentissimo e si usa vestire i bambini coll’abito della Santina.

In Italia, i Piccoli Rosarianti e le Beniamine dell’Azione Cattolica hanno per Patrona
la nostra Beata. Manifestazioni indimenticabili di devozione si ebbero nei Congressi
Nazionali Eucaristici di Bergamo e di Bologna.

Naturalmente si è diffuso in tutti il desiderio che la piccola Beata sia elevata
solennemente ai fastigi della glorificazione e si possa chiamare Santa.

Ripresa la Causa di Canonizzazione l’11 Gennaio 1921, si ottenne poi, per singolare
indulto di Pio XI, riconfermato dal regnante Pontefice Pio XII, la dispensa dalla
discussione delle virtù, data la scarsità di notizie che presenta una
bambina di dodici anni circa, purchè si discutessero secondo la rituale prassi
della S. Congregazione tre miracoli ottenuti per intercessione della Beata (12).

Stando le cose a questo punto, il Rev.mo P. Martino S. Gillet, Maestro Generale dei
Domenicani, approfittando della fausta ricorrenza sei volte centenaria della morte
di Imelda (1933), indisse solenni feste in tutto l’Ordine, secondo le speciali facoltà
concesse dalla S. Congregazione, esortando alla preghiera per ottenere la Canonizzazione
della Beata, attraverso i miracoli richiesti. Sempre per tale scopo il Rev.mo Padre
Gìllet, poi Arcivescovo di Nicea (Ü il 4 Settembre 1951), l’anno seguente
inviò una nuova circolare all’Ordine per una Crociata di preghiere (13).

Non mancarono guarigioni eccezionali degne di attenzione, e quindi si giunse alla
discussione dei miracoli con la Congregazione detta Antepreparatoria il 10 Giugno
1941, alla quale fece seguito la Congregazione Preparatoria che ebbe luogo il 19
Maggio 1942.

In seguito a questa Congregazione ed alla relativa udienza del S. Padre, avuta da
S. Eminenza il Card. Prefetto il 22 Maggio dello stesso anno, il Relatore Generale
si incaricò di nominare un Consultore Storico per uno studio particolare intorno
alle fonti riguardanti la B. Imelda Lambertini (14), obbligando gli Attori ad un
estremo sforzo di ricerche, le quali fortunatamente non sono state del tutto infruttuose,
nonostante lo scompiglio dell’Archivio di Stato di Bologna, causato dalla guerra.

* *
*

Ci piace finire, come gli
antichi biografi, riportando alcuni miracoli. Sul primo si è discusso alla
S. Congregazione ed è avvenuto a Malaga (Spagna) il 14 Agosto 1927.

Una giovane Suora giaceva da cinque mesi nel letto, colpita da meningite, che le
causava soventi convulsioni e spasimi indescrivibili. Era diventata quasi sorda;
spesso le riusciva impossibile articolare la lingua; perdeva la vista e divenne infine
paralitica da una gamba.

All’inizio dell’Agosto 1927, quando ormai la malattia ebbe raggiunto il massimo grado
di intensità e non c’era più speranza, la Priora del Monastero, avendo
ricevuto in dono una reliquia della B. Imelda, pensò di farLe una Novena insieme
alla Comunità.

La notte dei 14 Agosto, tre giorni dopo l’inizio della Novena, la paziente ebbe l’impressione
che una piccola mano le sfiorasse la fronte, procurandole un grande insolito benessere.
Fece di tutto per afferrare la manina, ma quella subito si allontanava. Poi la Suora
cadde in un sonno profondo.

La mattina venne la Priora e l’ammalata, pensando che fosse stata lei a carezzarle
la fronte, la ringraziava per la delicata attenzione. Ma tanto la Priora che le Suore
le dissero che nessuno l’aveva toccata, e si radunarono in cappella per continuare
la novena.

Rimasta sola, l’ammalata cominciò a ragionare fra sè: – Eppure mi pare
di star meglio, anzi di essere guarita; il capo va bene, proviamo a muovere la gamba.
Si alzò, si avvolse in un lenzuolo in cerca dell’abito, che da mesi non conosceva,
e si diresse in cappella a ringraziare il Signore e la Beata Imelda.

La miracolata volle la riprova del prodigio e se ne stette tutto il giorno seguente
occupata in lavanderia, senza risentirne alcun disturbo.

* *
*

E mentre si discute tuttora
a Roma intorno alla Causa della Beata, Ella non cessa di esaudire le preghiere dei
suoi devoti e talvolta come nel caso che siamo per narrare, interviene in modo eccezionale.

La piccola Lisetta Mereu di Cagliari, una bimba di appena sette anni, ai primi dei
Settembre 1950 si ammalò gravemente.

I medici credettero dapprima trattarsi di febbre tifoide, ma ben presto, in seguito
all’indagine clinica e radiologica, fu diagnosticata una infiltrazione polmonare
di evidente natura specifica.

Nel periodo susseguente di massima acuzie del male, lo stato generale e locale –
sono parole dei medico curante – erano agli estremi di decadimento per i precedenti
due mesi di degenza al letto con febbre alta. La piccola inferma era sul punto di
essere sopraffatta dal male, nonostante le adatte cure di streptomicina ecc., che
non le furono risparmiate. Solo un miracolo poteva salvarla, e i medici lo dissero
ripetutamente ai familiari sconsolati. La Beata Imelda però vegliava sulla
Piccola, che non aveva ancora fatta la sua prima comunione, benchè lo desiderasse.

Si pensò di non lasciarla morire senza darle questa consolazione. Il parroco
le dette l’olio santo, le amministrò la Cresima in extremis, ed il P. Marco
Monti O. P. le portò il S. Viatico.

Al momento della commovente cerimonia, Lisetta, che non poteva soffrire la luce,
tanto da tenere sempre un panno sugli occhi, fece cenno che le si togliesse la benda.
Al P. Marco venne l’ispirazione di invocare la Beata Imelda. Fece inginocchiare tutti
e pregare per questo scopo.

La piccola sofferente trascorse la notte tranquilla e parve che tutti i dolori si
fossero placati, tanto che la zia di Lisetta ebbe la sensazione che il miracolo stesse
per compiersi. Ma la fede nella Beata doveva ancora essere messa alla prova.

Il P. Antonino Piras O. P. dette alla zia della piccola un quadro che fu appeso di
fronte al capezzale di Lisetta e molte immagini della Beata, mentre esortava ardentemente
tutti i piccoli Rosarianti a strappare il miracolo. Da notare che uno zio della piccola,
da tanti anni lontano dalla Chiesa, fece solenne promessa che, se Lisetta fosse guarita,
si sarebbe di nuovo accostato ai Sacramenti, mentre la zia prometteva di acquistare
una statua della Beata e di propagarne il culto.

Verso la metà di Ottobre, la bimba era agli estremi; molte persone a Cagliari
attestano di averla vista in stato di vera agonia. Quando il P. Piras andò
a visitare l’ammalata, la mamma gli disse sconsolata, accennando Lisetta: “La
vede, Padre, poverina… neanche la Beata Imelda ci ha potuto far niente!”.
Il P. Piras esortò ancora alla confidenza e fece intensificare le preghiere.

La domenica 22 Ottobre – il giorno dopo che a Bologna si era fatta la Ricognizione
canonica delle Ossa della B. Imelda – mentre si attendeva che Lisetta spirasse da
un momento all’altro, all’ora del pranzo ella fece capire che voleva mangiare e non
volle il latte, ma nientemeno che una melagrana.

Fu contentata, poichè ormai non c’era più speranza di salvarla, e Lisetta,
da sola mangiò tanti chicchi di melagrana che avrebbero dovuto causarle un
definitivo tracollo; invece la grazia era ottenuta.

Chiamato d’urgenza, lo specialista, che l’aveva abbandonata da due giorni, dichiarò
di riscontrare nella bambina un grande miglioramento ed esortò a riprendere
le cure da tempo interrotte.

Lisetta da quel giorno migliorò rapidamente e fu in breve perfettamente libera
dalla terribile malattia, benchè non potesse subito lasciare il letto a causa
di una piaga alla gamba.

* *
*

Non solo questi ma molti
altri prodigi ha operati il Signore per intercessione della Beata, e non v’è
dubbio che altri ancora ne seguiranno appena sarà suonata anche per Lei l’ora
della glorificazione (15).

Si potrebbe rimanere sorpresi al pensiero che questo momento, tanto auspicato, debba
giungere così tardi. Sono i segreti della Provvidenza.

Quale spiegazione plausibile ad esempio daremo al fatto che il Signore abbia permesso
di tener lontani per tanti secoli i bambini innocenti dalla Mensa Eucaristica e che
gli adulti non vi si accostassero con la frequenza di oggi? Forse il Signore ha voluto
contrapporre al dilagare dei veicoli di morte il gran mezzo per mantenere e ridonare
più rigogliosa la vita: l”Ut Vitam habeant et abundantius habeant!“.
(Giov. X, 10).

La felice ripresa di fervore eucaristico ha spinto naturalmente i fedeli ad una maggiore
comprensione di quelle anime privilegiate, che possono considerarsi come gli Angeli
dell’Eucaristia, gli ideali viventi di una devozione viva e profonda verso il più
augusto dei Sacramenti.

Dovunque vi sarà un’anima affamata di quel Pane ed assetata di quel Vino,
sentirà anche tutta la divina bellezza del miracolo d’amore di cui fu oggetto
la B. Imelda Lambertini.

Che importa se il prodigio è avvenuto nel 1333? Gesù Cristo è
sempre il medesimo, ieri, oggi e nei secoli. (Ebr. XIII, 8).

NOTE

(1) Le NOTIZIE sono nel
Miscellaneo che ha per titolo Posizione della B. Imelda Lambertini, proveniente
dalla Biblioteca di Benedetto XIV. (Bologna, Bibl. Universitaria, Ma. 1071 37/81-6).
Il titolo, le note marginali e le osservazioni, sparse nel Miscellaneo, tradiscono
lo scopo del medesimo, che fu quello di ottenere l’approvazione del culto della Beata.

(2) Ibidem, fasc. 15.

(3) Nelle MEMORIE del Servita P. Sacco, si legge che, nel 1717, il Chiostro, allora
ritenuto rozzo, fu completamente rifatto. In quella occasione si praticò una
porta dove «quando noi venissimo ad abitarvi quivi in S. Giuseppe vi era il
Corpo della B. Imelda L. e suo Altare, quale poi si consegnò alle Monache
,della Maddalena». Bologna, Arch. di Stato, 81/1594, ff. 31, 34.

(4) Vedi Appendice, I, 1.

(5) Vedi Appendice, pagg. I, 4-5.

(6) Il P. Vincenzo Spargiati O. P. (Ü 1584), come osserva il Melloni (II, 100), proseguì
gli Annali di Fr. Girolamo Borselli, e vi aggiunse varie postille, specialmente concernenti
le memorie d’alcuni bolognesi morti in concetto di santità. Vedi BORSELLI,
Cronica di Bologna, Ed. Sorbelli, in Rerum Italicarum Scriptores, XXXIII
2, pag. 40, 122.

(7) Valerio Ranieri (Ü 1613) ricorda la B. Imelda nel Diario delle cose più
notabili di Bologna cominciando dall’anno 305 insino a tutto il 1586. (Bologna, B.
Univ., ms. 2136. 12-13). Ne parla ancora nella sua Raccolta degli Uomini illustri
(lbidem, ma. 2154, 63-64).

(8) P. Cherubino Ghirardacci, Agostiniano (Ü 1598), fa menzione del miracolo cucaristico
nella Seconda Parte della sua celebre Storia di Bologna (Vedi Rer. Ital. Script.
XXXIII, 1, LX-LXI), data alla luce nel 1675 da A. Solimani, Bologna, a p. 107.

(9) « Concludimus praesens caput exemplis pretiosae mortis B. Julianae de Falconeriis…
et Servae Dei sive Beatae Imeldae ex mea Lambertinorum familia». Intorno alla
morte della sua illustre antenata così si esprime: «Ex Castora de Gallutiiis
et Egano Lambertinio nata est Imelda, cuius nomen a Cardinali Gabriele Paleoto in
Catalogo Beatorum etc. ..

Imelda vixdum annum undecimum egerat, cumque ad Sacratiss. Eucharistiae Mensam accedere
vereretur, in pias et lacrymosas preces effusa, divina prorsus ope recreari meruit.
Hostia coelitus demissa, post cuius samptionem feliciter expiravit anno Domini 1333.
Scriptores et Annalistae Patriae unanimiter rem exponunt, quae latius etiam refertur
a continuatoribus Bollandianis ad diem 12 Maii». P. DE LAMBERTINIS, De Servorum
Dei Beatif
etc.; Bononiae 1737, l. III; cap. 38, n. 25; pag. 570, 571.

(10) Bologna, Arch. Arcivescovile 55/68.

(11) Pubblicata in La B. Imelda Lambertini, Vergine dell’Ordine di S. Domenico,
(trad. dal francese), Venezia 1921, 73-74.

(12) ANALECTA S. O. P., 1921, 66-67; 154-156.

(13) Ibidem 1933, Litterae de commemoratione sexies centenaria B. Imeldae Lambertini
V. O. N.
; vedi anche ANALECTA S.O.P., 1933, 23; 350-354.

(14) Ricordiamo che nel 1939 la S. Congregazione dei Riti,, in data 9 Marzo, concedeva
a tutto l’ordine Domenicano la Messa propria della Beata, già approvata per
le Domenicane di Sèvres; ANALECTA S. O. P., 1939, 75-76.

(15) ANALECTA S. O. P., 1927, 483-484.








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