Settenario di meditazioni in onore di S. Giuseppe (II giorno)

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Settenario
di meditazioni in onore di S. Giuseppe
per i sette giorni precedenti alla sua festa

di san Alfonso M. de’ Liguori

SECONDO
GIORNO. Meditazione
DEL VIAGGIO IN EGITTO

Angelus
Domini apparuit in somnis Ioseph dicens: Surge, et accipe Puerum et Matrem eius,
et fuge in Aegyptum (Matt. 2. 13.)

Avendo i santi Magi informato Erode che già era nato il Re dé giudei,
il barbaro principe ordinò che fossero uccisi tutti i bambini che allora si
ritrovavano d’intorno a Bettelemme. Onde volendo Dio liberare il suo Figlio per allora
dalla morte, mandò per un Angelo ad avvisare Giuseppe che avesse preso il
fanciullo e la madre, e fossero fuggiti in Egitto.

Considera qui la pronta ubbidienza di Giuseppe, il quale, ancorché l’Angelo
non gli avesse prescritto il tempo della partenza, egli senza far dubbi, né
in quanto al tempo né in quanto al modo d’un tal viaggio, né in quanto
al luogo da fermarsi in Egitto, subito si accinge a partire. Onde subito ne avvisa
Maria, e nella stessa notte, come giustamente vuole il Gersone, raccogliendo quei
poveri strumenti del suo mestiere che potea portare, e che doveano poi servirgli
in Egitto per alimentare la sua povera famiglia, s’avvia insieme colla sua sposa
Maria, soli senza guida all’Egitto per un viaggio così lungo di quattro cento
miglia (come portano) per monti, per vie aspre, e deserti. Or qual dovette esser
la pena di S. Giuseppe in questo viaggio in vedere così patire la sua cara
sposa, non avvezza a camminare, con quel caro bambino in braccio, che fuggendo lo
portavano a vicenda or Maria, or Giuseppe, col timore d’incontrare ad ogni passo
i soldati di Erode, nel tempo più rigido del verno, con pioggie, con venti
e con nevi. Di che dovean cibarsi in questo viaggio, se non di un tozzo di pane portato
dalla casa, o accattato per limosina! Dove la notte dovean dormire, se non in qualche
tugurio vile, o alla campagna a cielo aperto, di sotto a qualche albero?

Stava sì bene Giuseppe tutto uniformato alla volontà dell’Eterno Padre,
il quale volea che sin da bambino il suo Figlio cominciasse a patire, per soddisfare
i peccati degli uomini; ma non potea il tenero ed amante cuore di Giuseppe non sentir
la pena in vederlo tremare e in udirlo piangere per lo freddo e per gli altri incomodi
che provava.

Considera finalmente quanto dovette soffrire Giuseppe nella dimora per sette anni
in Egitto, in mezzo a gente idolatra, barbara e sconosciuta; poiché ivi non
avea né parenti, né amici che potessero sovvenirlo; onde dicea San
Bernardo che il santo patriarca per poter alimentar la povera sua sposa e quel divino
fanciullo (che provvede di cibo tutti gli uomini e le bestie della terra) era costretto
a faticare di notte e di giorno.

Preghiere

Santo
mio protettore, per quella pronta ubbidienza che voi sempre portaste al volere di
Dio, ottenetemi dal vostro Gesù la grazia di ubbidire perfettamente á
divini precetti. Ottenetemi nel viaggio che fa l’anima mia all’eternità, in
mezzo a tanti nemici, di non perder mai la compagnia di Gesù e di Maria, sino
all’ultimo punto di mia morte. Così accompagnato, tutti i travagli di questa
vita e la stessa morte mi saranno dolci e cari.

O Maria, Madre di Dio, per quei patimenti che voi tenera donzella soffriste nel viaggio
di Egitto, impetratemi forza di sopportare con pazienza e rassegnazione tutti gl’incomodi
e le cose contrarie che mi avvengono.

E voi, mio caro Gesù, abbiate pietà di me. Oh Dio, voi innocente, che
siete il mio Signore e Dio, avete voluto sin da bambino tanto patire per me, ed io
peccatore poi, che tante volte m’ho meritato l’inferno, come sono stato tanto svogliato
ed impaziente nel soffrire qualche cosa per voi? Signor mio, perdonatemi. Io per
l’avvenire voglio sopportare quanto volete, e da ora mi offerisco a patire tutte
le croci che voi m’invierete. Aiutatemi però colla vostra grazia, altrimenti
io non vi sarò fedele. V’amo, Gesù mio, mio tesoro, mio tutto, e voglio
sempre amarvi; e per darvi gusto, voglio patire quanto piace a voi.

 

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