La tentazione dello scoraggiamento


La tentazione dello scoraggiamento

di P. Innocenzo Casati O.P.















Dobbiamo confessare che,
un po’ perchè non ci si pensa, un po’ perchè non la si vive integralmente,
ci siamo abituati a, considerare la vita cristiana come la cosa più facile
e più semplice di questo mondo. Ci sembra una cosa naturale. E il motivo più
grave è che l’abbiamo svuotata della sua sostanza soprannaturale. La vita
cristiana è essenzialmente soprannaturale, supera cioè tutte le possibilità
della natura umana abbandonata alle fragili sue forze.

Pertanto nessuna meraviglia se all’uomo riesca difficile, quasi impossibile, viverla
fedelmente e integralmente.

Eppure il Signore ha detto questo a tutti coloro che vogliono essere suoi discepoli:
«Chi vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce, e mi
segua». «Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro che sta
nei cieli».

Le anime generose, quelle che prendono sul serio le parole del Divino Maestro, conoscono
bene tutta la difficoltà di attuarle, e come ciò sia impossibile senza
il sostegno valido della divina grazia. Per essere cristiani veri e al completo ci
vuole molto coraggio. Il quale coraggio viene dalla cristiana virtù della
fortezza, che dà lo slancio all’anima di estendersi a cose grandi.

C’è impresa più grande di quella che intraprende l’anima che vuole
giungere all’unione d’amore trasformante in Dio su questa terra? Le occorre a ciò
una fortezza, una magnanimità, un coraggio tutto divino per combattere a fondo
e sbaragliare i tre grandi nemici del suo bene, Satana, il mondo e l’io, spesso alleati
insieme contro di lei.

Fra le molte tentazioni che deve prepararsi a superare c’è anche quella dello
scoraggiamento. Il quale è come il rilassamento di tutte le virtù,
allo stesso modo che il coraggio spirituale e soprannaturale ne è il sostegno.
Esso può variare nella durata e nell’intensità a seconda degli individui,
del grado di perfezione cui è giunta l’anima, e della natura degli ostacoli
che incontrerà sul suo cammino. Il suo effetto però è sempre
identico: distogliere il cristiano dalla perfezione cui deve tendere.

Il primo grado di scoraggiamento, il più grossolano, per così d’ire,
è quello della maggior parte dei cristiani i quali di cristiano han solo il
nome ricevuto col battesimo. Tutti costoro non pensano nemmeno che hanno il dovere
di essere coerenti con le loro convinzioni religiose, e di mantenersi perciò
stesso in grazia di Dio. Tanto meno poi ammettono che sia possibile tendere alla
perfezione e alla santità. Queste sono cose da preti e frati e suore, non
da gente che vive in questo mondo! Come se Gesù Cristo non fosse venuto al
mondo per salvare tutti gli uomini di questo mondo. E come se l’invito di essere
perfetti come il Padre nostro celeste non fosse rivolto a tutti gli uomini di questo
mondo senza distinzione di stato, classe o condizione sociale.

Lo stare in grazia di Dio è il grado minimo di perfezione, cui tutti sono
tenuti, pena la dannazione eterna. E il non sforzarsi a questo per timore di non
riuscirci è il primo grado della tentazione di scoraggiamento. Per lottare
contro questa tentazione ci vuole un minimo di magnanimità, che faccia desiderare
la propria salute eterna, e quel grado di coraggio conseguente per combattere contro
gli ostacoli che la impediscono.

Purtroppo il mondo è pieno di pusillanimi in questa materia. E i pusillanimi
s’allontanano da ogni grande impresa perchè hanno sempre paura d’intraprendere
cose superiori alle proprie forze ed impossibili ad effettuarsi.

San Tommaso dice che il pusillanime rifugge da cose grandi delle quali sarebbe degno
perchè il suo animo è piccino, e ignorando la propria condizione teme
di fallire in cose che gli sembrano superiori alla sua capacità. Eppure la
dignità dell’anima umana è tale che Dio solo è capace di soddisfarla,
e se per la sua naturale debolezza non potrà mai raggiungere un simile ideale,
non le verrà mai meno l’aiuto di quel Dio che s’è fatto Uomo per innalzarla
fino a se. Basterebbe un po’ di fede e un po’ di buona volontà per superare
questo primo scoraggiamento, il quale nasce da soggettiva viltà di animo piuttosto
che da oggettive difficoltà esterne.

C’è poi lo scoraggiamento dei principianti, di quelli cioè che sono
decisi d’incominciare una nuova vita, che non offenda più il Signore e sia
immune dal peccato. Un cristiano che sia alle prime armi della vita spirituale, e
che, pur desiderando di tendere alla perfezione, ancora si dibatte tra le sconfitte
della carne, dell’ira, dell’orgoglio, quante volte è preso dallo scoraggiamento?
I suoi propositi spesso, rinnovati, le insistenti sue preghiere, la fuga delle occasioni
un tempo amate, la mortificazione di cui fa largo uso, ancora non gli hanno dato
il dominio delle sue passioni. È mai possibile continuare così? Non
sarebbe il caso di cedere le armi, dacché mi sento impari alla lotta?

Non ti dare vinto, amico mio, perchè Dio è prossimo a liberarti. Tu
stai sperimentando la verità del detto evangelico: «Chi commette il
peccato diventa schiavo del peccato». Non ti sei convinto ormai che da te non
puoi niente? Gesù ce lo dice chiaramente: senza di me non potete fare nulla.

Volgiti con cuore umile e confidente a Lui. Senti come t’invita: «Venite a
me, voi tutti che siete stanchi e affaticati, e io vi ristorerò». Intensífica
la tua preghiera. Non è forse Lui che ci dice:

«Chiedete e riceverete, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto?».
Abbi fede, e aspetta il Signore. Se dovesse tardare, abbi pazienza, aspettalo che
viene. Non resterai deluso. Ti consolerà.

Questa tentazione di scoraggiamento può essere preziosa per chi agisce con
maggior coraggio. Egli si giudica indegno della pace, del riposo e delle consolazioni
che ricevono gli altri servi di Dio. Mèmore dei suoi peccati, sa che merita
di soffrire, si rallegra nelle sue pene, benedice Dio in ogni circostanza. Per chi
ama se stesso invece questa tentazione, utile in sé, diventa pericolosa per
mancanza di fede e di buone disposizioni.

C’è finalmente la tentazione dello scoraggiamento, propria di quelli che già
sono radicati nella virtù. Le difficoltà e le pene che s’incontrano
sul cammino della perfezione sono tante e tali da mettere a dura prova le anime più
coraggiose. Santa Teresa d’Avila, in uno slancio di santo ardire, disse al Signore
che i suoi amici sono troppo provati per poter essere numerosi. Di qui la tentazione
di abbandonare la via della santità per timore dei gran travagli che vi s’incontrano.
Chi specialmente non avesse resistito con energia alle prime tentazioni di scoraggiamento,
deve aspettarsi nuovi e più violenti attacchi.

I motivi e le forme di questo scoraggiamento possono, essere molteplici. Sono le
varie purificazioni cui Dio sottopone l’anima per meglio disporla a ricevere nuove
grazie e più alti favori. Talvolta si tratterà di noia e di disgusto.
L’anima è come presa da profonda tristezza che l’abbatte in modo tale da non
avere più il coraggio di mettersi all’opera. Altre volte si sente aggravata
da una specie di torpore e di sonnolenza che le impediscono di fare il bene. Qualche
volta s’uniscono disgusto, paura e pusillanimità insieme, per impedire all’anima
il suo avanzamento. Che voglia allora di piantar tutto, e di desistere dal cammino
intrapreso!

Finalmente lo scoraggiamento può essere tale da turbare e sconvolgere lo spirito
al punto da esporlo facilmente a battere la via contraria alla virtù. Né
va taciuto lo scoraggiamento che prende un’anima desiderosa di fare il bene quando
si vede condannata all’ozio e all’inazione da una salute cagionevole o malferma.
Per quanto diverse possano essere le cause, l’effetto è sempre lo stesso:
stornare l’anima dalla via del bene, che consiste nel fare la volontà di Dio
sempre, in qualunque stato o condizione uno si trovi.

Non è certo la cattiva salute che c’impedisce di unirci a Dio, dal momento
che questo si compie per mezzo della carità, la quale è anzitutto Virtù
interiore e soprannaturale. Le buone opere esterne potranno meritarla o manifestarla,
non potranno mai costituirla. Solo nella comunione intima con Dio essa si acquista,
si consolida, si esercita.

Le anime che tendono seriamente alla perfezione non devono paventare nessun ostacola.
Se è vero che da noi stessi non possiamo nulla, non è men vero che
per grazia di Dio, possiamo tutto. Chi cedesse al timore degli ostacoli darebbe prova
di animo poco nobile e generoso. Chi segue Gesù dev’esser pronto ad affrontare
ogni tempesta. Abbia fede, la sua vita non corre nessun pericolo. Nella barchetta
del suo spirito vive Colui che regge e governa il mondo.

Santa Caterina da Siena raccomanda di non abbandonare la via della perfezione e darsi
per ignoranza alla tristezza e allo scoraggiamento. «Ciò sarebbe un
esporsi a grande pericolo, e un trovare la morte là dove è posta la
vita» (Dial, c. 114).

Dio, permettendo queste tentazioni di scoraggiamento, ci purifica sempre più
e ci fa progredire nella virtù della pazienza, vera pietra di paragone delle
anime perfette.

«Tutte le virtù, dice Santa Caterina da Siena, possono ingannare per
qualche tempo e far credere di essere perfette, quando sono imperfette, ma non possono
nascondersi davanti a te, o pazienza, perchè tu sei lo specchio dell’anima,
tu sei l’essenza della carità, e dimostri se le virtù sono vive e perfette.
Appena tu sei assente, si vede che tutte le Virtù sono imperfette, e che non
sono nutrite alla mensa della santa Croce» (Dial. c. 95). E altrove dice che
«il midollo dell’albero, cioè della carità nell’anima, è
la pazienza che prova che io (Dio) sono nell’anima e che l’anima è in me».
(Ib. c. 10).

Quanto dannoso sia il cedere alla tentazione dello scoraggiamento appare da questo
rimprovero che Dio fa ai pusillanimi per bocca di Santa Caterina da Siena: «Disavventurato!
dovresti abbracciare la croce, e tu la fuggi… Devi star fermo e stabile, seguitando
la dottrina della mia Verità; conficcando il cuore e la mente tua in Lui,
e tu ti volgi come foglia al vento, e per ogni cosa vai a vela. Se tu sei nella prosperità
ti muovi con disordinata allegrezza; se ti trovi nell’avversità ti muovi per
impazienza; e così trai fuori il midollo della superbia, cioè l’impazienza;
perocchè come la carità ha per suo midollo la pazienza, così
l’impazienza è il midollo della superbia» (Ib. c. 128).

Dal che risulta che è indispensabile lottare con energia contro la tentazione
dello, scoraggiamento, altrimenti non riceveremo, mai le grazie infinitamente preziose
che Dio ci serba nelle altezze della contemplazione.

Fra tutte le disposizioni interne raccomandate per resistere alla tentazione della
scoraggiamento, ce n’è una che riesce infallibilmente: la perfetta conformità
alla volontà di Dio.

Per giungere a questa perfetta conformità, bisogna credere fermamente all’azione
benefica della Divina Provvidenza. Ascoltiamo ancora la Santa di Siena che ci dà
insegnamenti preziosi in merito.

«Ora ti dico dei perfetti, ch’io li proveggo per conservarli, e per provare
la loro perfezione, e per farli crescere continuamente. Perchè non vi è
nessuno in questa vita, sia perfetto quanto si vuole, che non possa crescere a maggior
perfezione… La tribolazione è un segno dimostrativo, che fa vedere la perfetta
carità dell’anima, e l’imperfezione là dov’ella è. Nelle ingiurie
e travagli ch’io permetto ai servi miei si prova la pazienza… La loro virtù,
si nutre di tutto ciò ch’io permetto come di tutto ciò che loro concedo…
Quanto più abbandonano se stessi, tanto più trovano me. E dove mi cercano?
Nella mia Verità, andando con perfezione per la dolce dottrina sua. Hanno
letto in questo dolce e glorioso libro, e, leggendo, hanno trovato che, volendo compire
l’obbedienza mia, e mostrare quanto egli amava il mio onore, e l’umana generazione,
corse con pene e obbrobrio alla mensa della santissima Croce, dove con sua pena mangiò
il cibo dell’umana generazione… Io provo i miei servi colla tribolazione durante
questa vita, affinché portino frutti più abbondanti e più deliziosi
davanti a me, ed io godo dei profumi della loro pazienza e della loro virtù.
Oh quanto sono soavi e dolci questi frutti! E di quanta utilità all’anima.
che soffre senza colpa! Se ella ciò vedesse, non vi sarebbe alcuna tribolazione
che con grande sollecitudine e allegrezza non cercasse di portare. Per dar loro questo
grande tesoro, la mia Provvidenza paterna affligge l’anima con tante tribolazioni,
che alla loro pazienza impediscono d’irrugginirsi e di restare oziosa» (Dial.
c. 145).

P. INNOCENZO
M. CASATI, O. P.

Convento delle Grazie,
Milano.





Testo tratto da: Vita Cristiana,
XVI (1947 – IV), pp. 389-397.