Dell’amore al proprio disprezzo (CONCLUSIONE)

«DELL’AMORE
AL PROPRIO DISPREZZO»

DEL SERVO DI DIO

P. GIUSEPPE IGNAZIO FRANCHI d’O.












CONCLUSIONE


Quanto
proposto fin qui nella presente operetta chiaramente dimostra che lo Spirito di Gesù
impegna il cristiano ad umiliarsi di continuo, a sentir bassamente di sé,
a disprezzarsi, a posporsi a tutti, a collocarsi nell’ultimo luogo e ad amare di
essere disprezzato e vilipeso dagli altri; al contrario lo eccita ad usar coi suoi
prossimi ogni atto di stima, di rispetto, d’onore, d’ossequio, d’affezione, di compatimento
delle di lui miserie : il tutto secondo le circostanze e, per quanto è possibile,
preferendo sempre o in un modo, o in un altro, chicchessia a sé medesimo,
e praticando esattamente l’avviso dei grande Apostolo: gareggiate nello stimarvi
a vicenda
(Rom 12,10): ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri
gli altri superiori a se stesso
(Fil 2,3); di maniera che la disistima,
lo strapazzo e l’avvilimento restino tutta per sé; e per il prossimo rimanga
la stima, la riverenza, l’amore, la dolcezza, la compassione e tutto il buon cuore.
Tutti i santi, dopo Gesù, sono stati animati da questo spirito, e in mille
e mille guise lo hanno dimostrato coi fatti. L’operare al rovescio è spirito
diabolico e dell’anticristo. Questo produce anche insensibilmente nell’ uomo una
grandiosa stima, e un alto concetto di se stesso, e conseguentemente una compiacenza,
tenerezza ed affetto, e un insaziabile desiderio del suo onore ed esaltazione sopra
degli altri : e per il prossimo, la disistima, la non curanza e il disprezzo, onde
nel tempo stesso chi è imbevuto da questo spirito , addiviene stimatore ed
amante di se medesimo, e un rigidissimo censore, dileggiatore e disamorato dei suoi
prossimi, con un trasporto continuo di abbassarli e deprimerli finché restino
molto sotto di sé. Ed è da notare, che a misura che l’uomo si allontana
da Dio, e a se medesimo si affeziona e si attacca, più partecipa di questo
spirito veramente diabolico. Infelici pertanto coloro, nei quali agisce e domina
sì malvagio spirito! Essi portano senza

accorgersene un carattere di maledizione e della loro eterna condanna, se con ogni
sforzo non attendono ad emendarsi, come per le viscere di Gesù sono pregati
ed esortati a fare senza indugio. Ed infelici quelle famiglie e comunità,
ove regna questo pessimo spirito! Queste si rassomigliano all’inferno, da cui è
bandito ogni ordine e qualunque ombra di concordia e di pace, abitandovi soltanto
la confusione e l’orrore.

D’altra parte, felici oltre ogni credere sono quelle case, quelle famiglie, quelle
comunità, in cui prevale lo spirito di amare il proprio disprezzo; ove ciascuno
fa a gara ad ambire l’ultimo posto, e a prendere il più abbietto e il più
vile per sé, e cedere agli altri il più onorevole e il migliore; insomma,
ove ognuno vuol trarre sopra di sé tutte l’odiosità e i vilipendi,
e riservare al prossimo tutto il rispetto, la riverenza, ed ogni più amorevole
trattamento! Quanto è grande la perfezione e la santità di questo genere
di persone! Qui si trova la più bella unità che possa godersi in terra,
in cui tutti aspirano al centro medesimo del niente, e non altro cercano che Dio
solo solo: qui regna la carità, la tranquillità e la vera pace, e per
conseguenza qui regna Dio, essendo scritto: Dio è amore; chi sta nell’amore
dimora in Dio e Dio dimora in lui
(1 Gv 4,16). Per il fatto che tali avventurose
adunanze divengono come un paradiso in terra, che trasportate tra breve in cielo,
formeranno anch’esse quella beatissima regione di pace, dove Dio sarà tutto
in tutti in eterno. Felici, torno a dire, sì fatte comunità e famiglie,
e felici coloro che le compongono!

Che se ciò molte volte non riesce in molte comunità e famiglie, deh!
Per amor di Dio non si abbatta, né di soverchio si affligga quella persona
particolare che, illuminata da Dio, anela all’ottimo e, bramosa della propria santificazione
vuole amare il disprezzo: questa piuttosto si rallegri e consoli, perché,
ricusando i suoi confratelli e compagni l’abiezione e il vilipendio, a lei potrà
toccar maggior porzione di questo bene nascosto: dia pure agli altri, come poc’anzi
s’è detto, l’onore, gli ossequi, i buoni uffici, e soddisfazioni loro gradite;
lasci pur loro quel che nel mondo più si stima ed apprezza; e per sé
abbracci quel che viene rigettato comunemente; e facendosi come un nulla, dia luogo
all’esaltazione degli altri, come Dio disporrà. Ed oh! Quanto fortunata sarà
la sua sorte, se si adatta a far ciò di buon animo! Si avvererà in
lui il detto dello Spirito Santo: tutto concorre al bene di coloro che amano Dio
(Rm 8,28), e vedrà ridondare il suo impercettibile spirituale vantaggio:
la sconsiderazione e la debolezza di molti, e gli altrui disordini lo faranno più
ricco e più santo: porterà in fronte e nel cuore il sigillo e la marca
di Gesù, che ad altri cedette gli onori, e per sé tolse i disprezzi,
ad altri i contenti e per sé la croce. Conseguentemente riporterà il
più bel pegno della sua eterna predestinazione, e potrà sperare con
più viva fiducia che in paradiso gli sia riservato un premio ed un trono dei
più sublimi e magnifici. Lettor mio caro, chi non farà dunque ogni
sforzo per acquistar sì gran bene? Avverti però che qui ha luogo il
detto di quell’antico Savio: ars longa, vita brevis; l’arte di procurarsi
l’amore al disprezzo, almeno per ordinario, è lunga, e il nostro tempo è
breve. Subito però, affidati nel divino aiuto, si mettano vigorosamente le
mani all’opera, per non desistere mai fino alla morte, che è quanto dire fino
al conseguimento di quella massima ed interminabile gloria, che sola, come già
contemplo il reale profeta, può rendere pienamente satolle le anime: mi sazierò
della tua presenza (Sal 17 (16),15). FIAT, FIAT.



OMNIA
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