Della necessità della meditazione

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.

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TRATTATO V. DELL'ORAZIONE

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CAPO VIII. Della necessità della meditazione

 

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1. E principio d'ogni buon sentimento.

2. La sua mancanza principio d'ogni male.

3. Credi all'inferno e vivi male?

 

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1. Ugo di S. Vittore dice che l'orazione non può esser perfetta se non la precede o non l'accompagna la meditazione (HUGO DE S. VICT. De modo oranti, c. 1). Ed è dottrina di sant'Agostino, il quale dice che l'orazione senza la meditazione è tiepida (S. AUG. Scala Parad. c. 11). E lo provano molto bene; perché se l'uomo non si esercita in conoscere e considerare la miseria e debolezza sua propria, se ne resterà ingannato e non saprà chiedere nell'orazione quello che gli conviene, né lo chiederà col dovuto calore. Molti, per non conoscere se stessi e per non considerare i loro difetti, stanno molto ingannati e presumono di sé quel che non presumerebbero se si conoscessero; onde attendono nell'orazione ad altre cose differenti da quelle delle quali hanno bisogno. Se dunque vuoi saper orare e chiedere a Dio quello che ti conviene, esercitati in considerare i tuoi difetti e le tue miserie; e in questa maniera saprai quello che hai da chiedere; e considerando e conoscendo la tua gran necessità, lo chiederai con calore e come lo devi chiedere; nella guisa che fa il povero bisognoso, il quale conosce bene la necessità e povertà sua.

S. Bernardo, trattando di questo punto e avvertendoci che non dobbiamo salire alla perfezione volando, ma camminando, dappoichè, come egli dice: «nessuno d'un tratto diventa sommo: col salire e non già col volare si raggiunge la cima della scala», soggiunge che il camminare e salire alla perfezione si ha da fare con questi due piedi, meditazione e orazione; «perché la meditazione ci mostra quel che ci manca, e l'orazione l'impetra. La meditazione ci mostra la strada; e l'orazione ci conduce ad essa. Colla meditazione infine conosciamo i pericoli che ci sovrastano; e coll'orazione li evitiamo e ci liberiamo da essi» (S. BERN. Serm. 1 de S. Andrea, n. 10). Quindi S. Agostino viene a dire che la meditazione è principio di ogni bene (S. AUG. in lib. Sent.): perché chi considera quanto Dio è buono in se stesso, e quanto buono e misericordioso è stato verso di noi, quanto ci ha amati, quanto ha fatto e patito per noi; subito s'accende nell'amore di tanto buon Signore: e chi considera bene le sue colpe e miserie, viene ad umiliarsi e a dispregiarsi: e chi considera quanto male ha servito Dio e quanto grandemente l'ha offeso, si reputa degno di qualsivoglia travaglio e castigo. E in questa maniera colla meditazione viene l'anima ad arricchirsi di tutte le virtù.

Per questo ci è raccomandata tanto nella Sacra Scrittura la meditazione. Beato l'uomo che medita giorno e notte nella legge del Signore, dice il profeta Davide. «Questo tale sarà come l'albero piantato lungo la corrente dell'acque, il quale a suo tempo darà il suo frutto» (Ps. 1, 3). E «beati coloro che osservano le istruzioni del Signore: con tutto il cuore cercano Lui» (Ps. 118, 2). Questi che meditano quanto Iddio ci ha detto nella Scrittura, questi sono quelli che lo cercano di tutto cuore, e il meditar che ciò fanno, questo è quello che li stimola a cercarlo in tal modo. E così questo a Dio chiedeva il Profeta per osservare la sua legge: «Dammi intelletto, ed io attentamente studierò la tua legge e la osserverò con tutto il mio cuore» (Ps. 118, 34). E per contrario dice: «Se la mia meditazione non fosse stata la tua legge, allora forse nella mia afflizione sarei perito» (Ps. 118, 92), cioè nelle mie angustie e nei miei travagli, come dichiara S. Girolamo (S. HIER. Brev. in Ps. 118). E così una delle maggiori lodi della meditazione e considerazione che mettono i Santi, o assolutamente la maggiore, è che ella è una grande aiutatrice di tutte le virtù e di tutte le opere buone. «Sorella della lettura, nutrice dell'orazione, direttrice dell'azione e del pari perfezionatrice di ogni cosa» (GERSON, De medit. p. 3), la dice il Gersone.

2. Acciocché da un contrario si finisca di conoscere meglio l'altro, una delle principali radici di tutti i mali che sono nel mondo è il mancamento di considerazione, secondo quel detto del profeta Geremia: «Una orribile desolazione ha invaso la terra, ed è che non v'è alcuno che rifletta di cuore» (Ierem. 12, 11). La cagione dello stare tanto desolata la terra nelle cose spirituali e dell'esser nel mondo tanti peccati è, perché appena si trova chi entri dentro di sé e si metta a pensare e a rivolgere nel suo cuore i misteri di Dio. Perché chi ardirebbe mai di commettere un peccato mortale, se considerasse che Dio morì per il peccato, e che è tanto gran male il peccato, che bisognò che Dio si facesse uomo per potere a rigor di giustizia soddisfare per esso? Chi avrebbe mai ardire di peccare, se considerasse che per un solo peccato mortale Dio castiga per tutta un'eternità nell'inferno? Se si mettesse uno a pensare e a ponderare quel: «Via da me, maledetti, al fuoco eterno» (Matth. 25, 41), quella eternità, quel sempre, quel mai; e che fino che ci sarà Dio egli arderà nell'inferno; come potrebbe mai per un momentaneo diletto eleggersi eterni tormenti?

3. Diceva S. Tommaso d'Aquino che egli non poteva comprendere, come fosse possibile che colui che sta in peccato mortale rida e stia contento; ed aveva in ciò gran ragione (Hist. Ord. S. Domin. p. 1, l. 3). Perché un tale sa pure per cosa certa che, sé morisse, se n'andrebbe all'inferno in perpetuo, e che non ha sicuro né anche un momento di vita. Stava quell'altro in banchetti e in grandi musiche e ricreazioni, e perché teneva sopra il capo una spada ignuda pendente da un filo, stava tremando col pensare che ad ogni istante, rompendosi quel filo, poteva questa cadergli in testa; e niuna cosa gli dava gusto (CICER. Tuscul. 5, 21). Or che sarà di quello che viene minacciato, non solo dalla morte temporale, ma ancor dalla eterna, la quale dipende da un sottilissimo filo, quale è quello della vita, potendo cadere ivi morto subitamente e andando a letto sano, trovarsi la mattina nell'inferno? Diceva un servo di Dio a questo proposito, che gli pareva che nella repubblica cristiana sarebbero bastate due carceri, una della sacra inquisizione e un'altra dei pazzi: perché, o crede uno che vi sia inferno eternamente per chi muore in peccato, o non lo crede. Se non lo crede, sia menato alla carcere dell'inquisizione come eretico: se lo crede, e con tutto ciò se ne vuol stare in peccato mortale, sia condotto alla carcere dei pazzi; poiché maggiore pazzia di questa sua non si può trovare.

Non v'è dubbio che se uno considerasse attentamente queste cose, gli sarebbe tal considerazione un gran freno per non peccare. Perciò il demonio procura con tanta diligenza d'impedirci questa meditazione e considerazione. La prima cosa che fecero i Filistei, avuto ch'ebbero Sansone in poter loro, fu cavargli tutti e due gli occhi: così fa il demonio. Questa; è la prima cosa che procura col peccatore: giacché non gli può togliere la fede, procura che creda come se non credesse. Procura che non consideri quel che crede, né ci pensi più che se non lo credesse; gli chiude gli occhi, che per lui è lo stesso, perché, come non giova niente l'aprir gli occhi se stai al buio, poiché non vedrai niente, così, dice S. Agostino, non gioverà punto lo stare al chiaro, se tieni gli occhi chiusi, perché neanche così vedrai niente (S. AUG. Enarr. in Ps. 25, n. 14). Per questo dunque è di tanta importanza la meditazione e l'orazione mentale, la quale fa aprir gli occhi.