Chi prega si salva, chi non prega si danna (2ª parte)


«DEL
GRAN MEZZO DELLA PREGHIERA»


di
S. Alfonso M. De’ Liguori











S.Alfonso









CAPO
II



DEL VALORE DELLA PREGHIERA



I. – DELL’ECCELLENZA
DELLA PREGHIERA E DEL SUO POTERE PRESSO DIO



Sono sì care a Dio
le nostre preghiere, che Egli ha destinati gli Angeli a presentargli subito quelle
che da noi gli vengono fatte: Gli Angeli, dice S. Ilario, soprintendono
alle orazioni dei fedeli, e ogni giorno le offrono a Dio
(Cap. 18, in Matth.).
Questo appunto è quel sacro fumo d’incenso, cioè le orazioni dei Santi,
che S. Giovanni vide ascendere al Signore, offertogli per mano degli Angeli (Ap c.
8). Ed altrove (Ibid. c. 5), scrive il medesimo santo Apostolo, che le preghiere
dei Santi sono come certi vasetti d’oro pieni di odori soavi, e molto graditi a Dio.

Ma per meglio intendere quanto valgano presso Dio le orazioni, basta leggere nelle
divine scritture le innumerabili promesse che fa Dio a chi prega, così nell’antico
come nel nuovo Testamento: Alza a me le tue grida, ed io ti esaudirò (Ger
33,3). Invocami, ed io ti libererò (Sal 49,15). Chiedete; ed otterrete:
cercate, e troverete: picchiate, e vi sarà aperto (
Mt 7,7). Concederà
il bene a coloro che glielo domandano (
Mt 7,11). Imperciocché chi chiede
riceve, e chi cerca trova (
Lc 11,10). Qualsiasi cosa domanderanno, sarà
loro concessa dal Padre mio (
Mt 18,19). Qualunque cosa domandiate nell’orazione,
abbiate fede di conseguirla, e la otterrete (
Mr 11,24). Se alcuna cosa domanderete
nel nome mio, io la darò (
Gv 14,14). Qualunque cosa vorrete, la chiederete,
e vi sarà conceduta (
Gv 15,7). In verità, in verità vi
dico, che qualunque cosa domandiate al Padre nel nome mio, ve la concederà
(Gv 16,23). E vi sono mille altri testi consimili, che per brevità si
tralasciano.

Iddio ci vuol salvi, ma per nostro maggior bene ci vuol salvi da vincitori. Stando
adunque in questa vita, abbiamo da vivere in una continua guerra, e per salvarci
abbiamo da combattere e vincere. Nessuno, dice S. Giovanni Crisostomo, potrà
essere coronato senza vittoria
(Serm. I De Martyr.). Noi siamo molto deboli,
ed i nemici sono molti, ed assai potenti: come potremmo loro far fronte, e superarli?
Animiamoci, e dica ciascuno, come diceva l’Apostolo: Tutte le cose mi sono possibili,
in Colui che è mio conforto (
Fil 4,13). Tutto potremo con l’orazione,
per mezzo della quale il Signore ci darà quella forza che noi non abbiamo.
Scrisse Teodoreto, che l’orazione è onnipotente; ella è una, ma può
ottenere tutte le cose. E S. Bonaventura asserì che per la preghiera si ottiene
l’acquisto di ogni bene, e lo scampo da ogni male (In Luc. 2). Diceva
san Lorenzo Giustiniani, che noi per mezzo della preghiera ci fabbrichiamo una torre
fortissima dove saremo difesi e sicuri da tutte le insidie e violenze dei nemici
(De cast. connub. c. XXII). Sono forti le potenze dell’inferno, ma la preghiera
è più forte di tutti i demoni, dice san Bernardo (Serm. 49, De modo
bene viv. 5
). Sì, perché con l’orazione l’anima acquista l’aiuto
divino, che supera ogni potenza creata. Così si animava Davide nei suoi timori:
Io, diceva, chiamerò il mio Signore in aiuto, e sarò liberato
da tutti i nemici (
Sal 17,4). Insomma, dice S. Giovanni Crisostomo, l’orazione
è un’arma valevole a vincere ogni assalto dei demoni, è una difesa,
che ci conserva in qualunque pericolo; è un porto, che ci salva da ogni tempesta;
ed è un tesoro insieme, che ci provvede d’ogni bene (In Ps. 145).




II.
– DELLA FORZA DELLA PREGHIERA CONTRO LE TENTAZIONI.


Dio, conoscendo il gran
bene che apporta a noi la necessità di pregare, a questo fine, (come si dice
nel capo I) permette, che siamo assaliti dai nemici, affinché gli domandiamo
l’aiuto che egli ci offre, e ci promette. Ma quanto si compiace allorché noi
ricorriamo a Lui nei pericoli, altrettanto gli dispiace vederci trascurati nel pregare.
Come il re, dice S. Bonaventura, stimerebbe infedele quel capitano, che trovandosi
assediato nella piazza, non gli chiede soccorso; così Dio si stima come tradito
da colui, che vedendosi insidiato dalle tentazioni, non ricorre a Lui per aiuto:
mentre Egli desidera, e sta aspettando, che gli si domandi, per soccorrere abbondantemente.
Ben lo dichiarò Isaia, allorché da parte di Dio disse al re Achaz,
che gli avesse domandato qualche segno affine di accertarsi del soccorso, che il
Signore voleva dargli: Domanda a tua posta un segno al Signore tuo Dio (Is
7). L’empio re rispose: Io non voglio cercarlo, perché non voglio tentare
Dio
(Ibid. 12). E ciò disse perché confidava nelle sue forze di
vincere i nemici senza l’aiuto divino. Ma il profeta indi lo rimproverò con
dire: Udite dunque, casa di Davide: È egli adunque poco per voi il far
torto agli uomini, che fate torto anche al mio Dio? (Ibid. 13).
Significandoci
con ciò, che si rende molesto ed ingiurioso a Dio, chi lascia di domandargli
le grazie che il Signore gli offre.

Poveri figli miei, dice il Salvatore, che vi trovate combattuti dai nemici, e oppressi
dal peso dei vostri peccati, non vi perdete d’animo, ricorrete a me con l’orazione,
ed io vi darò la forza di resistere, e darò riparo a tutte le vostre
disgrazie (Mt 11,28). In altro luogo dice per bocca d’Isaia: Uomini,
ricorrete a me, e benché abbiate le coscienze assai macchiate, non lasciate
di venire: e vi do licenza anche di riprendermi, per così dire, se mai dopo
che sarete a me ricorsi, io non farò con la mia grazia, che diventiate candidi
come la neve
(Is 1,18).

Che cos’è la preghiera? La preghiera, dice il Crisostomo,
è un’ancora sicura a chi sta in pericolo di naufragare; è un tesoro
immenso di ricchezze a chi è povero; è una medicina efficacissima a
chi è infermo; ed è una custodia certa a chi vuol conservarsi in santità

(Hom. De Consubst. cont. Anon.). Che fa la preghiera? La preghiera,
dice S. Lorenzo Giustiniani, placa lo sdegno di Dio, che perdona a chi con umiltà
lo prega; ottiene la grazia di tutto ciò che si domanda; supera tutte le forze
dei nemici: insomma muta gli uomini da ciechi in illuminati, da deboli in forti,
da peccatori in santi (De Perfect., c. 12). Chi ha bisogno di luce,
la domandi a Dio, e gli sarà data: subito ch’io sono ricorso a Dio, disse
Salomone, egli mi ha concesso la sapienza (Sap 7,7). Chi ha bisogno di fortezza,
la chieda a Dio, e gli sarà donata: subito ch’io ho aperta bocca a pregare,
disse Davide, ho ricevuto da Dio l’aiuto (Sal 118,131). E come mai i santi
Martiri acquistarono tanta fortezza da resistere ai tiranni, se non con l’orazione,
che ottenne loro il vigore da superare i tormenti, e la morte?

Chi si serve insomma di questa grande arma dell’orazione, dice san Pier Crisologo,
non cade in peccato; perde affetto alla terra, entra a dimorare nel Cielo, e comincia
sin da questa vita a godere la conversazione di Dio (Serm. 45). Che serve
dunque angustiarsi col dire: Chi sa se io sono scritto o no nel libro della vita?
Chi sa se Dio mi darà la grazia efficace e la perseveranza? Non vi affannate
per niente,
dice l’Apostolo, ma in ogni cosa siano manifestate a Dio le vostre
richieste per mezzo dell’orazione e delle suppliche unite al rendimento di grazie
(Fil 4,6). Che serve, dice l’Apostolo, confondervi in queste angustie
e timori? Via, discacciate da voi tutte queste sollecitudini, che ad altro non valgono
che a scemarvi la confidenza, e a rendervi più tiepidi e pigri a camminare
per la via della salute. Pregate, e cercate sempre, e fate sentire le vostre preghiere
a Dio, e ringraziatelo sempre delle promesse che v’ha fatte, di concedervi i doni
che bramate, sempre che glieli cerchiate: la grazia efficace, la perseveranza, la
salute e tutto quello che desiderate.

Il Signore ci ha posti nella battaglia a combattere con nemici potenti, ma Egli è
fedele nelle sue promesse, né sopporta che noi siamo combattuti più
di quel che valiamo a resistere (1 Cr 10,13). È fedele perché
subito soccorre chi l’invoca. Scrive il dotto eminentissimo cardinale Gotti, che
il Signore non è già tenuto per altro a darci sempre una grazia che
sia uguale alla tentazione, ma è obbligato, quando siamo tentati, e a Lui
ricorriamo, di somministrarci per mezzo della grazia che a tutti tiene apparecchiata,
ed offre la forza bastante con cui possiamo attualmente resistere alla tentazione
(De div. grat. q. 2 d. 5, par. 3). Tutto possiamo col divino aiuto, che si
dona a ciascuno che umilmente lo chiede, onde non abbiamo scusa, allorché
noi ci lasciamo vincere dalla tentazione. Restiamo vinti solo per nostra colpa, perché
non preghiamo. Con l’orazione, scrive S. Agostino, ben si superano tutte le insidie
e forze dei nemici (De sal. doc. c, 28).




III. – DIO È SEMPRE PRONTO AD ESAUDIRCI.


Dice S. Bernardino da Siena,
che la preghiera è un’ambasciatrice fedele, ben nota al Re del Cielo, e solita
d’entrare fin dentro al suo cuore, e di piegare con la sua importunità l’animo
pietoso del Re a concedere ogni soccorso a noi miserabili, che gemiamo fra tanti
combattimenti e miserie in questa valle di lacrime (I. 4 in Dom. 5 p. Pasc.). Ci
assicura ben anche Isaia, che quando il Signore sente le nostre preghiere, subito
si muove a compassione di noi e non ci lascia molto piangere, ma nello stesso punto
ci risponde e concede quanto domandiamo (Is 30,19). Ed in altro luogo parla il Signore
per bocca di Geremia, e di noi lagnandosi, dice: Perché voi dite che non volete
più ricorrere a me, forse la mia misericordia è terra sterile per voi,
che non sappia darvi alcun frutto di grazie? o terra tardiva che renda il frutto
molto tardi? (Ger 2,31). Con ciò il nostro amoroso Signore volle darci ad
intendere ch’egli non lascia mai d’esaudire, e subito, le nostre preghiere; e con
ciò vuol anche rimproverare coloro che lasciano di pregarlo per diffidenza
di non essere esauditi.

Se Dio ci ammettesse ad esporgli le nostre suppliche una volta al mese, sarebbe pur
un gran favore. I re della terra danno udienza poche volte all’anno, ma Dio dà
sempre udienza. Scrive il Crisostomo, che sta continuamente apparecchiato a sentire
le nostre orazioni né si dà mai caso, che egli essendo pregato come
si deve, non esaudisca chi lo prega (Hom. 52 in Matth.). E altrove dice, che quando
noi preghiamo Dio, prima che terminiamo di esporgli le nostre suppliche, egli già
n’esaudisce. Anzi di ciò ne abbiamo la promessa da Dio medesimo. Prima
che abbiano finito di dire, li avrò uditi
(Is 65,24). Il Signore, dice
Davide, sta dappresso a tutti coloro che lo invocano con cuor verace. Egli farà
la volontà di coloro che lo temono, ed esaudirà la loro preghiera,
e li salverà
(Sal 144,18). Ciò era quello di cui si gloriava
Mosé dicendo: Non v’ha certo altra nazione, per grande che ella sia, la
quale abbia tanto vicini a sé i suoi dei, come il Dio nostro è presente
a tutte le nostre preghiere
(Dt 4,7). Gli dei dei Gentili erano sordi a chi li
invocava, perché erano misere creature che niente potevano; ma il nostro Dio,
che può tutto non è già sordo alle nostre preghiere, ma sta
sempre vicino a chi lo prega, e pronto a concedere tutte le grazie che gli si domandano.
Signore (diceva il Salmista), ho conosciuto che Voi siete il mio Dio tutto bontà
e misericordia, perché ogni volta che a Voi ricorro, subito mi soccorrete
(Sal 55,10).




IV. – DOMANDIAMO A DIO COSE GRANDI


È meglio pregare
che meditare


Noi siamo poveri di tutto,
ma se domandiamo non siamo più poveri. Se noi siamo poveri, Dio è ricco,
e Dio è tutto liberale, dice l’Apostolo, con chi lo chiama in aiuto
(Rm 12). Giacché dunque, ci esorta S. Agostino, abbiamo a che fare
con un Signore d’infinita potenza, e d’infinita ricchezza; non gli cerchiamo cose
piccole e vili, ma domandiamogli qualche cosa di grande (In Ps. 62). Se uno
cercasse al re una vile moneta, un quattrino, mi pare che costui farebbe al re un
disonore. All’incontro noi onoriamo Dio, onoriamo la sua misericordia e la sua liberalità,
allorché vedendoci miseri come siamo, ed indegni di ogni beneficio, gli cerchiamo
nondimeno grazie grandi, affidati alla bontà di Dio, ed alla sua fedeltà
per la promessa fatta di concedere a chi lo prega qualunque grazia che gli domanda:
qualunque cosa vorrete, la chiederete e vi sarà concessa (Gv 15,7).
Diceva S. Maria Maddalena de’ Pazzi, che il Signore si sente così onorato,
e tanto si consola quando gli cerchiamo le grazie, che in certo modo egli ci ringrazia,
poiché così allora par che noi gli apriamo la via a beneficarci ed
a contentare il suo genio, ch’è di fare bene a tutti. E persuadiamoci, che
quando noi cerchiamo le grazie a Dio, egli ci dà sempre più dì
quello che domandiamo: Che se alcuno di voi è bisognoso di sapienza, la
chieda a Dio, che dà a tutti abbondantemente e non lo rimprovera
(Gc
1,5
). Così dice S. Giacomo, per dimostrarci che Dio non è come
gli uomini, avaro dei suoi beni. Gli uomini ancorché ricchi, ancorché
pii e liberali, quando dispensano elemosine, sono sempre stretti di mano, e per lo
più donano meno di ciò che loro si domanda, perché la loro ricchezza,
per quanto sia grande, è sempre ricchezza finita, onde quanto più danno,
tanto più loro viene a mancare. Ma Dio dona i suoi beni, quando è pregato,
abbondantemente, cioè, con la mano larga, dando sempre più di
quello che gli si cerca, perché la sua ricchezza è infinita; quanto
più dà, più gli resta da dare. Perché soave sei tu,
o Signore, e benigno e di molta misericordia per quei che t’invocano
(Sal
85,4
). Voi, mio Dio, diceva Davide, siete troppo liberale e cortese con
chi v’invoca. Le misericordie che voi gli usate sono tanto abbondanti, che superano
le sue domande.

In questo adunque, dice il Crisostomo, ha da consistere tutta la nostra attenzione,
in pregare con confidenza, sicuri che pregando si apriranno a nostro favore tutti
i tesori del Cielo. L’orazione è un tesoro: chi più prega, più
ne riceve. Dice S. Bonaventura, che ogni volta che l’uomo ricorre devotamente a Dio
con la preghiera, guadagna beni che valgono più che tutto il mondo (De
perf. vitae, c. S
). Alcune anime devote impiegano gran tempo nel leggere e in
meditare, ma poco attendono a pregare. Non v’ha dubbio, che la lettura spirituale,
e la meditazione delle verità eterne siano cose molto utili, ma assai più
utile, dice S. Agostino, è il pregare. Nel leggere e meditare noi intendiamo
i nostri obblighi, ma con l’orazione otteniamo la grazia di adempirli (In Ps.
75
). Che serve conoscere ciò che siamo obbligati a fare, e poi non farlo,
se non renderci più rei innanzi a Dio? Leggiamo e meditiamo quanto vogliamo,
non soddisferemo mai le nostre obbligazioni, se non chiediamo a Dio l’aiuto per adempirle.

E perciò, riflette S. Isidoro, che in nessun altro tempo il demonio più
s’affatica a distoglierci col pensiero delle cure temporali, che quando si accorge,
che noi stiamo pregando, e cercando le grazie a Dio (Lib. 3, Sent. e. 7).
E perché? perché vede il nemico che in nessun altro tempo noi guadagniamo
più tesori di beni celesti che quando preghiamo. Il frutto più grande
dell’orazione mentale è questo: il domandare a Dio le grazie che ci abbisognano
per la perseveranza, e per la salute eterna. Per questo principalmente l’orazione
mentale è moralmente necessaria all’anima per conservarsi in grazia di Dio,
se la persona non si raccoglie in tempo della meditazione a domandare gli aiuti che
gli sono necessari per la perseveranza, non lo farà in altro tempo. Infatti
senza meditare, non penserà al bisogno che ha di chiederli. All’incontro chi
ogni giorno fa la sua meditazione ben vedrà i bisogni dell’anima, i pericoli
in cui si trova, la necessità che ha di pregare; e così pregherà
ed otterrà le grazie che lo faranno poi perseverare e salvarsi. Diceva parlando
di sé Padre Segneri, che a principio della meditazione egli più si
tratteneva in fare affetti, che in preghiere; ma conoscendo poi la necessità,
e l’immenso utile della preghiera, d’indi in poi per lo più, nella molta orazione
mentale ch’egli faceva, si applicava a pregare.

Io strideva come un tenero rondinino, diceva il devoto re Ezechia (Is 38,14).
I pulcini delle rondini non fanno altro che gridare, cercando con ciò l’aiuto
e l’alimento alle loro madri. Così dobbiamo sempre gridare, chiedendo a Dio
soccorso per evitare la morte del peccato, e per avanzarci nel suo santo amore. Riferisce
il padre Rodriguez, che i padri antichi, i quali furono i nostri primi maestri di
spirito, fecero consiglio fra di loro, per vedere qual fosse l’esercizio più
utile e più necessario per la salute eterna, e risolsero esser il replicare
spesso la breve orazione di Davide: Muoviti, o Dio, in mio soccorso (Sal 69,1).
Lo stesso (scrive Cassiano) deve fare chi vuol salvarsi, dicendo sempre: Dio mio,
aiutatemi, Dio mio, aiutatemi.
Questo dobbiamo fare dal principio che ci svegliamo
la mattina, poi seguitarlo a fare in tutti i nostri bisogni e in tutte le applicazioni
in cui ci troviamo, così spirituali, come temporali; e più specialmente
poi quando ci vediamo molestati da qualche tentazione o passione. Dice S. Bonaventura,
che alle volte più presto si ottiene la grazia con una breve preghiera, che
con molte altre opere buone (De prof. rel. 1. 2. c. 65).

Soggiunge S. Ambrogio, che chi prega, già ottiene, poiché lo stesso
pregare è ricevere. Quindi scrisse S. Crisostomo che non vi è uomo
più potente di un uomo che prega; perché costui si rende partecipe
della potenza di Dio. Per salire alla perfezione, diceva S. Bernardo, vi bisogna
la meditazione e la preghiera; con la meditazione vediamo quel che ci manca, con
la preghiera riceviamo quel che ci bisogna (De S. Andr. Serm. I).


Conclusione


Il salvarsi insomma senza
pregare è difficilissimo, anzi impossibile, come abbiamo veduto, secondo la
divina Provvidenza ordinaria, ma pregando, il salvarsi è cosa sicura e facilissima.
Non è necessario per salvarsi andare tra gli infedeli e dar la vita; non è
necessario ritirarsi nei deserti a cibarsi di erbe. Che ci vuole a dire: Dio mio,
aiutami, assistimi, abbi pietà di me
? Vi è cosa più facile
di questa? e questo poco basterà a salvarci, se saremo attenti a farlo. Specialmente
esorta S. Lorenzo Giustiniani, a sforzarci di fare orazione almeno in principio di
qualunque azione (Lig. vit. de or. e. 16). Attesta Cassiano, che i Padri esortavano
sommamente a ricorrere a Dio con brevi ma frequenti preghiere. Niuno faccia,
diceva S. Bernardo, poco conto della sua orazione, giacché ne fa conto
Iddio il quale, o ci dona allora ciò che cerchiamo, o ciò che è
più utile per noi
(Serm. v, De Quadrag.). Ed intendiamo,
che se non preghiamo, per noi non v’è scusa, perché la grazia di pregare
è data a ognuno: in mano nostra sta l’orare, sempre che vogliamo, come di
sé parlando, diceva Davide: Meco avrò l’orazione a Dio, che è
mia vita; dirò a Dio: tu sei mio aiuto
(Sal 41,9-10). Dio dona
a tutti la grazia di pregare, acciocché pregando possiamo poi ottenere tutti
gli aiuti, anche abbondanti, per osservare la divina Legge, e perseverare sino alla
morte; se non ci salveremo, tutta la colpa sarà nostra, perché non
avremo pregato.




CAPO III



DELLE CONDIZIONI DELLA PREGHIERA





I. – PREGARE PER SE STESSO


In verità, in
verità vi dico, che qualunque cosa domandiate al Padre nel nome mio, ve la
concederà
(Gv 16,23). È promessa adunque di Gesù
Cristo, che, quando, in nome suo, domanderemo al Padre, tutto il Padre ci concederà;
ma sempre si intende quando domanderemo con le dovute condizioni. Molti, dice S.
Giacomo, cercano e non ottengono, perché malamente cercano (Gc 4,3).
Onde S. Basilio, seguendo il detto dell’Apostolo, dice: Appunto talvolta
chiedi, e non ottieni, perché malamente hai domandato, o infedelmente, o con
leggerezza, o chiedesti cose non convenienti, o hai desistito
(Const.
mon. e. i,
vers. fin.). Infedelmente, cioè con poca fede, ossia
poca confidenza: con leggerezza; con poco desiderio di avere la grazia: cose
non convenienti,
cercando beni non giovevoli alla salute: hai desistito, senza
perseveranza. Pertanto S. Tommaso riduce a quattro le condizioni richieste nella
preghiera, acciocché si ottenga il suo effetto; cioè che l’uomo domandi:
per se stesso, le cose necessarie alla salute, devotamente e con perseveranza
(Qu. 83,
a. 7, ad 2).



Ha Dio promesso di esaudire la preghiera fatta per gli
altri?




La prima condizione dunque della preghiera è che si faccia per sé;
poiché l’Angelico tiene che un uomo non può impetrare agli altri ex
condigno
(a titolo di giustizia) la vita eterna, e per conseguenza neppure
quelle grazie che appartengono alla loro salute; mentre la promessa, come dice, sta
fatta non per gli altri ma solamente a coloro che pregano: Ve la concederà
(Gv 16,23). Ma ciò nonostante, vi sono molti dottori (CORN. A LAPID.,
Sylvest., Tolet., Habert et alii) che tengono l’opposto, appoggiati all’autorità
di san Basilio, il quale insegna che l’orazione in virtù della divina promessa,
ha infallibilmente il suo effetto, anche per gli altri per cui si prega, purché
gli altri non vi mettano positivo impedimento. E si fondano sulle Scritture: Orate
l’un per l’altro per essere salvati; imperciocché molto può l’assidua
preghiera del giusto (
Gc 5,16). Orate per coloro che vi perseguitano e vi
calunniano
(Mt 5,44). E meglio sul testo di S. Giovanni: Chi sa che il proprio
fratello pecca di peccato, che non mena a morte, chieda, e sarà data la vita
a quello che pecca non a morte
(Gv 5,16). Spiegano quel che pecca non a morte,
S. Agostino, Beda, sant’Ambrogio ed altri, purché quel peccatore non sia
tale che intenda di vivere ostinato sino alla morte; poiché per costui si
richiederebbe una grazia molto straordinaria. Del resto per gli altri peccatori non
rei di tanta malizia, l’apostolo promette a chi per essi prega, la loro conversione:
chieda, sarà data la vita a quello che pecca (Mt 5,44).



Dobbiamo pregare per i peccatori



Per altro non si mette in dubbio, che le orazioni degli altri molto giovano ai
peccatori, e sono molto gradite a Dio; e Dio si lamenta dei servi suoi che non gli
raccomandano i peccatori, come se ne lamentò con S. Maria Maddalena de’ Pazzi;
onde le disse un giorno: Vedi, figlia mia, come i cristiani stanno nelle
mani del demonio; se i miei diletti con le loro orazioni non li liberassero, resterebbero
divorati
. Ma specialmente ciò lo desidera il Signore dai sacerdoti
e dai religiosi. Diceva la suddetta Santa alle sue monache: Sorelle, Iddio
non ci ha separate dal mondo perché facciamo bene solo per noi, ma ancora
perché noi lo plachiamo a favore dei peccatori
. E il Signore stesso
un giorno disse alla medesima: Io ho dato a voi, elette spose, la città
di rifugio, cioè la Passione di Gesù Cristo, acciocché abbiate
dove ricorrere per aiutare le mie creature: perciò ricorrete ad essa, ed ivi
porgete aiuto alle mie creature, che periscono, e mettete la vita per esse
.
Quindi la Santa infiammata di santo zelo, cinquanta volte al giorno offriva a Dio
il Sangue del Redentore per i peccatori, e si consumava per desiderio della loro
conversione, dicendo: Oh che pena è, o Signore, il vedere di poter
giovare alle tue creature, con mettere la vita per esse, e non poterlo fare!
.
Del resto ella in ogni esercizio raccomandava i peccatori a Dio, e si scrive nella
sua vita, che quasi non passava ora del giorno, che la Santa non pregasse per essi;
frequentemente anche si levava di notte, e andava al SS. Sacramento a pregare per
i peccatori: e con tutto ciò una volta fu ritrovata a piangere dirottamente,
ed interrogata perché, rispose: Perché mi pare di non far
niente per la salute dei peccatori
. Giungeva ad offrirsi per la loro conversione
patire anche le pene dell’inferno, purché ivi non avesse a odiare Dio; e più
volte fu compiaciuta da Dio d’esser afflitta con gravi dolori ed infermità
per la salute dei peccatori. Specialmente pregava per i sacerdoti, vedendo che la
loro buona vita era cagione della salute degli altri, e la mala vita cagione della
rovina di molti; e perciò pregava il Signore, che punisse le colpe sopra di
lei, dicendo: Signore, fammi tante volte morire, e tornare a vivere, sino
ch’io soddisfaccia per essi alla tua giustizia
. E narrasi nella sua Vita,
che la Santa con le sue orazioni liberò molte anime dalle mani di Lucifero.

Ho voluto dire qualche cosa più particolare dello zelo di questa santa. Del
resto tutte le anime, che sono veramente innamorate di Dio, non cessano di pregare
per i poveri peccatori. E com’è possìbile, che una persona che
ama Dio, vedendo l’amore che porta alle anime, e quel che ha fatto e patito Gesù
Cristo per la loro salute, e il desiderio che ha questo Salvatore, che noi preghiamo
per i peccatori; com’è possibile, dico, che possa poi vedere con indifferenza
tante povere anime, che, vivono senza Dio, schiave dell’inferno, e non muoversi ed
affaticarsi a pregare frequentemente il Signore a dar luce e forza a quelle infelici
per uscire dallo stato miserabile in cui dormono, e vivono perdute? È vero,
che Dio non ha promesso di esaudirci, quando coloro, per cui preghiamo, mettono positivo
impedimento alla loro conversione; ma molte volte il Signore per sua bontà,
a riguardo delle orazioni dei suoi servi, con grazie straordinarie si è compiaciuto
di ridurre a stato di salute i peccatori più accecati e ostinati. Pertanto
non lasciamo mai, nel dire o sentir la Messa, nel far la Comunione, la Meditazione,
o la visita del Santissimo Sacramento, di raccomandare sempre a Dio i poveri peccatori.
E dice un dotto autore, che chi prega per gli altri, tanto più presto vedrà
esaudite le preghiere che per se stesso. Sia detto ciò di passaggio, ma ritorniamo
a vedere le altre condizioni che richiede S. Tommaso, affinché la preghiera
abbia effetto.




II. – CHIEDERE COSE NECESSARIE ALLA SALUTE ETERNA.


L’altra condizione che
il Santo assegna è che si domandino quelle grazie, che bisognano alla salute:
cose necessarie alla salute; poiché la promessa alla preghiera non
è fatta per le grazie temporali, che non sono necessarie alla salute dell’anima.
Dice S. Agostino spiegando le parole del Vangelo, nel nome mio, riferite di
sopra, che non si chiede nel nome del Salvatore, tutto ciò che si
chiede contro l’affare della salute
(Tract., 102 in Joan.). Alle
volte noi cerchiamo alcune grazie temporali, e Dio non ci esaudisce; ma non ci esaudisce,
dice lo stesso S. Dottore, perché ci ama, e vuole usarci misericordia (Ap.
S. Prosp.
Sent. 212). Il medico che ama l’infermo, non gli concede quelle
cose, le quali vede che gli farebbero nocumento. Oh quanti se fossero infermi o poveri,
non cadrebbero nei peccati, in cui cadono essendo sani o ricchi! E perciò
il Signore taluni che gli cercano la sanità del corpo, o i beni di fortuna,
glieli nega, perché li ama, vedendo che quelli sarebbero loro occasione di
perdere la sua grazia, o almeno d’intiepidirsi nella vita spirituale. Del resto con
ciò non intendo dire, essere difetto il chiedere a Dio le cose necessarie
alla vita presente, per quanto convengono alla salute eterna, come lo chiedeva il
Savio, dicendo: Concedimi quel che è necessario al mio vivere (Pro 30,8).
Né è -difetto, dice S. Tommaso (2.a, 2.ae, q. 83. a. XVI)
l’avere per tali beni una sollecitudine ordinata. Il difetto sta nel desiderare e
cercare questi beni temporali, e l’aver per essi una sollecitudine disordinata; come
in essi consistesse tutto il nostro bene. Perciò quando noi domandiamo a Dio
queste grazie temporali, dobbiamo domandarle sempre con rassegnazione, e colla condizione
se sono per giovarci all’anima. E quando vediamo che il Signore non ce le concede,
teniamo per certo ch’egli ce le nega per l’amore che ci porta, e perché vede
che ci sarebbero dannose alla salute spirituale.

Molte volte noi chiediamo a Dio che ci liberi da qualche tentazione pericolosa, e
Dio neppure ci esaudisce, e permette che la tentazione seguiti a molestarci. Intendiamo
che allora Dio ciò permette anche per nostro maggior bene. Non sono le tentazioni
ed i mali pensieri, che ci allontanano da Dio, ma i mali consensi. Quando l’anima
nella tentazione si raccomanda a Dio, e col suo aiuto resiste, oh, come avanza allora
nella perfezione, e viene a stringersi di più con Dio! e perciò il
Signore non l’esaudisce. Pregava san Paolo istantemente per essere liberato dalle
tentazioni d’impurità: Mi è stato dato lo stimolo della carne, un
angelo di Satana che mi schiaffeggia. Sopra di che tre volte pregai il Signore, che
me ne fosse tolto (2Cr 12,7-8).
Ma il Signore gli rispose: Basta a te la mia
grazia.
Sicché anche nelle tentazioni dobbiamo pregare Dio con rassegnazione,
dicendo: Signore, liberatemi da questa molestia, se è espediente il liberarmene:
e se no, almeno datemi l’aiuto per resistere. E qui fa quel che dice S. Bernardo,
che quando noi cerchiamo a Dio qualche grazia, Egli o ci dona quella, o qualche cosa
più utile di quella. Dio molte volte ci lascia a patire nella tempesta, al
fine di provare la nostra fedeltà, e per nostro maggior profitto. Sembra,
che allora Egli sia sordo alle nostre preghiere; ma no, stiamo sicuri, che Dio allora
ben ci sente e ci aiuta di nascosto, fortificandoci con la sua grazia a resistere
ad ogni insulto dei nemici. Ecco come Egli stesso ce ne assicura per bocca del Salmista:
M’invocasti nella tribolazione, ed io ti liberai: ti esaudii nella cupa tempesta:
feci prova di te alle acque di contraddizione (Sal 80,7).

Le altre condizioni finalmente, che assegna S. Tommaso alla preghiera, sono che
si preghi devotamente, e con perseveranza. Devotamente, s’intende con
umiltà e confidenza; con perseveranza, senza lasciar di pregare sino
al la morte. Or di queste condizioni, cioè dell’umiltà, confidenza
e perseveranza, che sono le più necessarie alla preghiera, bisogna qui di
ciascuna distintamente parlare.















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